Le recenti agitazioni studentesche, che in alcune città hanno assunto carattere di estrema gravità, richiamano la nostra attenzione sul problema dei giovani, la cui soluzione non può essere rimandata “sine die” senza pericoli per la compagine sociale e le istituzioni democratiche. Uno dei tanti aspetti di questo problema, sempre vecchio e sempre nuovo, è la questione della riforma dell’istituto universitario che con la sua organizzazione arcaica e gerarchica non risponde più alle esigenze dei tempi e della cultura. Esso infatti è rimasto sostanzialmente ancorato agli ordinamenti del secolo scorso ed ha quindi bisogno urgente d’essere radicalmente rinnovato nel suo spirito, nei suoi metodi e nelle sue strutture. Soprattutto è necessario che in esso, abbattuto ogni diaframma tra professori e studenti, venga sostituito al soliloquio il colloquio, al monologo il dialogo, alla lezione noiosamente espositiva il processo di ricerca e di conquista personale della verità, perché è col dialogo che la scuola rende possibile l’incontro di due attività, le quali, anziché contrapporsi, si fondano nell’ansia comune della ricerca. Qui i giovani debbono essere messi in condizione di muoversi e di esprimere liberamente le proprie idee, anche se contrastanti con quelle degli adulti. Molti respingono con una smorfia di disgusto ogni veduta giovanile e condannano qualsiasi atto che non sia conforme alle regole della consuetudine, senza pensare che il contrasto esistente tra il vecchio e il nuovo, fra il passato e il presente, fra il pensiero cristallizzazione e il pensiero in azione, è nell’ordine naturale delle cose. Come ogni singolo uomo non è mai in un dato momento quello che era nel momento precedente, così ogni generazione non è mai identica a quella che l’ha preceduta. Invero l’uomo è spirito, oltreché materia, e come tale è in continuo svolgimento; a differenza dell’animale, la cui vita è ferma in azioni ben determinate e precise che si ripetono da millenni nell’identica maniera, ha la capacità di rinnovarsi continuamente creando forme di vita sempre nuove, non di rado più alte e più degne. “Nessun uomo” è stato osservato “che entra e passa nel mondo, lo lascia come l’ha trovato”. Ingiusto e vano è pertanto il rimprovero che spesso si muove ai giovani d’oggi per il loro atteggiamento anticonformista. Non si può pretendere che essi adeguino sempre il loro modo di pensare e di agire a quello di coloro che giunti, come si suol dirsi con gentile eufemismo, a una certa età rimangono ancora al passato, dal quale non sanno distaccarsi per ascoltare la voce dei tempi nuovi. Perciò noi non censuriamo l’opposizione dei giovani alle idee e ai sentimenti della società degli adulti, ma condanniamo indubbiamente i mezzi di cui spesso si servono per esprimere la loro protesta. Forse, a differenza delle altre epoche storiche, oggi si avverte con maggiore urgenza il bisogno di rinnovare la società ab imis fundamentis. Una crisi vasta e profonda, infatti, la investe in ogni suo aspetto e in ogni sua manifestazione toccando le ragioni stesse della sua esistenza. E’ una crisi di civiltà o, se si preferisce, della persona umana con la sua angoscia esistenziale senza vie d’uscita. “Mancano all’uomo moderno” scrive Don Gnocchi nella Restaurazione della persona umana “ragioni ferme e immutabili di vita, valori eterni e non contrattabili che condizionino i valori terreni e contingenti, certezze fondamentali che diano coerenza e intelligibilità alla favola dell’esistenza umana. Per questo siamo caduti nell’incoerenza, nel frammentarismo della vita, nel compromesso e nell’irresponsabilità morale, nel girellismo politico e nella dilagante disonestà pubblica e privata.”. Ora i giovani guardano con diffidenza a questa società disorientata che ha perduto il senso dei valori morali e la capacità di risolvere i problemi centrali dell’esistenza alla luce di un principio immutabile ed eterno, e cercano con metodi poco chiari e lineari d’instaurare un ordine nuovo. Ma per dire: “Ecce facta sunt omnia nova”, occorre ben altro che le manifestazioni esteriori di protesta contro l’ordine costituito. Le ragioni del contrasto generazionale sono perciò profonde e non riguardano soltanto alcune categorie di persone, ma tutte indistintamente, essendo coinvolti nel problema lo Stato, la famiglia, la scuola, la Chiesa, la stampa, la tribuna, cioè la società tutta nella sua vita, nei suoi metodi e nelle sue istituzioni. Già gli adulti osservano con profonda amarezza, senza rendersene pienamente ragione, l’atteggiamento irriverente e spesso ostile dei giovani verso di loro, e muovono alti lamenti. Particolarmente i genitori non riescono a dissimulare il loro doloroso stupore per il profondo cambiamento avvenuto nei rapporti figlio-padre, che ha sconvolto, si può dire, l’ordinamento tradizionale della famiglia. E in verità il culto dei padri non è più che un pallido ricordo! I giovani d’oggi, invece, non accettano la vecchia concezione dell’autorità paterna e guardano con occhi diversi la famiglia d’origine. Ed è triste dovere riconoscere che molti di essi, dimentichi del quarto comandamento, non si danno pensiero di circondare di riguardose ed amorevoli attenzioni i propri genitori i quali, tenuti quasi in disparte, passano gli ultimi anni della loro vita nella più amara solitudine. Ritengono ancora gli anziani che i giovani non abbiano alcun ideale, salvo quello di conseguire, in breve tempo e con poca fatica, notorietà e ricchezza. A loro giudizio sembrano privi di seria volontà, di capacità allo sforzo durevole, di spirito di sacrificio e di pazienza; sembrano preferire alla scuola silenziosa del libro il cinema e la televisione, alle pubblicazioni a carattere scientifico i fotoromanzi, ai libri difficili le riveste, all’opera classica la musica leggera. Appaiono, in una parola, amanti della vita comoda e facile, indifferenti ai valori dello spirito, mostrano un vivo interesse solo per ciò che concerne la conquista dei beni materiali. I giovani a loro volta affermano (e non a torto) che un profondo contrasto esiste nel mondo degli adulti tra il dire e il fare, fra il pensiero e l’azione, fra la morale predicata e quella vissuta. Condannano quindi, senza remissione, questo mondo falso e bugiardo, dove non si persegue in concreto alcuno degli ideali sbandierati e non si attua nemmeno uno dei principi solennemente enunciati nella famiglia, nella scuola, nella Chiesa, nella società. Cercano perciò di demolirlo con i mezzi che hanno a disposizione. Ora, se va certamente condannata ogni forma di violenza, bisogna pur riconoscere che il problema agitato dal mondo giovanile meriti una più attenta riflessione da parte di tutti. Bisogna ancora onestamente prendere atto che non è possibile dare ad esso una soluzione se prima non si è provveduto a compiere il rinnovamento totale della società nei suoi costumi e nei suoi istituti, rinnovamento che potrà avvenire solo attraverso l’opera concorde e tenace dello Stato, della stampa, dei media e, soprattutto, della famiglia e della scuola, ma di questo ci occuperemo prossimamente.
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