Di Alberto Di Muria
La formazione di calcoli a livello dell’apparato urinario costituisce una condizione patologica piuttosto comune che colpisce con leggera prevalenza i maschi piuttosto che le femmine, con un’insorgenza di solito dopo i 30 anni.
I calcoli hanno una composizione ben precisa, ovvero contengono ossalato o fosfato di calcio, talvolta anche acido urico, soprattutto negli anziani, cistina e una matrice organica.
Una volta che i calcoli si formano tendono a muoversi e di solito proprio il loro passaggio dal rene alla vescica attraverso l’uretere, un passaggio strettissimo, innesca la forte sintomatologia dolorosa. Insorge così la colica renale, caratterizzata da un fortissimo dolore al fianco, dal lato in cui si trova il calcolo, dolore che arriva a ondate e può irradiarsi sino all’inguine e alla zona genitale.
Quando un paziente soffre di colica renale, in prima battuta è necessario calmare. Il trattamento antidolorifico di scelta consiste nella somministrazione di diclofenac o ketorolac per via intramuscolare; se entro un’ora non si riscontra un miglioramento si può passare alla somministrazione di meperidina, un derivato di sintesi della morfina, per via intravenosa. Ultimamente, per favorire l’espulsione del calcolo si consiglia di assumere la tamsulosina, un farmaco alfa-litico capace di legarsi ai recettori alfa-1D presenti sulla parete vescicale e sul tratto terminale dell’uretere e favorire l’espulsione dei calcoli presenti.
Per favorire l’espulsione del calcolo è necessario bere molto: l’ideale sarebbe produrre nell’arco delle 24 ore due litri di urina. Però, in caso di colica non è mai bene esagerare con l’idratazione, perché si potrebbero causare danni al rene causati dall’eccessiva dilatazione.
Nella prevenzione della calcolosi renale un ruolo fondamentale è assegnato all’alimentazione.