Argentina, un paese che per molti tempi ho conosciuto fin da bambino grazie a qualche lettura (Dagli Appennini alle Ande), nella mia gioventù ad eventi tragici legati alla dittatura militare, nella maturità con riferimento ai problemi economici che ne hanno minato il prestigio internazionale, infine l’arrivo al papato di Francesco, che ha fatto da contrappeso ai tanti sportivi che hanno invaso l’Italia e L’Europa.
Ma quello che mi ha fatto decidere a “spendere” una vacanza in un paese che si trova alla “fine del Mondo” è stato l’aver letto un libro che prima di partire per il nostro viaggio ho riletto con immenso piacere: l’Immigrante sconosciuto, scritto da Blas Pingaro “Editore Il Grappolo”.
Tra tutte le informazioni che ho raccolto sull’Argentina, quelle vissute accompagnandomi nella lettura del testo di Biagio Pingaro, fin dalla prima volta che l’ho letto, mi ha dato il segno di cosa andare a fare in un paese che si trova “alla fine del mondo”.
Come è successo con il “viaggio in Australia” partiamo alla ricerca di storie che possano dare il senso compiuto di cosa ha comportato per intere generazioni il fatto di sradicarsi dalla terra dei padri e innestarsi in un altro mondo, oltre l’Oceano Atlantico.
Si tratta di un fenomeno iniziato nei primi decenni del 1800 ed esploso dopo l’impresa dei Mille di Giuseppe Garibaldi conclusasi con l’unità d’Italia che proiettò il “Regno della due Sicilie” in una dimensione diversa che diede il via al fenomeno migratorio con le dimensioni che conosciamo.
Anche nel Cilento, nel Vallo di Diano e negli Alburni furono sciolte le “catene” ancestrali a cui erano bloccate intere popolazioni composte da famiglie numerose e che facevano fatica ad uscire dalla servitù che non garantiva nemmeno il fabbisogno alimentare.
Chi partiva per primo richiamava familiari e amici per alimentare la “fame” di braccia capaci di “fare” in ogni campo dell’artigianato, dell’agricoltura fino alla realizzazione di opifici in un continente immenso e in grado di accogliere tutti gli uomini e le donne di “buona volontà”.
Il racconto di Biagio Pingaro, però, mi ha colpito molto perché fotografa sia la situazione di Fonte di Roccadaspide all’inizio del 1900 sia la realtà in trasformazione che trova quando arriva, prima in Brasile, e poi in Argentina.
Pingaro apre uno squarcio nella realtà che pochi ancora possono testimoniare direttamente e ci lascia in eredità la sua “vita” vissuta due volte. È una traccia seguendo la quale sarà possibile raccogliere testimonianza di altre realtà del nostro territorio che hanno, prima, prestato e, poi, ceduto intere generazioni di giovani che si imbarcarono verso l’ignoto su velieri e piroscafi alla ricerca del futuro che oggi i loro figli possono vivere, mentre loro non riuscirono nemmeno ad immaginare.
Immergersi, di nuovo, in un mondo di anime espressione di persone che osarono, come Ulisse, affrontare il viaggio alla ricerca di un mondo più vivibile è un’emozione che “altera” l’andare del quotidiano. Questo viaggio porterà anche Gina e me a immergerci nelle acque in cui hanno navigato uomini e donne di un’altra epoca.
Speriamo di essere capaci di viverlo con rispetto e curiosità, ma anche raccontarlo per rendere testimonianza alle sofferenze di chi è riuscito a creare un futuro possibile per sé e i propri figli e fare giustizia a quanti che, per vari motivi, hanno dovuto soccombere sotto il peso dell’enormità delle scelte fatte.