Con l’Ascensione termina il viaggio di Cristo verso Gerusalemme e inizia il pellegrinaggio della sua comunità nella storia, contesto che appare sempre più complesso. Lo stesso Gesù in una circostanza si è chiesto: quando il Figlio dell’Uomo tornerà troverà la fede nel mondo?
Dobbiamo riconoscere che oggi, pur presente, egli appare sempre più emarginato nella società liquida. Egli ha proposto un rimedio a questa situazione esortando all’unità. Il suo fondamento si riscontra nella bontà dell’unico mediatore impegnato ad annunziare le meraviglie del Padre provvido e misericordioso.
Gesù conclude trionfalmente la sua vita terrena benedicendoci. Il gesto, grazie all’Eucaristica, si riverbera e arriva fino a noi, motivo della festa dell’Ascensione appena celebrata. Gesù, dopo aver rimproverato i discepoli, non forza con segni a credere, pur costatando in loro una fede languida e priva di entusiasmo, conferma di fidarsi e affida loro la missione di annunziare il vangelo in tutte le regioni e in mezzo a tutte le culture. Egli invita a superare le barriere, impegnarsi ad immergersi tra le genti e fidarsi della freschezza del vangelo, anche se i suoi seguaci, uomini e donne fragili, sono continuamente tentati dall’incredulità. Perciò promette di rimanere sempre al loro fianco e così l’annunzio del Risorto risulta efficace.
Con l’Ascensione la Chiesa ha celebrato l’epifania di Gesù Risorto. La nostra risposta è una riconfermata fede nella Resurrezione, accompagnata da un consolidato impegno per la testimonianza, possibile se impegnati a guardare la terra alla ricerca di un difficile equilibrio nella sequela di Cristo. Infatti, siamo invitati ad impiegare il tempo non in interminabili meditazioni, ma ad operare per il Regno di Dio e preparare il domani del Signore. Gesù invita a non sfuggire dalle responsabilità quotidiane e con la sua Ascensione rivela il senso finale della vita: sentirsi fratelli per manifestare la realtà dell’amore nel tempo della Chiesa, impegnata a predicare la misericordia di Dio, epifania dell’amore del Padre. Gesù lascia a noi il compito di animare la storia per cambiare il mondo dal di dentro ricomponendo nel suo nome l’unità della famiglia umana. Egli ritira la presenza visibile per sostituirla con una più profonda, che si coglie nella fede grazie all’intelligenza delle Scritture, all’ascolto della Parola, alla frazione del pane ed alla fraternità, così la nostra vita è attraversata dal filo rosso della speranza per il fatto che egli ora siede glorioso alla destra del Padre, scintille di risurrezione che aprono faglie nella prigione terrestre, mentre con la sua continua benedizione Cristo ci affida il compito di predicare la conversione, cioè uscire dalle paludi andando controcorrente per beneficiare del per/dono di Dio.
Quaranta giorni, simbolo, non numero tondo, periodo fecondo durante il quale il Risorto guida i primi passi della Chiesa nascente. Infatti, «Così sta scritto»: Passione, Risurrezione, predicazione a tutte le genti, vicende amalgamate nell’evento cristologico perché tutto avviene «nel suo nome». La conversione è innanzitutto credere che il Crocifisso è rivelazione di Dio, non una sconfitta, ma proclampazione dell’amore che redime perché più grande del nostro peccato.
Al tempo del Cristo visibile succede quello dello Spirito Santo e della testimonianza della chiesa itinerante, tempo intermedio durante il quale non è lecito dire: che fare? La storia si scrive col contributo di ogni uomo, come il mare di gocce e la spiaggia di granelli di sabbia: è questa convinzione che consente ai discepoli, ritornati da soli a Gerusalemme, di provare una grande gioia.
Noi partecipiamo di questi sentimenti di serena speranza se superiamo tre rischi: ridurre la fede a un guardare verso l’alto estraniati dalla storia, chiudersi in una prospettiva mondana non sapendo andare oltre, sollecitare l’orgoglio luciferino di voler realizzare da soli il regno di Dio.
Per celebrare adeguatamente questa festa occorre evitare tre rischi: ridurre la fede a un guardare verso l’alto estraniati dalla storia, chiudersi nelle cose del mondo non sapendo andare oltre, il manifesto orgoglio di voler realizzare subito il regno di Dio.
L.R.