«Correva l’anno 1223 quando Francesco d’Assisi scelse l’umile paese montano di Greccio, affacciato sulla vasta conca reatina, per rievocare la nascita del Salvatore». Così in un incipit sul primo presepe della storia che il Poverello volle realizzare per raccontare agli uomini quella notte in cui fu data “Gloria a Dio nell’alto dei Cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”.
Greccio, luogo ricco di povertà, ebbe così il privilegio di vedere la realizzazione del Primo Presepe Vivente con l’attiva partecipazione di Giovanni Velita, signore di Greccio e amico devoto del Santo, nonché del popolo tutto che corse alle grida degli araldi inviati da Francesco ad annunciare l’evento.
L’importanza dell’evento era tale che, tra il 1295 e il 1299 Giotto lo dipinse nella tredicesima delle ventotto scene del ciclo di affreschi delle pareti della Basilica superiore di Assisi e relativi alle Storie di San Francesco.
E nella “Legenda di san Francesco”, scritta da Bonaventura da Bagnoregio, si legge: «Come il beato Francesco, in memoria del Natale di Cristo, ordinò che si apprestasse il presepe, che si portasse il fieno, che si conducessero il bue e l’asino; e predicò sulla natività del Re povero; e, mentre il santo uomo teneva la sua orazione, un cavaliere scorse il “vero” Gesù Bambino in luogo di quello che il santo aveva portato».
Da quella lontana notte il presepe ha percorso tutte le vie del mondo, grazie soprattutto ai Gesuiti che si fecero tedofori di questa commemorazione. Oggi le rappresentazioni del Presepe non sono soltanto italiane o europee, ma cinesi, giapponesi, australiane con i pastori in costume da bagno, indiane, africane dove la capanna con Maria, Giuseppe e il Bambinello è un tucul, o pellerossa con il teepee o esquimese con l’igloo. Ormai non vi è angolo della terra dove non ci sia un cristiano cattolico che ricordi con il suo habitat il racconto evangelico della nascita di Cristo.
E poi ci sono i pregevoli Presepi del settecento napoletano, una tradizione che si rinnova ogni anno e che vede in San Gregorio Armeno la fucina della nascita di quei pastori che, impagliati e vestiti, impreziositi con sontuosi abiti settecenteschi o poveri vestiti nella versione ceramica a freddo rappresentano una economia sociale e religiosa del popolo napoletano. Senza dimenticare tutto il contesto che fa Presepe un insieme di statuine, le casette, da sempre di cartone dipinto, e tutto il ben di dio che si riesce a mettere in mostra tra macellerie, salumerie, panifici, pizzerie e tavolate varie e su cui Domenico Rea, cantore della napoletanità, scrisse un pregevole articolo sul “presepe mangereccio”.
E ci sono stati e ci sono, in varie località, i Presepi viventi, vere rappresentazioni sceniche con personaggi, per lo più cittadini del borgo, che rivestono i panni dei pastori e si attivano, per le vie del borgo, in quei mestieri in uso in quell’epoca di grandi misteri.
Ed ogni anno si scopre qualche novità sul territorio, di paesi che si attivano a raccontare in qualche modo originale l’evento di quella nascita che vuole più buoni un po’ tutti gli uomini. Scriveva Rocco Scotellaro: «E’ bello fare i pezzenti a Natale perché i ricchi allora son più buoni: è bello il presepe a Natale che tiene l’agnello in mezzo ai leoni».
Così, superato, anche se non escluso dai festeggiamenti l’albero di Natale, a Baronissi hanno realizzato un presepe particolare, allestendolo nel Parco del Ciliegio, divenuto luogo magico e immaginifico di un messaggio eterno per gli uomini di buona volontà.
L’iniziativa nasce da un gruppo di cittadini che prima della pandemia, ormai naturale spartiacque tra modi di vivere, fecero “visita” al paesino di Talacchio, 600 anime, frazione del Comune di Vallefoglia, in provincia di Pesaro Urbino, nelle Marche, dove ogni anno viene allestito un particolare presepe, di arte povera. Vederlo e creare una sorta di gemellaggio del Natale fu un tutt’uno, così che in questo 2021 quel tipo di presepe è stato allestito anche nello splendido Parco del Ciliegio ai piedi del rassicurante Convento dei Cappuccini.
L’area impegnata non è piccola, così che le duecentotrenta figure di originali pastori (o figure presepiali) ad altezza uomo hanno trovato adeguato spazio. In pratica per oltre un mese e mezzo circa cinquanta persone, facenti parte di diverse associazioni del paese, si sono adoperate e tagliare, cucire abiti d’epoca, imbottire i manichini e rivestirli, tracciando i segni del volto sul tondo di stoffa della faccia mettendoli, infine, in posa in uno spazio caricatosi, d’improvviso, di immaginifiche suggestioni. Entrare in questo recinto presepiale è come entrare in una comunità viva, vibrante osservando i vari pastori in una dimensione di paese antico a richiamo di Betlemme, con il Mercato e le osterie, il banco del pesce e quello delle uova, il castello di Erode, i recinti delle pecore, le aie campestri dove abbonda la paglia e qualche cane realizzato dagli alunni delle scuole elementari con materiali riciclati. Su tutto, dal fondo della rappresentazione, in posizione centrale, domina la capanna della natività, con la mangiatoia, il bue e l’asinello, Giuseppe e Maria, due angeli osannanti. Manca, ovviamente, il bambino, ma, ha spiegato la consigliere comunale Angela De Divitiis, “la notte di Natale il Bambinello sarà posta nella sua culla di legno e paglia, mentre una stella cometa scenderà dall’alto del Convento sin sopra la capanna”.
E’ stato un lavoro corale, di un paese che si ritrova in una delle più belle tradizioni religiose del nostro Sud, e che ha visto la direzione scenografica di Gaetano Stella, personaggio a tutto tondo del mondo teatrale.
«L’albero e il presepe sono due segni che non finiscono mai di affascinare – sottolinea il sindaco Gianfranco Valiante – il presepe, in particolare, quest’anno rappresenta la maggiore attrazione del Natale a Baronissi, un’opera straordinaria e ancor più bella perché realizzata con il contributo di tutta la comunità. L’idea nasce da una visita al presepe di Talacchio che, realizzato in stoffa, è unico nel suo genere. Abbiamo condiviso questo progetto con la bella comunità marchigiana e lo abbiamo arricchito con scene di vita di Betlemme con l’utilizzo di materiali poveri ma di grande impatto artistico».
Intanto poco distante dal Presepe sono accese le luci del Giardino incantato e del grande abete scintillante di bianche luci, quale segno di speranza per un futuro più luminoso e meno ansioso. «E’ con questa speranza nel cuore – dice il sindaco Valiante – che Baronissi, prima cittadina della Valle dell’Irno, vuole accogliere i visitatori del Presepe delle suggestioni».