Il nostro tempo ci ha portato un regalo … il poterci estraniare dalla “politica” militante e dedicarci ad altre “passioni” più aderenti al nostro modo di pensare e al tipo di vita che abbiamo deciso di vivere.
Questo, però, non ci esime dagli impegni nei confronti di chi amiamo, di chi è affidato alle nostre cure, dell’ambiente in cui viviamo e della comunità di cui facciamo parte.
Gli aspetti privati della nostra vita sono regolati da rapporti di parentela, affettivi e storici; quelli pubblici attengono alla sfera sociale e possiamo e dobbiamo sostenere spinti dal nostro senso civico:
“L’insieme di comportamenti e atteggiamenti che attengono al rispetto degli altri e delle regole di vita in una comunità”. Il senso civico, quindi, è uno dei pilastri portanti di un sistema civile e democratico, un sentimento che richiama a una convinzione interna rispetto alla necessità e alla convenienza di rispettare le regole per vivere bene insieme. I risultati di uno studio sul senso civico nazionale realizzato proprio dall’Istat tra il 2016 e il 2018, evidenziano come la violazione delle norme sulla circolazione stradale e sul decoro urbano è giudicata più grave dell’infedeltà fiscale e del ricorso alla raccomandazione per trovare un lavoro. In particolare, lo studio sottolinea come noi italiani abbiamo un rapporto “elastico” con le regole: intransigenti di fronte a situazioni di vita quotidiana -il buttare una carta per terra, il parcheggio in seconda fila (ma non l’uso del cellulare alla guida), l’imbrattamento dei muri delle città, passare con il rosso o guidare la moto senza casco- ma tolleranti rispetto al non pagare le tasse. Ben sette intervistati su 10 tollerano l’infedeltà fiscale giustificandosi con la bassa qualità dei servizi erogati (22%), la presenza di evasione fiscale (5,4%) ma anche motivazioni di principio (“i soldi sono di chi se li guadagna”, 2%). Anche farsi raccomandare per trovare un lavoro non è un problema.
Ovviamente, si tratta di uno spaccato dell’umanità in cui siamo immersi e varia da paesi a città, del Nord, Centro, Sud o Isole in Italia. Inoltre, “le donne si mostrano più attente alle regole di comportamento degli uomini mentre i giovani sono meno rispettosi degli anziani”.
Dopotutto, non può esistere uno stato senza leggi, una nazione senza cultura condivisa, una comunità senza solidarietà …
Recentemente abbiamo assistito indifferenti a sfilate di trattori che invadere, strade, piazze, autostrade; in altre occasioni, abbiamo visto allevatori sversare ettolitri di latte sui marciapiedi; non ci è stato risparmiata la sfilata di tassisti nei centri delle città; senza parlare della “confisca” delle migliaia di Km di costa da parte dei balneari …
L’elenco potrebbe continuare, ma pare evidente che nei casi segnalati c’è abbastanza materia per rendersi conto di quanto sia stratificato il concetto che tali atteggiamenti esprimono.
In questi casi le differenze territoriali non emergono; anzi, è del tutto evidente che privatizzare ciò che è possibile è un modo di essere ad ogni latitudine!
Al contrario, quando si tratta di socializzare gli “utili” derivanti dall’appartenere ad una nazione con uno stato che garantisce i diritti politici, sociali ed economici, allora ci collochiamo rapidamente in prima fila per far valere i diritti “acquisiti”.
Insomma, basta guardarsi intorno per rendersi conto di quanto poco ci costa essere parte di una società “regolata” da leggi conformi alla legge fondamentale che ne è la base: la Costituzione!
Chi non lo fa per disinformazione, ignoranza, narcisismo sociale … o peggio ancora, per riaffermare concetti di primariato etnico sugli altri soggetti umani, mina alle fondamenta le regole di convivenza civile e reca danni incalcolabili alle generazioni che verranno dopo di noi.
Noi negli ultimi 70 anni abbiamo potuto godere “della libertà di essere liberi” rinunciando al fatto pi poter immaginare di essere liberticidi nei confronti di altri essere umani sia essi vicini sia che tentano di avvicinarsi al mondo.
Ma, come ci ha insegnato la storia, il potere di dare la “carte” non è mai stato definitivamente dalla stessa parte!
Quando i doveri sono considerati “obblighi” insorpottabili e i diritti comodità irrinunciabili, allora si crea un corto circuito che fa perdere di vista i valori sui cui si fonda la convivenza democratica.