Ci pensavo da tempo ad usare il treno per “camminare” il Cilento costiero e pedemontano.
Nelle mia 8^ tappa del Cammino del parco l’ho fatto: ho preso il treno a Capaccio scalo diretto a Sapri con destinazione Villamare.
Dalla frazione costiera di Vibonati, risalirò la costa fino a Scario per poi inerpicarsi fino a s. Giovanni a Piro che di Scario è il capoluogo. Intanto, scorrono le scritte dei vari scali ferrovia cilentani: Agropoli, Omignano, Vallo, Ascea…
Le voci meccaniche le elencano a “futura” e perenne memoria in un rosario che si sgrana senza tregua. Sulle colline tappezzate dalla macchia mediterranea troneggiano i borghi oggi desertificati di prole. A destra, quando può di stende il mare di Ulisse ed Enea. A sinistra, Le pianure sono conquistate definitivamente ai predoni di consumo di suolo che vi hanno impiantato casa che servono solo al superfluo.
Le gallerie a tratti coprono gli obbrobri richiamando il viaggiatore si suoi pensieri.
A volte, il mare schiaffeggia la massicciata dei binari e entra prepotente nell’animo che si accende per squadrare l’infinito.
Parto da Villammare alla volta di Policastro. Il desiderio di mare mi convince ad abbandonare la strda principale per cercare il lungomare che mi conduce fino alla foce del Bussento dopo aver attraversato Policastro. Agrumi ed ogni sorta di alberi da frutta coprono la zona di rispetto che si frappone tra l’ampia fascia destinata ai bagni e la dimensione abitativa di prime e seconde case.
La foce del fiume mi costringe a rientrare fino al ponte sulla SS 18, ma poi vale pena ritornare a mare per godere, ancora un po’, del dolce fruscio dell’acqua su bagnasciuga.
Infatti, già a Scario in località Torre Oliva, sono costretto a riprendere la marcia sulla statale.
Scario è un tranquillo lungomare che si crogiola al sole di autunno. Fa ancora bene a chi non rinuncia ad esporre il corpo per l’ultimo scampolo di abbronzatura.
Anch’io mi attardo a fotografare vari soggetti ma poi devo inforcare la scorciatoia che mi porterà a San Giovanni a Piro. La strada è una lunga salita di circa 3 Km. A destra e sinistra decine di ville costruite in faccia al sole con vista sul golfo di Policastro. In paese mi accoglie all’inconfondibile suono di una banda. C’è aria di festa in paese. Mi fermo a raccogliere le forze ed a chiedere informazioni. Ridiscendo nel centro storico fino all’uscita del paese in direzione opposta a quella da cui sono salito: si tratta di un obbligato passaggio a ritroso per puntare sulla frazione Bosco, un tempo comune disconosciuto dal re Borbone che così lo volle punire per la rivoltaq consumata in nome dell’albero della libertà che fu piantato.
All’ingresso del borgo mi accoglie il mosaico di ceramica che immortala l’eccidio di qui mi fermo a consumare il panino che ho portato al seguito per ogni evenienza seduto sulla fonte del nel paese cerco e trovo il museo dedicato a Ortega.
La strada si è fatta piana e mi posso godere il panorama che solo la collina Cilentana può offrire.
Dopo Bosco, ecco Acquavena, il paese incastonato sulle pendici del monte Bulgheria e che deve il nome alle sorgenti che lo fanno ricco. Sono già nel comune di Rocca gloriosa paese abbarbicato su una collina Una chiesa imponente, come le altre orientaleggiante retaggio dell’influenza dei monaci Basiliani arrivati nel Cilento dall’Oriente.
Non mi fermo e imbocco subito la strada con destinazione Celle di Bulcheria riprendendo la direzione Nord. Lo attraverso di slancio e arrivò a Poderia, la sua principale frazione.
Qui si ferma il mio cammino odierno.