Il più bell’articolo mai scritto sulla vecchia Roscigno. E’ di Andrea Semplici

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da andreasemplici.it

Roscigno, il paese che vuole risorgere
aree fragili, chiesa di San Nicola, Fondazione Responsabilità Etica, Italia, Roscigno, Rovigo. Campania, Terre di Mezzo di Andrea Semplici
Un piccolo premio. Per Roscigno, paese del Cilento. Un premio fotografico. Dedicato alle ‘aree fragili’. Da qualche anno a Rovigo, si riuniscono ricercatori per discutere delle regioni più fragili del nostro paese. La fragilità è anche bellezza. E’ debolezza, ma anche ‘delicatezza’. Bisogna avere attenzione per questa Italia lontana. Ho partecipato al concorso fotografico indetto dal convegno organizzato dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica, dalla provincia di Rovigo e dall’università di Trieste. Volevo ricordare Roscigno dove ero stato quasi un anno fa. Ne avevo scritto per Terre di Mezzo. Roscigno ha vinto il suo piccolo premio.

Anche questo volta chiedo scusa. Non è un post. E’ un lungo articolo. Troppo lungo per uno schermo. L’articolo è uscito qualche mese fa sulla rivista Terra di Mezzo. Da allora non so cosa sia cambiato a Roscigno. Ci sono le nuove elezioni. E qualcuno spera in un cambiamento. Mi auguro che avvenga.

La chiesa Madre di San Nicola

La frana non si ferma mai, cammina lenta, lenta, scende e la terra se ne scennia…la frana azzeccava sotto lu paese e mano a mano poi salia inta le case…
(Giuseppe Mazzei non c’è più, faceva il calzolaio a Roscigno)

Il paese fantasma

A distanza di giorni mi chiedo ancora se sono venuto via da Roscigno con addosso la malinconia di una storia senza lieto fine o con negli occhi la felicità di aver conosciuto un luogo meraviglioso. Rimarrò in bilico fra queste due sensazioni. Non riuscirò a darmi una risposta. Resta sottopelle lo stupore incredulo avvertito quando ho mosso i primi passi in piazza Giovanni Nicotera (era un mazziniano radicale, un garibaldino ribelle, che finì ministro dell’interno con Depretis e Rudinì). Non è una vera piazza. Non ne ha la forma. Non assomiglia a nessun’altra al mondo. Non ha selciato, è una grande radura, un campo a sbalzi, quasi una bella prateria. Sì, c’è la fontana (che è anche abbeveratoio e lavatoio), ci sono i platani, i fantasmi di vecchi olmi secolari, c’è il perimetro irregolare di case di pietra: alcune sono state restaurate, altre pericolanti, altre ancora sbriciolate. Di alcune si intuisce solo che c’erano. E poi mura crollate, travi spezzate, solai sfondati, scheletri di scale in legno. Tracce visibili di memoria. Ci sono portali di pietra, tegole di terracotta, insegne dei negozi scalpellate sugli architravi. Ecco la bottega dei Lorenzo, il bar Roma, il graffito della farmacia, la fucina del fabbro, le stalle, le cantine per l’olio, il vino, il grano. I fichi si ostinano a dare frutti. Qualcuno, ancor oggi, coltiva l’antico orto di famiglia. Altri usano le case deserte come stalla per vacche e porcilaie.

Don Nicola nella vecchia chiesa Madre
E poi c’è la chiesa. San Nicola. La grande Chiesa Madre. Settecentesca. Quasi maestosa. Ferita da un incendio più di duecento anni fa. Pericolante per decenni. Tre navate, soffitto affrescato in legno, ricca di altari, facciata da basilica spagnola. Chiesa del Sud. Geometria elegante, campanile tozzo. Sconsacrata. Abbandonata quasi mezzo secolo fa, architetture interne in rovina. Rimarrei a guardarla per ore. Mi appare bellissima. E so che i ragazzi del paese, nelle notti di estate, stanno in questo prato-sagrato a bere birra, a baciarsi, a fare chiacchiere notturne e a sognare futuri possibili. A sera si alza un vento leggero. L’aria si rinfresca. Si sta seduti su un gradone di pietra. Il silenzio è assoluto. E’ bellezza, questa piazza.

ll paese fantasma
Roscigno Vecchia è una ghost town. L’ultima abitante, amatissima, la vecchia Teodora, Dorina, è morta più di dieci anni fa. Ora rimane Beppe. Un libero abusivo, si definisce. Arrivato qui, con brutte storie alle spalle, una decina di anni fa. Grande barba, capelli lunghi, occhi astuti e beffardi. Simpatico, a modo suo. Gioca, con abilità, a fare lo gnomo. Pipa in bocca, grandi improbabili cappelli in testa, abiti variopinti (tute mimetiche o sgargianti camicie e cravatte). Si è autonominato custode e guida. Ha le chiavi delle stanze (affidate alla Pro Loco) in cui sono stati raccolti gli oggetti dei vecchi contadini. E racconta le sue storie. Lo lasciano fare. Lo incoraggiano. Chi scopre il paese abbandonato, parla volentieri con Beppe. Lo fotografa in ogni modo. Beppe sa bene di essere una star. E se la gode. Lo saluto. Evito la sua guida e cerco di smarrirmi fra i vicoli del paese che non c’è. Scopro che Roscigno Vecchia non è folclore. E’ storia. Per assurdo, mi appare un paese vivo. Devo capire dove sono finito.

Ingresso a Roscigno Vecchia
Benvenuti al Sud. Montagne del Cilento. Costone dei monti Alburni. Spettacolari le sorgenti del fiume Sammaro nascoste in una grotta. Roscigno significa usignolo. Provincia di Salerno, qui però si parla un dialetto potentino. Questa è più Lucania che Campania. Distante un’ora e mezza dal mare. Ma questa estate una sola strada arrivava a Roscigno. Frane perenni (l’ultima quasi un anno fa) hanno interrotto le altre due strade. Vie d’accesso chiuse, ma, in realtà, ben aperte. Percorse da tutti. Polizia e vigili urbani compresi. I divieti qui non valgono. Si viaggia su asfalto in frana. Solo le corriere non ce la fanno a passare. ‘Roscigno è irraggiungibile’, ripetono, come un mantra sconsolato, nei bar del paese. E’ venuta anche Striscia la notizia a raccontarlo. 861 residenti (sono meno, in realtà) a Roscigno Nuova (mezzo chilometro più in alto dal paese in rovina), un solo bambino nato nel 2011. 284 roscignoli hanno più di 65 anni. 36 stranieri (rumeni, per lo più. Fanno le bandanti e i muratori). Non è un paese povero. Ha una banca in grande salute (nome chilometrico: Credito Cooperativo di Monte Pruno, di Roscigno e Laurino, 260milioni di euro di raccolta, dieci filiali, affari che guardano alle valli lucane) e, paradosso delle strade, una florida società di trasporti. ‘Sono io l’economia del paese’, mi dice Maria Luisa Pecori, amministratrice e proprietaria delle Autolinee Pecori. Ma avverte: ‘Me ne andrò da qui se non posso più arrivarci con le corriere’. Sobbalzo a leggere Wikipedia. C’è scritto: ‘amministrazione insolita’. Mi spiegano: ‘Ribaltoni. Opposizione che va con la maggioranza. E viceversa’. Liti e risse di paese, insomma. Vecchi rancori incancreniti. Qua la politica è storia di famiglie. E di potentati locali con onorevoli (per lo più di centrodestra) di riferimento. Un gruppetto di ragazzi quarantenni sta cercando di mandar all’aria questi equilibri immutabili. Impresa tosta, mission quasi impossibile. Ultima notazione (doveva essere la prima?): questo è il paese della famiglia di Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl. Qui è nato il padre. Proprio a Roscigno Vecchia. Unica sede politica è un circolo della scomparsa Alleanza Nazionale. In consiglio comunale siede Pino Palmieri, che fa anche il consigliere regionale nel Lazio per la lista Polverini (e una targa ricorda che ha donato al paese una Madonnina che sta di fronte alla chiesa). Paese doppio, Roscigno. Interessa questa contorta carta d’identità del paese nuovo? Ha conseguenze sul destino del paese vecchio? Sì, credo di sì.

La storica dell’arte Maria Laura Castellano

Maria Laura Castellano, 52 anni, napoletana, si era appena laureata in Storia dell’arte quando, poco meno di trent’anni fa, a bordo di una 127 azzurra arrivò nella grande piazza. Era il dopo terremoto dell’Irpinia. Frenesia da ricostruzione. Era stata appena creata la nuova Soprintendenza per i beni archeologici di Salerno-Avellino. Nel 1982, un giornalista del Mattino, Oronzo Volzone, aveva ‘riscoperto’ Roscigno Vecchio. L’aveva definita ‘la Pompei del ‘900’. E Maria Laura venne in esplorazione su incarico della Soprintendenza. ‘Non c’era nessuno nella piazza. Mi sedetti per riprendermi dalla sorpresa. Non capivo niente. Avevo studiato antropologia, ero appassionata del mondo contadino e ora la storia era davanti ai miei occhi’.
Roscigno Vecchia è figlia e vittima di una frana. I torrenti Maiuri e Piano precipitano verso il fiume Ripiti, scavano nell’argilla, si infiltrano sotto le case, rendono, da sempre, instabili queste colline scoscese. Questa è l’Italia fragile. L’Italia ai margini. La frana avanza da sempre. Il paese ha cercato di sfuggirne camminando. Si è spostato almeno due volte, forse tre, nella sua storia. Le piogge trascinavano il paese verso il basso, i contadini cercavano di aggrapparsi ai pianori più a monte. Demolivano le vecchie case, usavano le pietre per costruire le nuove. Va avanti così da più di cinquecento anni. ‘La frana non si ferma mai, cammina lenta, lenta scende e la terra se ne scennìa…la frana azzeccava sotto lu paese e a mano a mano poi salìa inta le case’, così, anni fa, raccontava la storia del paese il vecchissimo calzolaio Giuseppe Mazzei. ‘Ma Roscigno Vecchia non voleva e non vuole morire – è certa Maria Laura Castellano – La piazza è splendida. I suoi abitanti sono stati ostinati. Fino a che è stato possibile hanno vissuto come se i secoli non passassero. Era un paese cristallizzato’. ‘I roscignoli non se ne volevano andare, sono stati costretti’, mi dice Katja Stasio, che ha scritto la sua tesi di laurea sulla storia dell’esodo dal paese vecchio.
Alla fine ha vinto la frana. Nel 1820 crollano, tutte assieme, trenta case. E, anno dopo anno, pezzi di paese vengono inghiottiti dai torrenti. Ma solo agli inizi del ‘900 due leggi speciali obbligano gli abitanti a migrare. Roscigno deve spostarsi. Ordine disatteso dai più per almeno sessanta anni. E chi mai aveva i soldi per costruirsi una casa più a monte? Si parte per le Americhe invece che salire di mezzo chilometro la montagna. Roscigno Vecchia, senza luce, acqua corrente o fogne, viene realmente abbandonata solo negli anni ’60 del secolo scorso. Gli emigrati in Svizzera o negli Stati Uniti hanno mandato i soldi al paese. Era possibile permettersi il lusso di una nuova casa. La chiesa venne sbarrata, i vicoli diventarono un deserto. Resistettero i vecchi. Fino all’ultimo. Fino a zi’ Luigi con la ‘nazionale’ fra le dita. Fino a Grazia che lavava i panni nella fontana. Fino a Dorina che lasciò l’abito da suora per ‘pregare meglio Dio’ nella natura del Cilento. Furono gli ultimi tre abitanti di Roscigno.

Le antiche case
Maria Laura, vent’anni fa, raccolse attorno a sé i ragazzi del paese. Ha passato anni a recuperare gli attrezzi dei contadini, i mobili delle antiche case, gli oggetti di una vita scomparsa. Ha organizzato mostre. Nacque, allora, la Pro Loco. C’era entusiasmo. Sembrava davvero che il paese potesse rinascere. Diventare un museo vivente. Si sognavano campus per geologi e architetti.
Il paese è location perfetta per film e sceneggiati. Pochi mesi fa, Mario Martone vi ha girato ‘Noi credevamo’. Alla fine, nel nuovo millennio, spuntarono perfino gli americani. Pronipoti di paesani emigrati. Tornati a Roscigno per un’estate, si innamorano delle case dei nonni. Vogliono salvarle. Creano una fondazione. Utilizzano internet per un tam-tam fra i roscignoli nel mondo. Si fanno progetti di restauro dei vecchi edifici.
Nella grande piazza, per una notte, atterra anche Pippo Baudo. Lo nominano ‘ambasciatore di Roscigno’. Ma il presentatore non tornerà mai più da queste parti. Alla fine, i notabili del paese contattano i referenti politici. Arrivano i soldi. Tanti. Troppi. Nessuno mi ha confessato una cifra verificabile. Per sette anni, dal 2000 in poi, qui, a dar retta ai bene informati, sono piovuti dai cinque ai dodici milioni di euro. Alcune certezze: un milione di euro (999.205,15 euro) per la ‘messa in sicurezza del centro storico’. 481.960,46 euro per il restauro di ‘ un edificio storico del borgo rurale’. Mancano, in questo caso, 70mila euro e il Comune raschia il suo bilancio per trovarli. 78.876,25 euro per la ‘sistemazione del sentiero pubblico’ Casalicchio. Che questo inverno è nuovamente invaso da una slavina di pietre. C’erano prestigiatori dei Fondi europei nel governo regionale di Bassolino: Roscigno Vecchia, maledetta dalla frana, è benedetta dai soldi. Si scatenano appetiti, avidità, sospetti. Volano accuse di tangenti. ‘Qui è piovuta una montagna di soldi – si arrabbia Katiuscia Stasio, 37 anni, brava giornalista locale – Si è perso la testa. Non hanno saputo gestirli’. Il giocattolo si rompe. Maria Laura Castellano scrive un bel libro sulla storia di Roscigno, ma lascia il paese. Si immalinconisce perfino il vecchio soprintendente Mario Decunzo, vero protagonista del sogno della rinascita del vecchio borgo. Torna a Roscigno dopo trent’anni e sussurra: ‘Forse era meglio lasciarlo morire in pace’. I restauri appaiono scoordinati, privi di un progetto, di un’idea. Le antiche finestre vengono sostituite da vetrate. Si ricostruiscono scale per raggiungere il tetto di una casa: diventano impraticabili appena pochi mesi dopo. Le case in rovina rischiano di trascinarsi dietro quelle appena consolidate. Anche gli americani sembrano perdere entusiasmo: hanno dato mano (meno di ventimila dollari, a prestare fede alla Pro Loco) a risistemare un paio di case, ma ora sembrano delusi. ‘Non ci sono risorse umane, non ci sono imprenditori che vogliono investire – sostiene Franco Palmieri, 59 anni, presidente da sempre della Pro-Loco, ex-vicesindaco, vicepresidente della banca locale – Io sogno ancora il museo all’aperto’. Ma nei bar del paese si accusa la Pro Loco di aver creato un regno a parte a Roscigno Vecchio. Guerra di fazioni, di famiglie, di consiglieri comunali.

Gli abitanti di Roscigno
Allora vado a parlare con Michele Albanese, 56 anni, direttore della potente banca locale: ‘Io sono nato a Roscigno Vecchio. L’anno prossimo festeggeremo lì i cinquant’anni della banca. Spenderemo centomila euro. Amo quelle case. Due anni fa ho detto a tutti: voglio un progetto, fate una società, mettete assieme il Comune e i privati, datemi un responsabile e la banca sarà dietro la rinascita del vecchio paese. E’ tutto svanito dopo la prima riunione’. ‘Ha chiesto la sola cosa che era certo non avrebbe ottenuto’, mi replicano in paese. Malinconia per malinconia. Non vi dirò chi mi ha detto quanto sto per scrivere. Ma ne sono rimasto colpito, ho scacciato il pensiero, ma mi ha sfiorato il sospetto che avesse ragione: ‘Avrei preferito che il paese vecchio fosse scomparso. Che la frana se lo fosse portato a valle per davvero. I guai di Roscigno sono cominciati quando qualcuno ha pensato che si poteva fare i soldi con quelle case in rovina’.

Si preparano i fusilli a Roscigno Nuova
Ingresso a Roscigno Vecchia. Ingorgo di cartelli. Contradditori. Un’ordinanza (disattesa, ignorata) del Comune vieta di ‘accedere o avvicinarsi imprudentemente’. Ma poi si ricorda che qui siamo nel Parco del Cilento. Un altro cartello celebra la ‘valorizzazione degli Alburni’. E ancora, a sorpresa: questo territorio è patrimonio dell’Unesco. La strada che attraversa il paese vecchio è una di quelle chiuse, ma tutti, per andare verso Salerno, passano da qui. E in piazza Nicotera, da un paio di anni, si elegge una delle tante Miss Sud.
I ragazzi di Roscigno hanno altro per la testa. Legambiente, forte in Cilento, organizza campi di lavoro. In agosto c’è un festival musicale, si chiama Blood Ties, ‘Legami di sangue’. ‘Noi ci sentiamo figli di Roscigno Vecchia’, mi dice Katiuscia Stasio. No, nel bene e nel male, il paese vecchio non vuole morire. I ragazzi tengono duro, cercano di conservare una memoria sempre più labile. Tonino, Mimmo, Vito, gente di quarant’anni, mi parlano con passione della loro terra. Si occupano di informatica. Raccontano di vedere il futuro di Roscigno nelle tecnologie. Su Facebook, le pagine della politica roscignola hanno 396 iscritti. Un agguerrito blogger locale vanta 87mila contatti in tre anni. Qui, anche i vecchi sanno di web, blog e you tube. Sono io a sentirmi preistorico quando parlo con loro.

Wi-fi a Roscigno

Chiedo in giro: ‘Ma voi che ci fareste a Roscigno Vecchia?’. ‘Il modello è Civita di Bagnoregio – mi dice Tonino Crisci, 38 anni, informatico a Roma (ma appena può si precipita al paese) – Un paese che riviva. Un ristorante. Qualche negozio. Un luogo che deve rinascere’. Domando al sindaco Luca Iannuzzi, 65 anni, ex-provveditore agli studi (vive a Salerno, sale di rado al paese, non ci dorme mai). Risponde: ‘Gli sponsali’. Prego? ‘Sì, ci farei i matrimoni. C’è già un’agenzia a Salerno pronta a organizzare ogni cosa’. ‘No al matrimonificio – replica il parroco, Nicola Coiro, 37 anni, gioviale e simpatico – Il paese va lasciato così com’è. Va salvata la memoria contadina’. ‘Un outlet’, mi dice al bar, il giovane (29 anni) vicesindaco Benito Resciniti. Spero che scherzi. ‘Lascerei in piedi solo le facciate’. E me lo dice (seriamente?) Michele Palmieri, il padre di Pino, il consigliere regionale del Lazio, che a Roscigno fa l’assessore esterno ai lavori pubblici (ricordate: qui la politica è un feudo di famiglie). Lucia Conte, 64 anni, organizza festival di poesie al paese: ‘Tornerei a vivere là. Quel paese non deve scomparire’. ‘Salvaguardare la memoria, averne cura’, si acquieta Katiuscia Stasio.
Già, averne cura. Penso che questa dovrebbe diventare una storia femminile. Le sere ho vagato per i bar del paese: solo uomini. Cena della Pro-Loco: solo uomini (cucina splendida di due donne che ho appena intravisto). Acceso consiglio comunale, sala stracolma: solo tre donne. Di cui due sempre silenziose. Luogo comune sul Sud? Paese machista? Guardate allora le associazioni paesane: Le Roscignole e Roscigno Più (entrambe provano a fare cultura) sono composte da sole donne. Santa Venera, associazione parrocchiale: quasi tutte donne. Legambiente, bella presenza di donne. Don Nicola è d’accordo: ‘Roscigno sarà salvata dalle donne’. Anche Roscigno Vecchia?

Il vecchio cimitero di Roscigno

Vado al cimitero abbandonato. Una sola croce. In ferro. Nel 1937, qui, è stato sepolto Nicola Resciniti. Almeno lui non è andato altrove. C’è pace. Scendo di nuovo fino alla grande piazza del vecchio paese. Beppe capisce che è bene lasciarmi in pace. Tramonto struggente. La facciata della chiesa si incendia di sole. Non so cosa augurare a questo paese. Si sta bene qui. Ricordo che Vito, nuovo amico di Roscigno, un tipo tosto, mi ha detto: ‘Vengo qui quando ho pensieri. Ed è come se mi sedessi di fronte all’oceano. E’ bellissimo’. Penso che Roscigno Vecchia sia un bene comune. Riusciranno i roscignoli a gettar via malanimi e risentimenti? Questa piazza regala nostalgia, memoria, serenità. Felicità, credo. A notte, potrei giurarlo, il paese sembra davvero a rivivere.
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6 commentsVai al modulo dei commenti ↓

beat
15 aprile 2012 a 21:05 (UTC 2)
Rispondi
Complimenti Andrea, bel servizio fotografico. Se sei abituato a girovagare tra aree fragili campane potremmo cominciare una breve collaborazione.
Puoi chiedere i miei dati a Giorgio.

Maddalena Zampitelli,
l’altra Vincitrice del concorso Aree Fragili

PEPPMARTIN
2 maggio 2012 a 13:25 (UTC 2)
Rispondi
¡¡¡Chapeau!!! by un Roscignolo;)

Andrea Semplici
5 maggio 2012 a 8:31 (UTC 2)
Rispondi
Grazie, Pepp…..un giorno dovremo pur trovarci a Roscigno….
Abbiate davvero cura del vostro paese.

Gennaro D’Aria
7 febbraio 2013 a 16:35 (UTC 2)
Rispondi
A Roscigno è nato mio padre nel 1909 e mi è molto cara.

Gaetana
4 aprile 2015 a 14:17 (UTC 2)
Rispondi
maria, ti ricordo sempre con tanto affetto! cara amica di Roscigno.

Andrea Semplici
4 aprile 2015 a 15:09 (UTC 2)
Rispondi
Chissà se Maria leggerà mai questo commento a un vecchio post….grazie, Gaetana

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