Di Bartolo Scandizzo Quante volte i non più giovani delle generazioni nate nel dopo guerra si sono sentite ripetere che “il pezzo di carta”, inteso come diploma o laurea, era il passaporto e l’ascensore per salire nella scala sociale? Una certezza, questa, che affondava le sue radici nelle condizioni di indigenza culturale e molte volte economiche in cui si trovava la stragrande parte delle famiglie di contadini, braccianti, piccoli artigiani, commercianti e pastori. Salire sull’ascensore sociale garantiva, oltre all’elevazione del tenore di vita del neo professionista, anche la qualità della vita, di riflesso, dell’intero nucleo familiare inteso in senso allargato fino a coinvolgere l’intera comunità di appartenenza. Basti pensare solo ai casi del medico o dell’avvocato ai quali parenti e amici potevano rivolgersi con minore timore riverenziale. Infatti, è stato lo spirito di emulazione, a volte di invidia, a smuovere significativamente dalle condizioni di partenza intere generazioni di giovani nati durante e dopo l’ultima guerra mondiale. Nel Cilento e nel Vallo di Diano, negli anni ’30, ’40 e ’50, il monopolio del “pezzo di carta” apparteneva alle strutture religiose come i seminari diocesani. Per cui, la stragrande maggioranza della classe dirigente che ha fatto il bello e cattivo tempo nella “terra dei tristi” si era formata nei seminari. Da un po’ di anni, invece, vedere giovani diplomarsi e laurearsi è diventata una prassi consolidata per i giovani del nostro territorio e per le loro famiglie. Tutto ciò è stato favorito dalla diffusione di scuole superiori, anche in piccole realtà (Torre Orsaia, Piaggine, Campagna, Roccadaspide, Teggiano, Sapri, Sala Consilina …) consentendo la frequenza e il conseguimento del diploma ad un esercito di giovani altrimenti destinati ad altri “futuri”. Questo ha consentito un balzo in avanti al livello culturale del Cilento e Vallo di Diano inimmaginabile per diffusione e radicamento. Negli ultimi 10 anni, anch’io ho assistito alla discussione di tesi di laurea di componenti della mia famiglia. Al di là delle discipline argomento di studio, la costante è stata sempre la stessa: frotte di vocianti parenti e amici a fare da cornice all’evento della consegna della pergamena. Ho potuto constatare che, come accadeva ai miei tempi, l’atteggiamento di una partecipazione “attiva” degli “invitati” è sempre più chiassosa e vociante. Il tempio della scienza e della cultura che è l’università è trasformata in un bivacco di persone interessate solo al proprio “pupillo” che viene sbaciucchiato in ogni dove, appena licenziato dalla commissione, mentre altri candidati si sottopongono alla prova. Gli stessi protagonisti “neodottori” in qualcosa, non perdono l’occasione per esercitare il loro diritto di prim’attore senza dare nessun peso alla “scienza” degli altri colleghi. Dopotutto, lo stesso avviene per matrimoni, funerali, cresime e prime comunioni nella chiese, e in tante altre occasioni similari. In fondo, se pure non è così, si ha l’impressione che la cosa più importante è portare a casa il “pezzo di carta” che dà accesso, dopo anni di sacrifici e studio, al mondo delle professioni. Resta però l’amaro in bocca nel vedere sciupato un momento “sacro” che è il culmine della carriera scolastica e meriterebbe ben altra attenzione da tutto il mondo accademico, dai protagonisti e, soprattutto, da amici e parenti che hanno tutto il tempo di festeggiare la sera al ristorante e giorni a venire a casa e in giro per la vita!
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