Janis presenta te stessa.
Il mio nome è Janis Sabetta. Sono nata nel New Jersey. Mio nonno era di Felitto ed è per questo che sono qui insieme. Io e Alessandro Sabetta siamo cugini di secondo grado. I nostri nonni erano fratelli. Noi ci siamo conosciuti grazie a internet.
Francesca, quindi la famiglia Sabetta di Felitto non sapevate che esisteva una Janis?
È Francesca Sabetta, la valorosa interprete, privata e pubblica, che fa parte della delegazione felittese che risponde … “Sapevamo che c’erano dei famigliari in America perché la zia di mio padre, Alessandro Sabetta, diceva sempre che c’era una cugina con cui scambiava delle lettere e avrebbe voluto che un giorno ci saremmo incontrati. Così, quando mio padre era in missione in Iraq, dopo la morte di questa zia, ha trovato il contatto di Janis su Skype e l’ha contattata. È stato bello perché c’era un po’ di diffidenza … ma facciamolo raccontare a lei stessa!
Quando sono stata contattata, ho pensato che fosse qualcuno che ci conosceva perché conosceva il nome di mio padre, che si chiamava Vito, e di sua sorella e suo fratello: Argia e Vito. Non possono esserci così tante persone al mondo che chiamano in questo modo i loro tre figli. Invece, mio fratello pensava che si trattasse di un pazzo che cercava di raccogliere informazioni da noi.
Interviene Alessandro …
“La prima cosa che ho detto è stata: “Sono Alessandro Sabetta dall’Italia” e lei ha risposto: “Cosa?”. Perché Alessandro Sabetta era lo stesso nome del nonno che era morto da tempo. Lei all’inizio non riusciva a capire, pensava che fossi qualcuno che stesse scherzando. E io continuai: “Guarda, sono Alessandro Sabetta. Quando è morto tuo nonno sono nato io e mi hanno dato il suo nome.
Come si è evoluta la storia?
Siamo rimasti in contatto con loro in Italia fino al 1981, l’anno del terremoto.
Quando vi siete incontrati per la prima volta?
Francesca aveva 7 anni, quindi eravamo nel 2006. Ero a Torino per conto delle Nazioni Unite e accettai di incontrare la famiglia di Alessandro. Io e mia cugina avevamo un piano nel caso lui risultasse essere davvero un pazzo. Dissi a mia cugina “Se non mi faccio sentire, vieni a salvarmi!” Fu allora che ho capito che eravamo imparentati. Io avevo una valigia grande, perché stavo insegnando all’estero, e pensai: “O mio Dio, lui avrà sicuramente una macchina piccola, mentre io ho una valigia enorme… come farà?”. Invece, aveva una macchina grandissima, un Chrysler. Quindi mi sono detta: “questo è un Sabetta!”, perché tutti gli uomini Sabetta in America hanno macchine grandi e quindi ho avuto la “certezza” che era un mio parente.
Quando sono arrivati in America i suoi nonni?
I miei nonni si sono conosciuti in America. Sono venuti più meno nello stesso periodo, intorno al 1920. Mia nonna era di Carrara, venne con sua sorella. All’epoca suo zio gestiva una piccola pensione. Lei stava dallo zio. Mio nonno viveva in quello stesso posto, ma non sapevamo perché e quando lui sarebbe dovuto venire a Old Forge.
Chi sarebbe dovuto venire qui a Old Forge?
Alessandro Sabetta e Ada stavano dallo zio che gestiva la pensione.
E loro si sono conosciuti nella pensione?
Sì, si sono conosciuti lì.
Dove si trovava questa pensione?
Nei pressi di Paulsboro (NJ, USA)
Quindi non è più venuto a Old Forge?
No.
Quale è stato il tuo percorso scolastico e di lavoro?
La mia prima laurea è in matematica, mentre la seconda è in amministrazione aziendale. All’inizio ho lavorato come insegnante presso la American Peace Corps School, un’associazione di volontariato. Sono andata in Africa ad insegnare. In seguito, sono diventata una manager di alcuni progetti all’estero. Poi ho lavorato nell’ambito della microfinanza che faceva prestiti alle piccole imprese.
In quale Paese africano è stata?
Sono stata sia in Africa dell’Est sia al Sud: Kenya, Lesotho, Botswana, Swaziland, Tanzania.
Parli l’afrikaans?
Lo swahili.
È tornata qualche volta a Felitto?
Quasi ogni anno da quando ho conosciuti la famiglia di Alessandro, nel 2006. Tranne durante il Covid.
Come lo vedi questo piccolo paese che è Felitto?
La calma, la pace, le persone, la tranquillità. Anche il panorama. Un po’ meno la viabilità! Anzi credo che, in generale, tutti i piccoli borghi dovrebbero avere una viabilità migliore così che le persone possono starci senza problemi, viverci e anche lavorarci.
In America ci sono questi problemi?
Nelle piccole città sì! Comunque, ci vorrebbe qualcosa per mantenere vivi questi paesini. Io non ho le risposte, sono un’economista, ma sarebbe bello se potessero essere mantenuti in vita.
Abbiamo bisogno di più turismo, più imprese e attività che possano attrarre più persone; ma senza esagerare perché si potrebbe distruggere tutto. Si dovrebbe trovare un equilibrio.
Possiamo chiedere a lei di venire a Felitto e fare un business plan per lanciare la comunità, come ha fatto in Africa …
Si potrebbe fare! Ma la prima parola degli italiani è “No, no! “Non si può fare…” La parte difficile è convincere la gente.
Quando torna in Italia?
Nel mese di novembre di quest’anno.
Lei ha anche la cittadinanza italiana?
Sarò una straniera perché andrò a Salerno (ride).
In che senso sarai una straniera?
Alessandro mi ha detto che qualche “straniero” quest’anno ha rovinato la sagra facendola chiudere un giorno prima.
E io gli ho risposto che “speravo che non sia stato qualche tedesco o qualche americano!” Alessandro mi ha tranquillizzata svelandomi che era stato un tizio di “Salerno”.
Allora potrai risalire tranquillamente la Valle del Calore lentamente, ma sicura che sarai ben accolta.