Dopo tutto o in principio di tutto … il Parco dovrebbe essere la nostra bussola ed anche la nostra stella: due elementi essenziali per orientare chiunque vive nel territorio compreso nel perimetro dell’area protetta che lo delimita senza chiuderlo al mondo prossimo e remoto.
Ecco perché l’indifferenza con la quale semplici cittadini e cittadini che ricoprono incarichi di responsabilità politica e di classe dirigente sorprende prima che deprimere!
Infatti, non è dato sapere quando si concluderà la telenovela (vicenda inutilmente protratta e complicata) alla quale, obtorto collo, siamo costretti a fare da impotenti spettatori, del rinnovo delle cariche di presidente e consiglio direttivo del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni (PNCVDA).
Prima poi dovrà accadere che la normale vita istituzionale dell’ente dovrà e potrà riprendere nell’indifferenza generale come se si trattasse di un rito celebrato solo per i pochi addetti ai lavori. In fondo, è quello che accade in ogni momento di scelta di chi dovrà assumere su di sé l’onere di governare, su delega dei cittadini, di destini di piccole e grandi comunità.
L’inizio della nostra avventura editoriale che in termini temporali coincide proprio con l’istituzione dell’ente Parco, nel lontano 1995, ci rende, al contrario, molto sensibili alle tematiche che riguardano l’ente Parco. Ecco perché continuiamo ad occuparcene con continuità dando molto spazio alle vicende che attengono alla vita politico-amministrativa che, nonostante tutto continua a produrre effetti sulla vita reale del territorio.
Infatti, dopo il raggiungimento dell’età “adulta” del PNCVDA, sarebbe opportuno fare il punto su come la sua creazione abbia inciso sul territorio compreso nel perimetro dell’area protetta 2^ in Europa per estensione, se si considerano anche le due aree marine collegate, Baia Infreschi e Masseta e Santa Maria di Castellabate.
Comunità del parco, Comunità Montane, Comuni con il territorio interamente nel perimetro e Comuni con il territorio parzialmente nel perimetro, Comuni delle aree contigue, Problematiche delle aree interne, sistema della Proloco, Regione Campania, Provincia di Salerno, Diocesi di Vallo della Lucania e Teggiano – Policastro, Piani di zona, Associazioni ambientaliste e culturali, Sistema turistico e delle imprese grandi e piccole, Sistema scolastico, patrimonio UNESCO …
Tutti soggetti fatti oggetto di analisi e proposte nel piano del Parco appena rivisitato e rimesso nel cassetto.
Si tratta della galassia con la quale chi ha l’ambizione di governare il parco più antropizzato d’Italia deve fare finalmente i conti oltre a diventarne punto di riferimento istituzionale e promotore dell’unico sviluppo possibile: quello sostenibile.
Al contrario, continuare a immaginare di gestire i rapporti a tu per tu e confacente all’indole codificata nel pressapochismo con il quale ci qualificano ad altre latitudini, vuol dire stare fermi senza nella direzione voluta dal legislatore che volle gettare il cuore oltre la siepe con l’istituzione dell’ente.
Chi vive da un quarto di secolo le vicende del parco da vicino, ricorda bene le varie fasi attraversate: l’entusiasmo della costituzione da parte dei promotori e buona parte degli amministratori che intuirono i risvolti positivi in termini economici e sociali per l’intera area; l’impegno per costruire la struttura amministrativa e, contemporaneamente, assumere le decisioni relative alla traduzione in regole dei principi indicati nell’atto costitutivo; la gestione ordinaria che avrebbe dovuto consolidare l’abbrivio iniziale e far diventare effettiva la presa di coscienza dei cittadini di essere “fortunati” a trovarsi a vivere in un’area caratterizzata dallo “splendido isolamento” in cui era stata costretta dalla storia dove la qualità dell’ambiente avanzava di pari passo con quella della vita di ogni residente.
Furono Vincenzo La Valva e Gino Marotta, presidenti dell’ente e della comunità del parco; con Domenico Nicoletti, come direttore; a dare l’abbrivio operativo al Parco.
Con la nomina di Giuseppe Tarallo, cominciarono ad evidenziarsi le prime crepe tra la gestione e la comunità del parco ben dissimulate da Nicoletti e Marotta. I tre dovettero ricompattarsi reggere l’onda d’urto provocata dal 2° governo Berlusconi che “destituì” Tarallo, nominò un commissario e provocò la reazione si quasi tutti i sindaci del Parco che scesero in piazza con la fascia tricolore a Vallo della Lucania.
Il “tesoretto” di quel grande sostegno fu vanificato in breve tempo e cominciò il declino. Tarallo non riuscì a difendere la riconferma di Nicoletti e subì la nomina di Angelo De Vita, ingegnere di Pellare, docente universitario a L’Aquila. A fine mandato per Tarallo, dopo un lungo “braccio di ferro” tra il ministro Pecoraro Scanio, che voleva confermare Tarallo, e Antonio Bassolino che voleva sostituirlo; si arrivò alla nomina di Domenico De Masi, filosofo e presidente della Fondazione Ravello.
De Masi capì subito che c’era necessità di una svolta nella direzione di coinvolgere fortemente il territorio e si mosse subito in tal senso … con il ritorno al governo di Berlusconi, divenne ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo alla quale De Masi chiese una esplicita reinvestitura che non arrivò! Così De Masi lasciò e la Prestigiacomo nominò, con l’accordo di Bassolino, Amilcare Troiano.
L’Avv. Troiano, già presidente al parco del Vesuvio, navigò con disinvoltura nel mare agitato della politica locale non dispiacendo a nessuno. De Vita teneva in mano la leva amministrativa e lui si rapportava con tutti i soggetti senza mai assumere su di sé un ruolo decisivo per continuare l’opera avviata da De Masi: luce si spense rapidamente ….
La malattia che lo colpì limitò ancora di più il suo impegno. A scadenza di mandato, come al solito, fu nominato commissario e le redini dell’ente furono completamente in mano a De Vita che dovette gestire, in piena emergenza istituzionale, sia la partecipazione all’Expò 2015 a Milano sia il trasferimento a palazzo Mainenti del Parco nel centro di Vallo della Lucania.
Infine arrivò la nomina di Tommaso Pellegrino a presidente! Ex deputato verde e sindaco in carica a Sassano; animato dalla volontà di azzerare tutto! Subito, per dare un segnale forte, mise da parte De Vita, giunto a fine del suo 2° mandato.
Partì con idee forti da tradurre in atti e progetti … Nominò Giovanni Ciao, responsabile delle pubbliche relazioni dell’ente, come facente funzioni del direttore e provocò il ricorso di Romano Gregorio che si rivolse alla giustizia amministrativa per far valere il suo diritto a subentrare a De Vita: ebbe ragione e Pellegrino dovette fare buon viso a cattivo gioco: il suo!
Dopo circa due anni nel ruolo di facente funzione, Gregorio fu nominato direttore a tutti gli effetti proprio su proposta di Pellegrino e voto unanime del consiglio.
Tra incarico di sindaco e lavoro di medico a Napoli, Pellegrino sedeva fisicamente sulla poltrona di presidente solo il giovedì … al suo fianco ha avuto anche la fortuna di veder rivalutato il ruolo dei sindaci nel consiglio direttivo che, considerato il fatto che sia lui che Gregorio lo erano a loro volta, la stragrande maggioranza era fatta di sindaci!
Questo fattore, che doveva essere decisivo rispetto al passato, non ha inciso sulla necessità di cambiamento necessaria per riannodare il “rapporto” tra l’istituzione parco né con i cittadini né con la Comunità del parco presieduta da Salvatore Iannuzzi, anzi è successo il contrario. Ma il fatto più grave è stato l’aver trascurato ogni tipo di azioni per “riaccordare” l’opinione pubblica con l’idea stessa dell’area protetta. Se oggi si facesse un sondaggio sul gradimento dell’istituzione dell’ente parco, il risultato sarebbe molto deludente: i giovani del territorio lo conoscono poco e i meno giovani, soprattutto quelli che lo vollero con determinazione, si direbbero delusi.
Al Parco è mancata la politica, quella cosa che gli 8 sindaci impegnati nel consiglio direttivo dovrebbero maneggiare con disinvoltura visto il ruolo che ricoprono nelle comunità dalle quali provengono.
In fondo i sindaci consiglieri hanno giocato con il solo schema che conoscono a memoria: gestire, fin dove è possibile; convivere, finché c’è speranza; resistere, senza perdersi d’animo …
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