La Nazionale di Riva, Mazzola, Rivera.Poi quella di Causio, Tardelli, Bettega, Zoff, Bruno Conti, Paolo Rossi ed infine quella di Baggio, Baresi, Totti, Cannavaro, Maldini, hanno fatto sognare gli italiani, guadagnandosi sempre il rispetto.
Quella di ieri sera, oltre ad essere stata una pessima partita per la nostra Nazionale, somiglia sempre di più ad un ritratto impietoso di un Paese che da troppo tempo sembra aver smarrito la propria vocazione.
Come non vedere in quella senzazione frustrante di subire passivamente, di non riuscire a toccare palla, lo stato d’animo di chi quotidianamente assiste in modo impotente all’umiliazione delle Istituzioni, al degrado della vita pubblica, alla disarticolazione degli organi vitali dello Stato, come la Giustizia, la Sanità, la Scuola, alla scomparsa di settori strategici dell’economia?
Una decadenza che parte da lontano, da almeno trent’anni a questa parte, senza che qualcuno riesca a porvi rimedio.
Nella nostra storia ultramillenaria abbiamo raggiunto vette eccelse nelle arti figurative, nella letteratura, nelle scienze, nel diritto, nella politica, salvo poi ripiombare nel buio e poi rinascere.
Uno di questi momenti fu il secondo Dopoguerra, con la ricostruzione economica e morale di una Nazione sconfitta.
Dove riuscimmo ad imporre uno stile, un pensiero ed un fare concreto delle imprese.
Da qui i primati nel cinema, nell’industria, nei centri stile .
Era l’Italia di De Gasperi, l’Europa di Spinelli. Uomini ascoltati e rispettati nel mondo.
Il Cinema di Rossellini, De Sica, Visconti, Fellini, Leone, Maestri mai superati, lasciò una traccia indelebile.
Le fabbriche italiane sfornavano le auto più belle del pianeta: Lancia, Alfa Romeo, Maserati, Ferrari, Lamborghini, disegnate dalle mani magiche dei Bertone, Pininfarina, Gandini, Giugiaro.
L’Italia di Enrico Mattei e di Adriano Olivetti, due visionari di successo, così diversi ma tanto iconici ed innovativi.
Anche il calcio sapeva regalarci successi, anche quando non si vinceva. Perchè pure le sconfitte avevano il sapore della dignità, del coraggio.
La Nazionale di Riva, Mazzola, Rivera.Poi quella di Causio, Tardelli, Bettega, Zoff, Bruno Conti, Paolo Rossi ed infine quella di Baggio, Baresi, Totti, Cannavaro, Maldini, hanno fatto sognare gli italiani, guadagnandosi sempre il rispetto.
Non è difficile cogliere nel crollo del Muro di Berlino e nella caduta di quella classe dirigente, un evento che ha sancito la fine di un’epoca, i cui effetti nefasti continuano a manifestarsi ancora oggi, come gli ultimi spasmi di un corpo agonizzante.
Venendo meno una classe dirigente che aveva un’idea condivisa di società, con i suoi pregi ed i suoi difetti, sono saltati tutti gli schemi che tenevano insieme gli apparati pubblici, i settori strategici dell’economia, sia nel campo industriale che finanziario.
Si decise di rompere un equilibrio, senza pensare di costruirne uno nuovo. Il sentimento prevalente fu quello del “si salvi chi può”, magari accettando qualche rendita di posizione, sotto protettorato dei nuovi dominus, spesso non eletti democraticamente o, peggio ancora, riconducibili a centri di potere vicini a nazioni straniere.
Come se fosse sparito un mondo. Un processo autodistruttivo difficile da decifrare.
Dove l’elemento innovativo e determinante è la mediocrità diventata sistema.
Non si investe più nel talento, nel genio, nel merito.
I criteri di selezione di una classe dirigente sono la cooptazione, secondo il filo conduttore della cieca obbedienza e dell’appartenenza ad un gruppo.
Come se ad un certo punto si avesse paura di valorizzare persone dotate di intelligenza, per paura che queste possano mettere in evidenza i limiti di chi comanda.
Così nel calcio, nello spettacolo, nei partiti, nelle aziende.
Tanta bruttezza e meschinità non possono che essere frutto di menti limitate e limitanti.
Non ci sono alternative per poter riemergere: l’unica strada è rompere questa grettezza ribellandosi.
Non assecondando la tendenza al peggio, in una pericolosa corsa all’indietro.
Pretendendo qualità, esempi.
Riconoscendo di nuovo il merito e le capacità in ogni campo.
Recuperando l’amor proprio e l’orgoglio di una Nazione forte e coesa, che non si lascia dividere da bandierine e da banderuole, retaggio di un passato gretto e cupo.
Solo un Paese che vuole ritornare ad essere vincente, saprà attrezzarsi per tempo riuscendo a competere.
Nei campi di calcio, nell’economia e nelle istituzioni.