Per dare parvenza di rispettare le posizioni più disparate da settimane nei salotti televisivi si trascina un dibattito che conferisce ai partecipanti la sensazione di essere pervenuti allo status di esperti militari, versati nella tattica e nella strategia, abili psicologi che sanno leggere nella mente di un capo isolatosi ed inavvicinabile. Tanti di loro sono pronti a decidere in nome e per conto di un popolo che, invece, sta dichiarando concretamente sotto le bombe che la sua principale aspirazione è la libertà di decidere.
Si dà la parola anche a chi è pronto a mistificare ogni evidenza pur di sostenere la propria tesi nulla facendo per illuminare le coscienze e far emergere la verità. Si è spettacolarizzata la guerra trasformandola in una cornice del messaggio commerciale, situazione quanto mai contraddittoria. Infatti, in questi salotti televisivi ogni quarto d’ora di distruzioni e di lacrime è intervallato da una ammiccante pubblicità che esalta la bontà dei prodotti quotidiani che rendono piacevole vivere nel dorato Occidente!
Ci stiamo interrogando su che fare: intervenire anche militarmente? Rifornire di armi? Boicottare l’invasore? Di fatto, attualmente l’unica cosa possibile è aiutare con tatto e generosità cristiana i profughi e, contemporaneamente diffondere la verità, far conoscere la situazione se non altro per svelare le ipocrisie di chi intende strumentalizzare anche questa tragedia.
A questo proposito una favola da millenni ci mette in guardia da episodi come quello che gli Ucraini stanno vivendo e al quale noi assistiamo nella quotidiana ubriacatura telematica. Da Esopo a Jean de La Fontaine sono molteplici le versioni di “Il lupo e l’agnello” per descrivere una situazione che affligge l’umanità rendendo alle madri un incubo i giorni, distruggendo ai bambini i sogni, la speranza all’umanità.
La versione che ci ha fornito Fedro duemila anni fa oggi si rivela una sorta di sintetico articolo di giornale per spiegare cosa sta avvenendo ai confini orientali dell’Europa:
“Un lupo e un agnello spinti dalla sete erano andati allo stesso ruscello; il lupo stava più in alto e l’agnello di gran lunga più in basso. Allora il prepotente spinto dalla gola malvagia portò un motivo di litigio. “Perché” disse “mi hai reso torbida l’acqua che bevo?”.
L’agnello come risposta disse temendo: “Come posso io, di grazia, fare quello di cui ti lamenti, o lupo? L’acqua scorre da te alla mia bocca”.
Quello respinto dalla forza della verità: “Sei mesi fa tu hai parlato male di me”. L’agnello rispose: “Ma io non era nato.”. “Tuo padre, per Ercole, ha parlato male di me”.
E così (il lupo) lo sbrana dopo averlo afferrato con una ingiusta morte.
Questa favola è stata scritta a causa di quegli uomini i quali opprimono gli innocenti per mezzo di falsi pretesti.”
Noi sappiamo chi sono gli innocenti e comprendiamo benissimo i motivi che spingono il lupo ad avanzare falsi pretesti. In questo frangente, rispetto alla totale impotenza generata dalla paura, possiamo cogliere l’opportunità corale della carità, occasione di conversione dai nostri egoismi, testimonianza della portata salvifica di quanto Gesù ci insegna con la parabola del buon samaritano, strumento di riflessione per tutti, anche per i lupi sparsi nel mondo, e mezzo per costruire una pace duratura. Lr
P. S. Si potrebbe inondare il Cremlino di missive col testo della favola di Fedro per chiedere un non pretestuoso commento del racconto dell’autore latino. Non sarebbe inopportuno sollecitare anche i vertici del Sacro Sinodo della Chiesa Ortodossa di Mosca a fare la stessa cosa, evitando però confusionari riferimenti al Vangelo.