Ripubblico qui di seguito un mio articolo di alcuni mesi fa, ad ulteriore testimonianza di una bella pagina dell’Europa che è in noi.
È la più grande d’Italia. Fu dichiarata “patrimonio dell’umanità dall’UNESCO” nel 1998. È una gloria tutta nostra, del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, che ne va legittimamente orgoglioso nei convegni nazionali ed internazionali. E ne espone gigantografie negli stand delle fiere del turismo più importanti dell’Europa e del mondo. Io ci sono stato diverse volte nel corso degli anni. L’ultima volta risale ad alcuni mesi fa. Fu in una limpida giornata nella gloria del sole di un maggio nello scialo delle campagne in fiore. Salivo da Sapri lungo le strade del Cilento interno in compagnia di un colto studioso tedesco che vantava e vanta discendenze familiari dal grandissimo Teodoro MOMSEN. Eravamo, entrambi, in pellegrinaggio di amore e di cultura nel Basso Cilento sulle orme di Pisacane. Ci fermammo sul ciglio di strada davanti al cippo di pietra che ricorda l’eccidio “del bel capitano dagli occhi azzurri e dai capelli d’oro” e dei suoi compagni/eroi, là dove, sotto Sanza, mani pietose avevano lasciato un mazzetto di fiori di campo. Intorno c’era il coro assordante di grilli e cicale, che riecheggiava e si perdeva nella vallata. La commozione fu intensa. Quella stessa che provammo più tardi davanti al monumento sepolcrale che conserva le ossa di Pisacane e dei compagni di eroismo lassù sullo spalto panoramico di Padula, che si apre agli slarghi del Vallo di Diano ed alla contemplazione di quel prestigioso rettangolo di storia religiosa e civile della Certosa, appunto, eremo fecondo di monaci nobili e colti. L’amico tedesco subì il fascino del paesaggio ma sottolineò la poca cura del monumento/ossario e quasi mi mortificò, a mò di rimprovero, citando con tono solenne il ben noto comandamento delle Dodici Tavole “deorun manium iura sncta sunto”. Ma mi sentii rinfrancato ed orgoglioso quando nella passeggiata a passi lenti all’interno della Certosa: sgranava gli occhi con ripetuti oh! oh! di meraviglia, sottolineava i tesori d’arte e di cultura del noto e prestigioso convento. Impiegammo tre ore e passa a dialogare e confrontarci in una bella e vivace gara di cultura, a sottolineare memorie storiche e testimonianze artistiche ed architettoniche. Fu la Certosa, fondata da Tommaso Sanseverino, conte di Marsico nel 1306 e per i successivi 450 anni fu punto di riferimento di storia religiosa ma anche civile di un territorio vastissimo. Quel che colpisce e stupisce subito è la dimensione e la maestosità dell’architettura. Queste le cifre: 51500 metri quadrati, 350 stanze. Il chiostro interno di 12.000 metri quadrati è il più grande del mondo contenuto e delimitato da 84 colonne e comprende anche una scala a chiocciola ellissoidale, che porta alla biblioteca ed offre, la scala, un panorama a tutto tondo. Il grandioso complesso monastico, di stile barocco ha forma di graticola, a ricordare la morte di San Lorenzo, di cui porta il nome, che come si sa, mori arso vivo su di una graticola arroventata. In ottemperanza alla regola certosina la vita monastica si svolgeva tra lavoro e contemplazione/meditazione. È stupefacente l’organizzazione degli spazi architettonici, che si articolano in “casa bassa”, più a contatto con il mondo esterno, dove si svolgevano le attività di sostentamento della comunità certosina: spezieria, stalle, granai, depositi, ubicati nella parte esterna, e “casa alta” con gli spazi della vita comunitaria dei monaci: chiesa, cucina, refettorio, sala del tesoro e del capitolo e gli ambienti di stretta clausura organizzata intorno al chiostro grande, celle dei monaci e giardini, appartamento del Priore, biblioteca. Una menzione speciale con visita a se stante merita la chiesa, con coro ligneo rigidamente suddiviso fra quello dei monaci, che hanno preso i voti e conversi in attesa di prenderli. La cucina è enorme e fu testimone di una “frittata” di mille uova in occasione della visita di Carlo V. Immensa la biblioteca, dove si ammira, tra l’altro, un bellissimo e colorato pavimento di mattonelle di Vietri sul Mare. Colpisce per dimensione e fasto l’appartamento del Priore, che comprende appartamento vero e proprio con giardino personale, chiesa/cappella. L’interno artisticamente arabescato e l’esterno con ampi spazi ben distribuiti ed organizzati. Ogni spazio meriterebbe una visita a se stante. La merita senz’altro il Museo Archeologico della Lucania Occidentale, ricco di arredi tombali con vasellame di bronzo e ceramiche di chiaro stampo greco. La visita consente di ripercorre belle pagine di storia dell’intero territorio, ma di caratura europea ed internazionale, dalle quali si evince che Padula deriva dal termine palude a dimostrare il lago paludoso di origine vulcanica, che fu l’antico Vallo, che lì vi era una città dal nome Cosilinun, l’antica Sala Consilina, che fu sede della prima comunità cristiana del territorio e ne fu anche sede vescovile. La città si schierò con Pirro, prima, e con Annibale, dopo, contro Roma, che vendicò l’affronto. La zona occupava una postazione strategica per i collegamenti da Roma verso il Sud e per questo vi fu costruita una funzionale strada, la Via Popilia e la l’Appia/Traiana che la collegavano a Paestum e Velia. Oh le scoperte che consente una colta lettura dell’archeologia! L’amico tedesco ed io discutemmo a lungo e confrontammo le diverse, anche se spesso convergenti, letture sulla evoluzione della storia dei secoli romani, prima, e cristiani, dopo, mentre a passi lenti visitavamo gli ampi possedimento esterni della Certosa, ettari di campagna, coltivati a grano, vigneti, ortofrutta, per il sostentamento dei monaci, ma anche per animare un ricco commercio per le popolazioni del territorio. Continuammo il discorso interessante ed appassionato al tavolo di un accogliente trattoria di Prato Perillo, all’ombra di un castagneto, là dove la pianura trasmigra verso la collina che si fa montagna al Passo del Corticato. Pranzo squisito a base di antipasto di affettati di montagna (latticini di Sassano e salumi di Teggiano), fusilli con sugo di castrato, arrosto di capretto con contorno di croccanti “sciuscioloni” e poi via a scavalco della Sella del Corticato attraverso i ridenti paesi della Valle del Calore, con destinazione la pianura, che esalta la storia prestigiosa di Poseidonia/Paestum città di approdi e partenze sulle rotte del Mediterraneo dei miti e della Grande Storia. Il Viaggio rivissuto sull’onda del ricordo di una interessante esperienza in compagnia di un colto studioso tedesco avrei desiderio di ripercorrerlo dal vero, per riscoprire testimonianze e pagine di storia, non solo quella antica, ma anche e soprattutto, quella di respiro europeo, quanto mai attuali in un periodo in cui l’Europa, intesa come UE, attraversa un periodo di crisi. E in viaggio che consiglio a politici, amministratori, operatori, intellettuali e, soprattutto, giovani di casa nostra, pe riscoprire ed esaltare, tutti insieme, da “dove veniamo” e l’Europa che è in noi, quella scritta da e nel nostro territorio. Io personalmente intendo rifarlo e lo rifarò in queste vacanze per rileggere testimonianze lasciate in sospeso ed anche, perché, ho una voglia matta di un pranzo all’ombra dei castagneti di Prato Perillo a base di affettati di montagna, fusilli fatti in casa, arrosto di capretto con croccanti “sciuscioloni” per “sfizio” di contorno. È una esperienza che, comunque consiglio ai lettori ora che l’estate consente scampagnate fuori porta, nell’ariosità della gloria del sole, ma che e assicura ombre amiche dei castagneti che dai pianori di Prato Perillo trasmigrano verso il Passo del Corticato.