Si capisce chiaramente che i maldestri tentativi di sottrarre alla magistratura contabile il controllo concomitante sullo stato di attuazione del PNRR, con un semplice decreto, nascondono la difficoltà del governo di rispettare i tempi di spesa di un’agenda, peraltro ereditata dai precedenti esecutivi.
Dove la parte principale dei capitoli di spesa sono già instradati verso progetti confezionati dai soliti gruppi egemoni, i quali hanno fretta e non sono disponibili ad “essere intralciati” dai controllori, con il rischio di rallentare o impedire che si scoprano magagne.
La cosa rappresenta una grave violazione della Costituzione che all’art 103 recita: “La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”.
Creando una disparità di trattamento in queste materie, costituendo quindi delle aree di privilegio e di sottrazione del giudice naturale per fattispecie analoghe, a seconda dei finanziamenti ricevuti.
Una scorciatoia sospetta che nasconde evidentemente progetti frettolosi e fatti male, indirizzati peggio, da soggetti che vedono scorrere la clessidra delle scadenze come una pericolosa mannaia.
Probabilmente l’Italia non era pronta a gestire una messe di finanziamenti di questa portata, con dei vincoli così stringenti.
Una macchina pubblica caotica e frammentata, penalizzata da sedimentazioni legislative controverse, non ultimi i crescenti conflitti di competenza tra lo Stato centrale e gli Enti locali, andava riformata organicamente, con un disegno di grande respiro e non con un semplice decreto…
Troppo semplicistico e pericoloso cambiare le regole del gioco a gara iniziata, quasi a voler bloccare eventuali contenziosi.
Come se i giocatori durante una partita decidessero di espellere l’arbitro.”