Secondo Wikipedia, l’enciclopedia libera on line, il turismo è “il complesso delle manifestazioni e delle organizzazioni relative a viaggi e soggiorni compiuti a scopo ricreativo o di istruzione”. Al centro dell’esperienza turistica è il “turista” definito dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (World Tourism Organization, Agenzia specializzata delle Nazioni Unite) come colui che viaggia in paesi diversi dalla sua residenza abituale e al di fuori del proprio ambiente quotidiano, per un periodo di almeno una notte ma non superiore ad un anno e il cui scopo abituale sia diverso dall’esercizio di ogni attività remunerata all’interno dello stato visitato. In questo termine sono inclusi coloro che viaggiano per: svago, riposo e vacanza, visite ad amici e parenti, motivi di affari e professionali, di salute, religiosi.
Più volte, nel corso dei miei studi universitari, mi sono chiesto se davvero il nostro territorio può campare di turismo. Negli ultimi decenni le strutture ricettive sono aumentate di numero e per la qualità dei servizi offerti. Ho sempre creduto nella vocazione turistica del nostro territorio, e quando parlo di turismo mi riferisco a quello enogastronomico, religioso, culturale. Manca ancora un po’ di organizzazione a mio avviso, e mancano pure alcuni servizi che i turisti cercano e non trovano. Viviamo in un territorio, quello del nostro Parco, ricco di biodiversità ed incontaminato fino a prova contraria. I campanilismi piano piano si stanno superando, piano piano stanno scomparendo, le sinergie iniziano a funzionare e a dare i primi frutti. Tutto questo dovrebbe portare nel breve-medio periodo importanti ricadute occupazionali nel settore. In effetti ancora manca una vera programmazione da parte delle istituzioni competenti. Su Matera 2019 ad esempio, il nostro territorio è in colpevole ritardo. Qualcosa si sta tentando di fare come al solito in fretta e furia e all’ultimo momento. Altri territori si sono già organizzati da tempo con dei pacchetti ad hoc. Eppure dovremmo essere noi la cerniera, ma invece… Siamo alle solite… Un altro treno sta passando (non quello della Sicignano-Lagonegro, ovviamente) e noi non lo stiamo prendendo, e nella migliore delle ipotesi lo prenderemo al volo. E un altro anno si sta avviando con le stesse criticità di quello appena passato.
Il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni è stato visto per anni come un freno allo sviluppo locale. Solo vincoli e nessuna opportunità. Forse oltre all’organizzazione e alla programmazione, manca pure una visione. Non si tratta di essere veggenti ma lungimiranti!
In altri posti simili al nostro si vive eccome di turismo. In altri posti si valorizzano i prodotti di eccellenza facendoli vivere in simbiosi con l’intero territorio. Il segreto è che unendo più prodotti si riesce a promuovere il brand di un intero territorio in maniera univoca. C’è molto ancora da fare, anche se per la verità, qualcosa inizia a muoversi in questo senso. E’ un discorso molto legato alle competenze.
Per fortuna alla guida del Parco da alcuni anni si è insediato Tommaso Pellegrino che ha molto a cuore la valorizzazione dell’intero patrimonio ricadente nell’area protetta. E quando parlo di patrimonio mi riferisco a quello sia materiale che immateriale. Mi riferisco anche alle risorse umane che pure meritano di essere valorizzate insieme al territorio in cui vivono. Purtroppo però ci sono ancora troppe criticità, troppi “freni” allo sviluppo locale e soprattutto troppe “frane” che impediscono uno sviluppo omogeneo di progetti di lungo respiro ecosostenibili.
Le nuove generazioni che hanno più titoli e competenze di quelle che le hanno precedute, hanno bisogno di sentire che questo territorio lavori per farli rimanere. La situazione del mondo è talmente precaria e indecifrabile che a casa propria ci si sente più protetti. I figli hanno bisogno di essere stimolati forse un po’ più dei padri, ma per rimanere c’è bisogno anche di opportunità serie e concrete. Non aspettiamo che arrivi il Reddito di cittadinanza a risolvere tutto, il Reddito di cittadinanza da solo non basta. I giovani hanno bisogno di occasioni per mettere in mostra le proprie capacità e soprattutto hanno bisogno di qualche certezza in più che ancora non si vede all’orizzonte. Ne hanno bisogno per avere almeno un minimo di libertà di scelta per poter decidere in serenità se partire o rimanere.