Tante sono state le parole che si sono spese circa la questione relativa alla Cantina Sociale “Val Calore”, tante sono state le opinioni formatisi e i dibattiti che hanno preso piede e che hanno infervorato, negli anni, gli animi dei più. Del resto, fiumi d’inchiostro si sono sprecati per provare a dirimere le fila della vicenda: è innegabile che la questione sia stata quantomeno complessa e variegata, tant’è che due anni fa avevamo tentato di sbrogliare la matassa della storia di questa cantina che ha coinvolto, come pochi casi degli ultimi tempi, tutte le fasce di popolazione.
Ma facciamo un passo indietro, e ripercorriamo lo scopo, la storia e la vocazione di tale Cantina Sociale: è doveroso ricordare le origini e le radici più recondite della “Val Calore”, che è stata fondata dai contadini, dagli agricoltori della nostra valle, che hanno da sempre creduto in questo progetto, pensando di poter riversare in esso le proprie aspirazioni e far valere così i propri diritti. Se la “Val Calore” è fallita, ciò è avvenuto, stando alle testimonianze raccolte in precedenti articoli di due anni fa, è stato per pochi soldi.
La costernazione più grande che ha afflitto tutta la comunità è sgorgata proprio da quella sensazione di privazione, dal dolore di vedere il bene di tutti piombare nelle mani di una singola persona: dalla collettività al privato, dalle mani sporche di terra dei contadini all’oblio totale. Questo il senso e la ragione dell’amarezza che si è diffusa macchia d’olio per tutta la comunità: il tonfo sordo dell’assenza, della privazione, della morte di una creatura del popolo, sentita e voluta dai contadini, che con molti sacrifici hanno diluito fatica con sudore per far crescere questo progetto dal sapore collettivo.
All’epoca dei fatti, la comunità avrebbe desiderato un intervento pubblico di spessore maggiore, un’azione più energica e meglio strutturata per tentare di restituire questo progetto al popolo: si sarebbe potuto giungere a un accordo di tipo pubblico e privato, magari creare un’altra cooperativa con la partecipazione dei vari soci per poter integrare i soldi che spettavano loro. Tanti erano stati i dubbi anche riguardo l’asta, tanti i timori.
All’ inizio del 2018, l’asta si è conclusa e la questione ha iniziato a svelarsi e risolversi: sappiamo che la società agricola “Nuova Val Calore Srl” ha vinto la gara e si è aggiudicata, alla cifra di 995 mila euro, l’immobile, i macchinari e le attrezzature presenti al suo interno. Il presidente della società è il vicesindaco Michele Lavecchia, che ha affermato con fierezza la volontà di rialzarsi dopo il dissesto, per restituire questo pezzo di storia al popolo.
In estate, a fine giugno 2018, la Cantina Sociale ha ricevuto la benedizione inaugurale del parroco Don Domenico Sorrenti, ed è stato chiaro a tutti che quest’istituzione non dovrà mai più perire, perché rappresenta il perno dell’economia locale: ed è così che le attività sono state riaperte, augurandosi di non dover più sbrogliare alcuna matassa.
Per far sì che la storia si concluda qui, con il suo ultimo capitolo, nel segno di una nuova gestione ed amministrazione intelligente, oculata, lungimirante e attenta alle esigenze dei cittadini, che vedono nella Cantina l’elemento costituente della loro identità e delle loro radici, di vino, sangue e fierezza.