Mario Bamonte è un ventiquattrenne di Felitto, che non ha nulla in meno e soprattutto nulla in più dei suoi coetanei, come afferma umilmente nell’intervista che segue. Felitto, il Locus amoenus dove è nato e cresciuto, è la culla della visceralità della sua fede semplice e primigenia. Non vi è nulla di escatologico o eclatante nelle sue scelte, poiché come diceva Pedro Almodòvar nel film “Tutto su mia madre”, si è tanto più autentici quanto si più somiglia all’idea che abbiamo sognato di noi stessi. Maturità, umiltà disarmante e acume traspaiono dalle sue risposte; l’ordinazione diaconale si terrà il 09 novembre nella parrocchia di sant’Antonio a Lago di Castellabate.
A Mario la parola, in questa bella chiacchierata che ci ha gentilmente concesso.
Buongiorno Mario, innanzitutto grazie di aver accettato di rilasciare questa intervista. La prima domanda sarà la più banale, o forse la più difficile, dipende dai punti di vista. Chi è Mario Bamonte, per chi non lo conosce?
Grazie a te, Monica. Se dovessi dire chi è Mario, di sicuro partirei col dire che è un ragazzo, che nonostante scelte atipiche, non ha nulla di meno e soprattutto niente di più degli altri coetanei. Certo, con interessi e sensibilità del tutto personali, come è normale che sia, ma tutto nell’ordinarietà.
Come hai capito di voler intraprendere il percorso per diventare sacerdote? È stato un percorso lungo e ragionato, oppure hai ricevuto la cosiddetta “chiamata”?
Come ogni impegno di vita, dietro c’è un lungo percorso che parte dall’impegno parrocchiale, ma che trova negli anni di seminario il periodo più intenso di “discernimento”. Proprio in seminario, prima a Vallo della Lucania e ora a Pontecagnano, luogo deputato oltre che alla formazione, soprattutto alla ricerca del volere di Dio, ho avuto modo di discernere e comprendere quale fosse la mia vocazione, la famosa “chiamata”.
Hai studiato in seminario a Vallo della Lucania e ora studi con profitto Teologia. Chi sono i tuoi influssi, i modelli a cui ti ispiri in questo percorso spirituale, nell’ampia rosa di autori, filosofi e nomi dell’antichità?
Credo sia difficile scegliere un autore piuttosto che un altro fra l’ampia schiera di pensatori antichi, proprio per la ricchezza di pensiero di cui sono apportatori. Certo, ci sono autori da cui non si può prescindere, penso a sant’Agostino o a san Tommaso che bene hanno saputo coniugare filosofia e teologia con formulazioni valide ancora oggi. Se dovessi indicare un modello a cui m’ispiro dovrei arrivare ai giorni nostri, scomodando uno dei maggiori teologi italiani: don Luigi Giussani. Egli seppe, già negli anni che precedettero la contestazione studentesca, mostrare la ragionevolezza della fede e dell’ “avvenimento cristiano” e intendere la fede non come adesione talvolta passiva a una tradizione culturale, ma come incontro con una Persona che cambia la vita in ogni suo aspetto.
Il luogo in cui sei cresciuto, Felitto, Locus amoenus e raccolto, in che modo ha “accompagnato” la tua spiritualità?
A Felitto devo molto, è il luogo dove ho mosso i primi passi della fede, dove ho ricevuto la prima formazione, quella basilare ma che comunque ti forma, nell’accezione più plastica del termine, che dà una forma. Risento molto di quella fede semplice, senza bizantinismi né pomposità dal gusto barocco, ma salda e chiara. Dalle persone anziane ho imparato a concepire la fede come affidamento a Qualcuno, non un affidamento passivo ma un affidarsi con la consapevolezza di non essere solo. Devo a queste persone semplici, la più bella lezione sulla paternità di Dio.
Qual è il tipo di Chiesa a cui ti ispiri e qual è, appunto, la tua visione della stessa.
Il tipo di Chiesa a cui mi ispiro è quel tipo di Chiesa che da duemila anni, parafrasando una delle pagine più belle della Scrittura, quella del Buon Samaritano, non passa oltre, ma si china sulle ferite doloranti dell’umanità e se ne prende cura, una Chiesa madre e maestra, che sa farsi prossima e sa essere guida. Quella Chiesa “in uscita”, che si muove verso le periferie non solo materiali ma anche esistenziali. Non è un tipo di Chiesa frutto di sensibilità di qualche pensatore, ma è la Chiesa, che pur nei limiti dei suoi battezzati, vive quotidianamente il messaggio evangelico da duemila anni.