La mia prima Half Marathon Roma -Ostia comincia, anzi ricomincia in Argentina.
Infatti, è durante il mio viaggio che riprendo ad allenarmi dopo una sosta di oltre un mese di sosta forzata per l’influenza.
È proprio negli spazi verdi posti a separare le due carreggiate della circonvallazione della città di La Plata che ho ripreso a correre per poter mantenere fede alla promessa fatta a me stesso di correre la più classica delle Half Marathon d’Italia insieme con i gli amici dell’Atletica Sporting Calore presieduta dall’instancabile presidente, Sergio Civita che, da quest’anno, è responsabile del circuito “Cilento di Corsa”..
Arrivo a Roma nel primo pomeriggio di sabato 10 marzo, la gara è prevista per la mattinata dell’11. Il tempo non promette niente di buono: pioggia prima e dopo l’orario di partenza fissata per le 9:15.
Siamo sistemati all’hotel Villa Eur, non un gran che dal punto vista della cortesia e disponibilità verso i clienti molto speciali, ma vicino al ritrovo da dove si partirà.
Il pomeriggio lo si impiega a ritirare i pettorali e a comprendere le informazioni logistiche che regolano la partecipazione alla gara.
La serata del gruppo finisce nel vicino centro commerciale a gustare pizze e amatriciana.
Andiamo a letto convinti che la giornata della gara alla quale sono iscritti circa 12 mila atleti provenienti dall’Italia e da tutto il mondo sarà un “bagno” di pioggia.
Un po’ per l’amatriciana un altro po’ per le previsioni del tempo, la notte già programmata corta, diventa breve.
Alle 6:00 di mattina ci sorride con una debole aurora che consente al sole di farci l’occhiolino tra le nubi.
Sistemiamo la valigia e giù a fare colazione dove troviamo un capannello di persona vestite di giallo e blu, i colori della nuova divisa del club già pronti.
Gina, mia moglie, con Paola, si avvia al traguardo in auto prima che venga interdetta al traffico la Roma – Ostia. Noi ci avviamo a piedi verso il piazzale del Palalottomatica dell’Eur dove già c’è un “carosello” di atleti in pieno volteggio di colori che contraddistinguono le loro divise.
Nell’ora che precede la gara è un crescendo di arrivi e un continuo salutarsi e abbracciarsi per rinsaldare vecchie conoscenze e aprire ai nuovi un mondo fatto di passione e di rispetto: tutto basato su dati di fatto (tempi) pieni di anni di confronti.
Quando arriva la “chiama” dei gruppi previsti ai “blocchi” di partenza, c’è sommovimento tra i 12 mila in attesaperché iniziano a dirigersi verso le “gabbie” in cui si entra in base ai tempi storici di ogni atleta.
Io ho il pettorale n° 6207, colore arancione. Mi avvio verso l’ultimo blocco perché accreditato senza tempo.
È un mare fatto di gente al posto delle gocce d’acqua. I controlli ai varchi d’accesso sono fatti con scrupolo. Questo popolo di sportivi non ama i furbi e rispetta il merito.
Il podismo è uno sport che raduna numeri incredibili di sportivi praticanti mentre sono pochi gli spettatori in “tribuna” ad applaudire. Si tratta di una vera festa di sport dove sono in pochi quelli che stanno a guardare e tantissimi che fanno pratica sportiva, il tutto a spese proprie (ad ogni gara si versa una quota variabile in base alla consistenza del pacco e alle difficoltà dell’organizzazione. Per la Roma – Ostia sono stati impiegati oltre 300 persone per l’assistenza!).
Quando il mio “blocco” comincia ad avanzare verso il punto di partenza, il primo è già partito da oltre 10’ e il secondo da più di 5’.
È un mare che da calmo si agita lentamente … c’è un blocco improvviso quando i primi si fermano sulla linea di partenza. Al colpo di pistola si parte e l’onda si allunga nel tratto in leggera discesa che conduce verso il laghetto dell’Eur. Correre in un contesto affollato di anime gemelle che ti circonda è una sensazione che vale il viaggio fino a Roma. Il bello è che, questo aspetto mi accompagnerà fino alla fine della gara perché si è talmente in tanti che non ci sente mai soli.
I primi 5 Km scorrono sulle ali dell’entusiasmo e vado anche oltre ciò che mi consente la preparazione fatta.
Chi corre in compagnia si scambia impressioni, chiama gli amici, si ferma a scrutare qualcuno che è indietro, scommette sulla tenuta del tempo … “Signora Raggi, ecco un’altra buca!” grida un signore che mi precede. “Anche a Marino e Alemanno, bisogna dirlo …” replica un altro che mi è al fianco. “A quelli gliene abbiamo già detto tante al loro tempo!” aggiunge un altro che mi sopravanza …
Quando imbocchiamo via Cristoforo Colombo arrivano scrosci d’acqua che fanno temere il peggio. Ma pioggia vera arriverà solo nel pomeriggio quando tutto sarà finito.
Al 1° ristoro un prato bianco colora l’asfalto. Sono le migliaia di bicchieri di plastica gettati per terra dai podisti dopo averne bevuto il contenuto.
Sporadici spettatori “interessati” aspettano amici e parenti lungo la striscia di asfalto che punta dritto al mare di Ostia. Quattro sono i gruppi musicali dislocati lungo il percorso ad animare il passaggio del fiume che scorre verso l’arrivo situato al lido di Ostia. Interminabile il numero dei volti che sfilano al fianco ad ondate che accompagnano l’andare.
Cerco di cogliere quella giusta su cui farmi “cullare” per guadagnare un po’ di spinta nella direzione giusta. Quando mi accorgo di non reggere desisto e rientro nell’andatura che è più congeniale alle mie potenzialità e aspetto la successiva che, ne sono certo, non tarderà ad arrivare.
Questa è la mia 4^ Half Marathon. La prima fu ad Agropoli, a marzo di un anno fa, la seconda sempre ad Agropoli a Ottobre. La terza a Salerno nel mese di novembre …
Ho imparato a capire cosa mi aspetta e darmi una regola per evitare “cadute” di tensione … ovviamente non sempre ci riesco, ma è un esercizio mentale che vale monto di più di tanti altri modi per imparare a gestirsi.
Al 11° Km, sono oltre la metà gara, e comincio a pensare all’arrivo. Coordino la mente con i luoghi dove corro intorno a casa e tento di uscire dalla monotonia della lingua di asfalto che porta verso Ovest. Controllo le parti del corpo che sono, più di altre, protagoniste in questa avventura. Mei rendo conto che l’andare senza badare guardandomi intorno mi aiuta a mantenere il ritmo e mi aiuta a scacciare i sintomi della fatica.
Mi aiuto con l’ascolto di una puntata dell’audio libro “Madame Bovary” sull’applicazione di “Ad alta voce”di Rai 3.
In compagnia della giovane moglie di Charles arrivo all’ultimo ristoro posto al 17° Km. È quello più duro per me perché è posto all’inizio del tratto in salita che sembra fatto apposta per sfiancarmi.
Tengo duro, ma quanta è dura la fatica!
Sentire di avercela fatta, mi dà forza e coraggio. Dismetto gli auricolari per assaporare fino in fondo il piacere di arrivare in cima alla collina da dove, immagino, vedrò il mare sulla riva del quale si disperderà il fiume composito di anime che gli corrono incontro.
Un gruppo molto rumoroso incalza da dietro: quando mi sorpassa vedo un variopinto aggregato di giovaniche spingono a turno una carrozzina sulla quale viaggia una persona non deambulante. È una gara di gioia che impedisce alla fatica di impensierirli. Li osservo seguendoli per un po’. Poi li lascio andare al loro destino imponendomi di stare tranquillo e non strafare proprio alla fine con il rischio di arrivare “strafatto”.
È dolce la discesa che porta dove la terra incontra il mare che si staglia all’orizzonte imponente e aperto ad ogni sogno, anche quelli impossibili. Ho un po’ di forze residue che decido di spendere nell’ultimo Km per superare più me stesso che le persone che “stremate come me” vedono il traguardo. Il tabellone luminoso indica il tempo 2:28:00. Quando passo sotto il traguardo non controllo più il tempo cronometrico, penso al tempo speso per compiere un’impresa per vincere una scommessa impensabile fino ad un paio di anni fa. Intanto che mi dirigo verso il parcheggio, sento lo speaker che annuncia l’arrivo di una signora che ha oltre 80 anni e la indica come il simbolo di questa gara augurandole di partecipare almeno alle prossime altre 5 edizioni … lo prendo come un buon auspicio anche per me.
È un arrivo “solitario” nel porto sicuro dove migliaia di persone sono già approdate e si sentono a casa.
Al contrario di altre gare a cui ho partecipato, non mi sono mai girato indietro per controllare quanta gente c’era, né mi sono interrogato su quante mi hanno preceduto al traguardo.
Lo scoprirò solo in un ristorante sui Castelli Romani dove con l’intero gruppo ci fermiamo per mangiare prima di avviarci sulla via del ritorno.
Intanto, la pioggia che si è trattenuta per l’intera mattinata, da sfogo alla voglia di bagnare Roma quasi a cancellare ogni traccia di quella che è stata la 44^ edizione di un evento fantastico per chi lo ha vissuto e che rimarrà “eterno” come la città che lo ha ospitato.
Ai tanti che ne sono stati protagonisti e, forse, anche per i pochi che sono stati a guardare rimarrà negli occhi la meravigliati che, una volta tanto, sull’Ostiense il “traffico è stato intensissimo ma scorrevole come non mai”.