Il massiccio del Monte Stella sorge nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e raggiunge i 1131 metri sul livello del mare. I percorsi che conducono alla vetta sono molteplici, ma tutti partono dai comuni che abbracciano le sue pendici:Stella Cilento, Sessa Cilento, Omignano, San Mauro Cilento, Pollica, Serramezzana, Perdifumo, Castellabate, Lustra e Rutino.
La cima del monte ospita un piccolo santuario dedicato alla Madonna del Monte Stella, il cui edificio risale all’anno 1000 c.a. e che è stato restaurato nel 1993. In modo insolito, indagando sulla giuridisdizione ecclesiastica in cui il santuario ricade, si scopre che si tratta della parrocchia di San Mango Cilento. Al santuario infatti si intreccia la vicenda del sacerdote della parrocchia di San Mango, padre Angelo Sombato, il quale, nel 1362, ottenne, dall’allora vescovo di Capaccio, il permesso di trasferirsi sulla vetta del monte per condurre una vita eremitica e celebrare la messa per i pellegrini che vi si recavano ad onorare la Vergine. Fu così che Sombato ottenne anche il permesso di cambiare il nome della cappella, precedentemente intitolata a San Marco Monte Cilento mentre adesso intitolata a Santa Maria della Stella; così il Monte Cilento divenne Monte Stella.
L’effigie mariana è proprietà degli omignanesi ma la devozione della comunità stellana ha portato ad una condivisione della statua che, nel periodo estivo, viene condotta “in visita” alle parrocchie dei due comuni per periodi di tempo alternati.
Il santuario appartiene alle sette chiese mariane maggiori del Cilento ribattezzate le “sette sorelle”: la Madonna della Stella, la Madonna della Civitella di Moio, la Madonna del Carmine di Catona di Ascea, la Madonna della Neve del Cervati, la Madonna di Pietrasanta di San Giovanni a Piro, la Madonna del Sacro Monte di Novi Velia, la Madonna del Granato al Calpazio. Come leggiamo nel saggio del dott. Luigi Leuzzi “Il Cilento: la Grande Madre”, il culto delle “Sette Sorelle” ha una matrice arcana e risulta strettamente connesso a credenze magico-simboliche pre-cristiane. Sappiamo che sette è il numero sommativo del cielo e della terra, il numero dei veli di Iside, dea egizia che ha contribuito a creare l’iconografia della Vergine con il mantello azzurro, inoltre, nella Bibbia è il numero della “pienezza”, sta ad indicare nel contempo i sette peccati capitali intesi, nella tradizione simbolista, come il risultato dell’influsso dei principi spirituali dei sette pianeti o di antiche divinità mitologiche. Non a caso poi, si tramanda che Maria di Magdala fosse posseduta da sette spiriti da cui il Signore l’aveva liberata. Nella tradizione delle “sette sorelle” tale denominazione viene attribuita alle cappelle con piccole variazioni a seconda della cultura locale. In generale questi luoghi di culto sono sempre collocati su rilievi che si chiudono in una disposizione circolare che inevitabilmente si apre e allo stesso tempo si circoscrive nel mare. Di solito i santuari sono situati in cima ad un’emergenza montuosa o collinare e rinviano al doppio rito del salire e scendere a cui è adusa la transumanza; la deposizione del simulacro nel santuario rimanda inoltre alla deposizione conservativa dei chicchi di grano prima della semina primaverile e quindi si concilia interamente con il simbolismo della cultura agro-pastorale che abita il territorio cilentano.
Il Santuario di Santa Maria della Stella è di origine basiliana, a conferma di tale fondazione greco-orientale è la testimonianza nei luoghi circostanti dell’esistenza di vari cenobi di monaci arrivati dall’Oriente in seguito alla persecuzione iconoclasta di Leone III Isaurico.
La Cappella venne rifondata probabilmente nel 1187, tuttavia, come accennato, le prime notizie storiche rimandano al 1362 anno in cui con uno strumento pubblico il Vescovo restituisce all’abate di Cava alcuni monasteri con le relative celle nel territorio del Monte Cilento, nome del massiccio denominato successivamente della Stella. Nella veste muraria odierna, l’edificio risulta l’esito dei successivi rimaneggiamenti che rinviano appena al XV secolo, eppure si propone al visitatore come un palinsesto vetusto occasionato dalle varie sovrastrutture che nel tempo si sono sovrapposte al nucleo originario; specie i contrafforti delle pareti e la stessa facciata danno all’edificio l’aspetto di una fortezza compatta a cui contribuiscono i blocchi di pietra squadrata utilizzati nella messa in opera. L’interno è a una sola navata e le pareti laterali presentano sei arcate cieche. Una leggenda popolare a proposito della fondazione del santuario, narra che, un giorno, un pastorello si accorse che un agnello del suo gregge si allontanava dalla madre per poi far ritorno sempre alla stessa ora. Volle seguirlo e lo rinvenne proprio davanti all’immagine della Madonna. Molti conterranei allora accorsero e vollero edificarvi una chiesa. Dopo vari tentativi, perché i muri eretti il giorno immancabilmente la notte crollavano, i fedeli riuscirono nell’impresa, ma solo quando rinvennero un’iscrizione su di una pietra in cui la vergine manifestò l’intenzione di essere venerata in cima al Monte Stella. Dall’iconografia della Madonna della Stella abbiamo una testimonianza interessante nella statua conservata nella chiesa parrocchiale di Stella Cilento, descritta con dovizia di particolari dal prof. Amedeo La Greca: “la Madonna è raffigurata in trono; regge con la sinistra il bambino, nudo a cavalcioni sul ginocchio sinistro; sulla testa è poggiata la corona di tipo aragonese, sotto la quale un velo adagia sulle sue spalle gli estremi lembi. La figura ha il piede sinistro poggiato su uno sperone di roccia (verosimilmente la cima stilizzata della sacra montagna) che si solleva dalla base e fuoriesce dal panneggio, un kiton alla greca che copre l’intero corpo; il ginocchio sinistro, in tal modo risulta sollevato rispetto alla gamba destra che, sebbene nell’asimmetria figurativa crea un armonioso movimento che fa abbassare la Vergine in atto di piegarsi a prendere una stella ad otto punte che simboleggia la stella polare, e, nelle culture del mediterraneo, diviene una porta del cielo, simbolo di rigenerazione e della vita, attestando nel culto della Madonna una naturale continuazione di quello antico precristiano di cui si hanno tracce in siti contigui alla cappella.”
La sacralità del luogo si confronta in maniera ineludibile con il principio femminile della Terra Madre, principio motore della vita, dapprima maternità vergine e indipendente, poi, in un secondo tempo, con l’avvento della civiltà sedentaria degli agricoltori, compresente ad un principio divino maschile, compagno, figlio, amante, fratello che la trasforma in quella Grande Madre successivamente in sincretismo identificata con Cora, Demetra, Cerere. Grembo materno che accoglie, incarna il creato e il suo mistero, trovando, nella figura di Maria Vergine la sua risultante cristiana.
Francesca Schiavo Rappo