di Fornace Falcone
Jannis Kounellis (Pireo, 23 marzo 1936 – Roma, 16 febbraio 2017) è stato un pittore e scultore greco naturalizzato italiano, esponente di primo piano di quella che il critico Germano Celant ha definito “arte povera”. È morto Jannis Kounellis. Era nato 81 anni fa al Pireo, ma era romano d’adozione ormai da decenni. La sua storia d’artista resta profondamente legata all’esperienza dell’Arte Povera, di cui è stato uno dei più grandi rappresentanti. Sostenitore di un approccio materico all’arte, Kounellis fece il suo debutto sulla scena artistica italiana usando il mezzo pittorico come immediato canale di espressione di un linguaggio improntato all’immediatezza, reso più sfaccettato, negli anni, dal ricorso a un pratica installativo-performativa di grande impatto visivo e concettuale. Dalla mostra di debutto alla Galleria La Tartaruga di Roma alle esposizioni più recenti (risale appena ad ottobre la personale nella sede capitolina di Gavin Brown’s Enterprise), la poetica di Kounellis si è arricchita di uno sguardo più attento, e certamente più disincantato, nei confronti della materia, organica per lo più, vera protagonista dei suoi interventi. Il legame con l’aspetto terragno, tangibile, dei materiali utilizzati ha reso Kounellis uno degli esponenti di punta del movimento poverista, etichetta che lo ha accompagnato fino al termine della sua esistenza. L’uso della iuta, delle pietre, del legno, del carbone, ma anche il ricorso agli animali vivi – celebri i cavalli in mostra da Sargentini a Roma nel 1969, tema e soggetto ripreso in tempi recenti al Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro – hanno contribuito a veicolare una riflessione via via più composita sul legame tra mondo naturale e sovrastrutture culturali e sulla necessità di attivazione dell’opera da parte del pubblico. POVERISMO E DINTORNI Durante gli anni caldi del poverismo, Kounellis fu protagonista di numerose mostre al di là e al di qua dell’oceano, ospite delle sedi “nevralgiche” di allora – dalla Galleria L’Attico di Roma a Christian Stein a Torino fino alla Sonnabend di New York. Degne di nota anche le sue incursioni nel teatro, al confine tra scenografia e pittura, con un occhio sempre rivolto all’atto performativo. Basti pensare al lavoro realizzato per il Deutsches Theater di Berlino all’inizio degli Anni Novanta, in occasione della messa in scena orchestrata da Heiner Müller. LA COMPONENTE PUBBLICA L’interazione con il pubblico, spettatore o, ancora meglio, attante, resta la cifra essenziale della poetica di Kounellis, recentemente autore dell’installazione nella metropolitana di Napoli (Stazione Dante): le immancabili scarpe e gli altrettanto iconici accessori di abbigliamento intrappolati sotto una fila di rotaie, a simboleggiare il transito perenne dei viaggiatori, ancorati, però, alla peculiarità del mezzo di trasporto. Sempre a Napoli, ma sul finire degli Anni Novanta, Kounellis installò un “mulino a vento” su un traliccio dell’elettricità, in via Ponte di Tappia, nei Quartieri Spagnoli, innescando una sottile e amara ironia visiva fra contesto e opera. UN’ARTE CORAGGIOSA L’allusione alla presenza umana, spesso amaramente svuotata della sua essenza, è un elemento ricorrente negli interventi di Kounellis, come dimostrato dalla teoria di cappotti, disposti in file geometricamente studiate e in ordine definitivamente caotico sul pavimento dell’ex fabbrica di cioccolato Red October a Mosca nel 2011 e nella collezione del Castello di Rivoli. “Sono un vecchio Ulisse senza Itaca innamorato della pesantezza dell’arte”, affermava Kounellis in un’intervista pubblicata da La Repubblica lo scorso luglio e, a fronte della sua scomparsa, l’imminente Biennale diretta da Christine Macel dovrebbe mettere in cantiere un omaggio a un artista che è stato capace di affrontare la “pesantezza” con uno sguardo lucido e con un coraggio invidiabile. Kounellis lavora a Roma dalla fine degli anni Cinquanta e la sua prima esposizione ha luogo nel 1960 presso la Galleria La Tartaruga. Nei dipinti di quel periodo delinea parole, lettere, numeri, segni direzionali che campeggiano su superfici monocrome accogliendo i segnali visivi del contesto urbano nell’ambito dei linguaggi pittorici. Nel 1968 partecipa alla rassegna “Arte Povera + Azioni Povere” presso gli Antichi Arsenali di Amalfi. Nel 1969 presenta la celebre opera con dodici cavalli vivi alla Galleria L’Attico di Roma ed espone alla mostra “Arte Povera” alla Galleria La Bertesca di Genova. Inizia a creare grandi installazioni utilizzando elementi naturali oppure oggetti che rimandano al quotidiano come persone vere e animali vivi, pietre, piante grasse, caffe’ in polvere, lana cardata, sacchi di juta vuoti o riempiti di granaglie, il fuoco sprigionato da fiamme ossidriche, frammenti di copie di sculture classiche, lampade al petrolio, mensole di ferro e binari. Fin dall’inizio realizza anche progetti e scenografie per il teatro. Nelle installazioni piu’ recenti, oltre ai frammenti di copie classiche posti su mensole, ricorrono mobili e oggetti d’uso comune, che dispone in allestimenti di scala monumentale. Kounellis e’ tra gli artisti italiani quello che ha esposto piu’ frequentemente nei musei piu’ importanti del mondo. Ha partecipato per sette edizioni alla Biennale di Venezia a partire dal 1972 e a Documenta a Kassel nel 1972 e nel 1982. Tra le esposizioni piu’ recenti, si ricordano quella al Muse’e d’Art Moderne de la Ville de Paris nel 1980, al Museum of Contemporary Art di Chicago, allo Stedelijk Museum di Amsterdam nel 1990, al Museo Nacional Centro Reina Sofia di Madrid nel 1996, al Ludwig Museum di Colonia nel 1997 e al Museo Pecci di Prato nel 2002.