Ignazio di Antiochia ha indirizzato agli Efesi una lettera, oggetto della seconda lettura del breviario della scorsa domenica. Egli rivolge un caldo invito al “venerabile collegio dei presbiteri, degno di Dio, è così armonicamente unito al vescovo, come le corde alla cetra. In tal modo nell’accordo dei vostri sentimenti e nella perfetta armonia del vostro amore fraterno, s’innalzerà un concerto di lodi a Gesù Cristo. Ciascuno di voi si studi di far coro”. Sarebbe interessante conoscere il pensiero del presule della diocesi di Vallo su questo argomento anche per prevenire ulteriori stonature a causa dell’irrimediabile allentarsi delle corde della “cetra”, ulteriore insidia alla potenziale armonia. Intanto si susseguono episodi che inducono sollecitare una decisa presa di posizione soprattutto in riferimento a temi come la pastorale vocazionale, il destino del seminario, la indilazionabile rivalutazione del presbiterio.
Sollecita queste considerazioni la triste vicenda della morte di don Mario Sibilio la scorsa settimana. Egli avrebbe compiuto 90 anni due giorni dopo, ma da alcune settimane era stato colpito da un male inesorabile. La vicenda di questo singolo sacerdote diventa occasione per una riflessione più generale prendendo spunto dall’analisi proposta da Domenico Agasso nel suo ultimo saggio, Senza Pastori La crisi delle vocazioni e il futuro delle Parrocchie. È una allarmata analisi sulla drastica riduzione del clero in Italia. Il dato coinvolge inesorabilmente sacerdoti come mons. Sibilio, che nella diocesi di Vallo ha vissuto un periodo d’intensa attività dalla seconda guerra mondiale ai nostri giorni.
Mio professore di Italiano e Latino, l’ho conosciuto nel 1959 insieme ad altri tre presbiteri allora impegnati in seminario. Ebbene di questi quattro preti, frutto del risveglio vocazionale di quegli anni, monsignor Sibilio è deceduto e, degli altri tre, uno è assistito dai familiari, gli altri due sono in ospizi. Hanno evidenti acciacchi fisici, dovuti all’età, ma mentalmente sono sanissimi, precipitati però in una evidente dolorosa solitudine nelle loro relazioni quotidiane.
La lettura di questi dati fa capire che si sta sperimentando la fine di un ciclo per cui è necessario porre evidenti interrogativi, urgenti e pertinenti, al sinodo che dovremmo celebrare. Nello specifico la vita di don Mario ci sollecita su tre argomenti essenziali: a che punto è l’attività culturale per formare i cristiani? Si è disposti ad incrementare la fiducia nei laici per vederli protagonisti nelle parrocchie? In diocesi esiste un dinamico ed efficiente presbiterio?
Tutti questi quesiti li vorremmo rivolgere innanzitutto a chi ha responsabilità prima e diretta per ricercare eventuali soluzioni.
I quesiti sono giustificati dal fatto che don Mario si è segnalato sia per l’attività di docente, sia per aver operato per valorizzare i laici. Un riscontro di ciò lo si desume dai commenti e dagli attestati formulati nei suoi riguardi in questi giorni, dai quali emerge il bene da lui fatto a tanti, un vero coro d’incoraggiamento per tutti i preti. Tra i laici si sono segnalati coloro che, meritevoli della nostra riconoscenza, si sono adoperati perché nelle settimane di grave malattia egli avesse assistenza fisica e conforto morale. Monsignor Sibilio ha concretamente lasciato un ultimo messaggio, non a parole ma con la scelta operata rimanendo nel suo appartamento presso le case canoniche, che considerava l’unica casa-dimora di cui potesse disporre e non l’ospizio, triste prospettiva per il prete di oggi se deve continuare a vivere senza una propria famiglia. La scelta da lui operata appare un tentativo per enfatizzare le dinamiche relazionali nel presbiterio diocesano raccomandando di curare anche le relative strutture materiali.
Grazie, quindi, don Mario, per l’italiano che mi ha insegnato, per la pazienza nel farmi scoprire la grammatica latina, per i commenti anche critici ai miei articoli di giornale, dei quali comunque ha condiviso la sostanza, grazie soprattutto per la corona di laici: sono il centuplo promesso in questa vita da Gesù ai preti, grazie per questo concreto, semplice, efficace “Sursum corda”.