Busso alla porta del signor Gennaro Greco. Sin da subito mi colpisce la sua ‘casa museo’. Da ciò che compare sulle pareti comprendo l’amore per il Cilento, il ruolo occupato in società, la tenacia nel dare avvio al suo sviluppo. Un uomo di novant’anni – dalla memoria ben salda – dedito a raccontarmi e ad illustrarmi i grandi movimenti che hanno reso tale il territorio.
- Chi è Gennaro Greco?
Sono stato un agricoltore fino all’età di 28 anni. Successivamente, ho lavorato per le Ferrovie dello Stato. Il desiderio di essere utile allo sviluppo del territorio, mi portò a fondare la Pro-Loco di Ascea. Dal ’73 al ’96 ne sono stato il Presidente. In questi anni, collaborando con studiosi e giornalisti, decisi di creare il Consorzio delle Pro-Loco del Golfo di Velia. Venni eletto Presidente e lo sono stato fino al ’98. Ho operato per questa terra, in particolare per i giovani. Lavorare a contatto con la natura, sin da piccolo, ha fatto sì che io divenissi sensibile alla bellezza che ci circonda.
- Lei è riuscito – attraverso testate giornalistiche, locali e non – a dare visibilità al territorio cilentano, allora sconosciuto. Il suo interesse è stato semplice amore?
Ciò che ha mosso i miei passi e le mie azioni è sempre stato l’amore per la mia terra, per la mia famiglia, per la gente. Negli ‘50 operai affinché i poveri del mio paese avessero da mangiare. Non dando loro dei soldi, ma distribuendo dei buoni da spendere in cibo.
Con il tempo si è creata una collaborazione con altri soggetti, dediti al bene del territorio; e desiderosi di dare vita ad una realtà molto più ampia. Questo perché il Cilento esisteva sulla carta, ma non vi erano identità cilentane. Così, abbiamo fatto sì che il nome ‘Cilento’ fosse affiancato ai nomi dei diversi territori sparsi, in modo da essere conosciuto maggiormente.
Soprattutto, in me vi era il desiderio di riunire il ‘Cilento’ e farlo conoscere al mondo. Infatti, quando mi sono accorto che il nostro territorio era inesistente, ho fatto sì che fosse riconosciuto per tale. Creammo un documentario per dare spazio a quelle realtà che spesso venivano tagliate fuori.
- Come sorse il Consorzio comprensoriale delle Pro-Loco del Cilento?
Fino agli anni Sessanta e Settanta il nostro territorio non era conosciuto. Solo in seguito furono prese delle iniziative volte alla sua valorizzazione. Gli enti da me guidati – dopo la creazione del Consorzio Comprensoriale nel ’76 – si mossero per la promozione del territorio in Italia e all’estero. Fu il primo in Italia e suscitò molto interesse, tanto che molte Pro-Loco di altre regioni ne richiesero lo statuto per poter, a loro volta, fondarne uno. Partecipammo a fiere e mostre importanti, come Budapest, Berlino, Monaco di Baviera.
Nel ’77 i maggiori studiosi del Cilento si riunirono per delimitare i confini, stabilendone il superiore nella foce del Sele e quello inferiore nella Basilicata.
Questi si mossero per quello che oggi definiamo Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, patrimonio mondiale dell’Unesco. In più, questa denominazione ha consentito al territorio di essere conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
- Che tipo di difficoltà ha incontrato il Cilento nel farsi riconoscere?
È stato determinante il convegno tenutosi a Caggiano, nel Vallo di Diano, nel ’77. In quest’occasione, abbiamo dato alle stampe la prima mappa del Cilento, un vero e proprio manifesto pubblicitario della zona, da diffondere nelle varie località. In più, abbiamo creato un carosello compreso di diapositive da proiettare durante gli incontri in Italia e all’estero. Certo, questo lavoro di promozione non ebbe subito gli effetti sperati, perché vi furono molti ostacoli soprattutto da parte dei paesi della Campania. Questi erano timorosi che il territorio potesse divenire meta privilegiata.
- Nello specifico, quale fu lo scopo del Consorzio?
Fu quello di riunire vari enti, come Comuni, Comunità Montane, Provincia, agenzie di viaggio etc del territorio. Una collaborazione con lo scopo di risolvere i problemi che lo affliggevano e far sì che divenisse meta turistica.
- Qual è stato il ruolo del turismo?
Imparai il mestiere attraverso maestri genovesi e operatori turistici, che ad Ascea avevano costruito i primi villaggi. Ogni settimana partecipavo ad incontri radiofonici in alcune radio private, durante le quali si parlava di questa necessità di allargare i confini.
In seguito, aprii un ristorante in cui servivamo piatti tipici cilentani ai turisti in villeggiatura. Con il tempo, insieme ai miei collaboratori capimmo che avremmo potuto aumentare i flussi turistici, concedendo degli incentivi: rimborsavamo le spese del viaggio in treno o in macchina a coloro che volevano visitare il Cilento.
- Qual è la situazione attuale e cosa prefigura – tenendo conto anche di quanto delineato durante l’evento tenutosi sabato 16 marzo alla Fondazione Alario?
Nello specifico, ho voluto che venissero premiate le 27 Pro-Loco che nel ’77 aderirono ad una realtà come il Consorzio. Credo che per amministrare un territorio bisogna conoscere il passato, lavorare per il presente e pensare al futuro. Oggi, si tende a non conoscere il passato di questa terra. Per questo motivo, le amministrazioni non possono operare efficacemente. La mia visione per il futuro è pessimistica. C’è poco amore per questo territorio, solo tanta ideologia politica.