Nella storia millenaria della nostra diocesi dieci anni sono poca cosa per procedere ad un bilancio; Tuttavia, nella esperienza esistenziale di un individuo e delle sue capacità di relazione con l’ambiente acquistano evidente rilevanza. E ‘utile, quindi, procedere ad una riflessione complessiva su quanto la chiesa locale ha vissuto e condiviso negli ultimi due lustri e cogliere nei tornanti del pellegrinaggio verso la parusia anche eventuali fratture per continuare il viaggio con maggiore lena considerando che le emergenze pandemiche, se consigliano prudenza, certamente non giustificano oscitanza. Del resto, nella sua ultima intervista papa Francesco ha invitato a riflettere sull’attuale congiuntura precisando che “Da una tragedia non si esce mai uguali a se stessi. O se ne esce migliori, oppure peggiori. Dal Covid dobbiamo avere la forza per uscire migliori ”. Purtroppo in questi giorni proprio la classe dirigente italiana fornisce una delle peggiori prove di se stessa perché “in un momento così drammatico, non riesce a stare unita e dare risposte”. “Chi usa l’IO invece del NOI oggi non è all’altezza del proprio compito ”, secondo il papa. Ora, per trasformare il suo invito in opportunità, la comunità ecclesiale e, in particolare, il suo presbiterio potrebbe decidere una sorta di sabbatico pastorale per valutare quale programmazione adottare in vista di una efficace ripartenza. deriva la necessità di confrontarsi su alcuni problemi generali che assillano la cattolicità e, di conseguenza, anche il Cilento. per trasformare il suo invito in opportunità, la comunità ecclesiale e, in particolare, il suo presbiterio potrebbe decidere una sorta di sabbatico pastorale per valutare quale programmazione adottare in vista di una efficace ripartenza. Ne deriva la necessità di confrontarsi su alcuni problemi generali che assillano la cattolicità e, di conseguenza, anche il Cilento. per trasformare il suo invito in opportunità, la comunità ecclesiale e, in particolare, il suo presbiterio potrebbe decidere una sorta di sabbatico pastorale per valutare quale programmazione adottare in vista di una efficace ripartenza. Ne deriva la necessità di confrontarsi su alcuni problemi generali che assillano la cattolicità e, di conseguenza, anche il Cilento.
In questo decennio si sono vissute dovute esperienze pontificali le cui caratterizzazioni hanno avuto un impatto al quale è necessario dedicare una adeguata analisi. Relazioni, stili ed enfasi del periodo “benedettino” sono stati ridimensionati e alle nuove modalità si dovrebbe adattare chi si è formato ed ha beneficiato di promozioni di quel periodo. Vecchie cordate hanno perduto rilevanza e visibilità, i loro propositi ed i loro programmi sono risultati superati. Oggi lo stile ecclesiale “francescano” cerca di radicarsi pur tra evidenti ostacoli, resistenze e passività, presenti anche nel nostro territorio.
Sollecitare il dibattito interno al presbiterio risulta una necessità perché troppo tempo si assiste ad un progressivo sfilacciarsi di già labili identità diocesane. A questo fine possono risultare utili alcune considerazioni per un confronto serio, sereno, costruttivo, senza aver paura della verità, superando l’apocalittica sindrome di “Laodicea” coinvolgendo anche i laici.
La crisi nell’ecumene cattolico secondo alcuni sarebbe determinata dalla rivoluzione di Francesco, dalle sue aperture sociali, dalle scelte dei vescovi e dei porporati. Così si sarebbe accentuato l’inarrestabile declino soprattutto in Occidente, situazione aggravata dalla catastrofe pandemica. In realtà, la Chiesa ipotizzata dal papa emerito sta boccheggiando; piazza san Pietro vuota sotto la pioggia fa da cornice a quanto si paventa per la congiuntura che Francesco deve gestire. E ‘una sofferenza globale che interroga l’Italia, vittima come tutta l’Europa del processo di scristianizzazione. In effetti, sembra che la chiesa non abbia più nulla da dire circa una efficace educazione dei figli, su come rinsaldare l’autocoscienza cristiana di sé e sollecitare i valori pubblici specie tra elite ormai incline ad una visione laicista.
Nei fatti, oltre che nelle idee, si paventa l’anomalia di papa Francesco, impegnato ad accreditare un’altra rotta per i cattolici immersi nei gorghi della globalizzazione. La stessa scelta dei presuli per le diocesi più significative rischia di determinare sconfortante confusione in chi era abituato al “semper idem”, che ritiene insidiato da un episcopato bergogliano, causa di frustrazione per tanti carrieristi bocciati ed orfani di cordate. Da qui il consolidarsi del rimpianto per i tempi di Ruini, Bertone, Vallini, mentre si ripone scarsa attenzione all’ultima enciclica, un inno alla fratellanza. Intanto, i dati comprovano il progressivo allontanamento degli italiani dalla fede. I non credenti, secondo Franco Garelli, sono cresciuti del 30% e seguaci di altre fedi passati dal 2% all’8%. I cattolici nostrani appaiono sempre più stanchi. Invece della linfa sollecitata al solido tronco della chiesa, si limitano alla corteccia muschiosa, preludio all’inesorabile abbandono, vieni alla fine dello scorso millennio ha profeticamente asserito il cardinale Martini. La situazione dei giovani, se possibile, è ancora più grave. Il 34-40% tra i 18 ei 34 anni si ritiene ateo, disinteressato alla preghiera e al culto, mentre i matrimoni religiosi sono precipitati al 50% rispetto all’80% degli anni Novanta. Per le statistiche, oggi il 22% dichiara di frequentare la messa domenicale, dato sorprendente se si fa mente locale alle chiese cilentane sempre più deserte durante le liturgie festive già prima della pandemia. Una eventuale consolazione, tra tanto sconforto per gli animatori della pastorale, è la constatazione che la Chiesa rimane un riferimento nei momenti personali più significativi. Questi mesi di emergenza, la diffusa paura del virus, le prospettive ignote per il futuro hanno determinato dei cambiamenti in questo progressivo disinteresse. Infatti, l’indagine registra un 20% di ritorno alla preghiera, in particolare i “cattolici culturali”, che hanno assunto atteggiamenti attenti, invece di tagliare definitivamente il cordone ombelicale col loro battesimo.
Se questa è la situazione, allora risulta impellente tentare di trovare delle soluzioni, optare per il dialogo e prevenire sterili contrapposizioni, sollecitare adeguati piani pastorali e, pur tra lo sbandamento dei fedeli e la carenza di sacerdoti, realizzare riforme sostanziali che non possono identificarsi con la recente autorizzazione alle donne di esercitare la funzione di lettrici, documento inutilmente sbandierato, perché da anni si è proceduto in tal senso. Operare in questo modo significa asserire che la Santa Sede arriva sempre in ritardo rispetto alla “lex orandi”!
Quest’anno, a cinquecento dallo scisma di Lutero, con molta probabilità non solo nella Chiesa tedesca, nota per il suo complicato rapporto con Roma, ma in tutto l’ecumene ci sarà chi vorrà sollecitare la discussione su temi laceranti, dalla morale sessuale al celibato, dal ruolo della donna all’abuso del potere clericale, tra chi spinge e chi frena in una Europa sempre più atea e meno liturgica. La nostra chiesa locale, superando la poco efficace strategia dello struzzo, può impegnarsi per dare qualche risposta a queste emergenze e porre riparo agli effetti della coscienza anestetizzata di cristiani anagrafici, indifferenti ai valori religiosi, proni all’individualismo e al materialismo, come si legge nel capitolo ottavo dell’ultima enciclica.
Papa Francesco auspica spazio nel dibattito pubblico per una riflessione che richiami i valori che hanno scandito secoli di sapienza ed una esperienza millenaria. Durante l’intervista trasmessa qualche giorno fa, a proposito dell’attuale congiuntura egli ha dichiarato che un politico, anche un dirigente, un vescovo, un sacerdote, che non ha la capacità di dire “noi” non è all’altezza, aggiungendo: “Io dico a tutti i dirigenti – pastorali, politici, imprenditoriali – di cancellare per un po ‘la parola” io “e dire la parola” noi “.” per far crescere il nostro amore sociale. Si auspica, perciò, un dibattito su questi argomenti anche su UNICO, utile per raccogliere idee ed ideato, un modo per riscoprire e consolidare il senso di responsabilità ecclesiale al quale tutti sono chiamati.
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