di Giuseppe Liuccio
Una diecina di giorni fa, o giù di lì, si è tenuta a Vallo della Lucania una iniziativa culturale e spettacolare insieme dal titolo”CINECIBO”. Mi invitò l’amico organizzatore, Bartolo Scandizzo, che è anche direttore di questo giornale, che svolge un’opera meritoria, accendendo, di settimana in settimana, i riflettori sulle problematiche del Cilento. Altri impegni precedentemente assunti mi costrinsero a dichiarare forfait, mio malgrado. Però promisi che mi sarei occupato del tema. E mantengo l’impegno, anche perché facilitato dalla lettura l di un interessante libro sull’argomento della brava collega, Laura Delli Colli:”Pane film e fantasia. Il gusto del cinema italiano”-(Rai Eri- Luce Cinecittà) E una lettura piacevole, disseminata di aneddoti, ricca di foto esplicative dei tanti beniamini del pubblico di tutte le età che ha frequentato le sale cinematografiche negli ultimi 50, film che, tra l’altro, di tanto in tanto, vengono riproposti sul piccolo schermo e che si configurano come tante belle e divertenti pagine di storia del costume di cui molti di noi sono stati protagonisti per ragioni anagrafiche. Ma conquistano e divertono anche i giovani che scoprono un ricco repertorio del “Come eravamo”, anzi del “ Come erano” nonni e nonne , mamme e papà”E così strappa ancora risate la scena esilarante di Totò, che ,memore della fame antica e della voracità perenne,si riempie le tasche della giacca di spaghetti in “Miseria e nobiltà” o di Alberto Sordi che ne divora con ingordigia “una cofana”, detto in romanesco in “Un americano a Roma”E chi non ricorda uno straordinario Marcello Mastroianni nella scena del pranzo a base di minestra di pasta e ceci ne “I soliti ignoti” o i “tortelli di zucca” di “Novecento” il film, che narra mezzo secolo di storia popolare scritta anche attraverso la tavola contadina e le sue tradizioni:.maiale e pasta fresca, ma anche zucca, mostarda ed amaretti. Ma, andando a ritroso negli anni, una pagina, triste questa volta, è narrata dal cinema neorealista di maestri come Roberto Rossellini di “Roma città aperta” e de “Lamerica” di Gianni Amelio, dove si soffre e, qualche volta, si muore per mancanza di cibo Così come non si dimenticano scene di film più recenti come “Il postino”, dove un indimenticabile Massimo Troisi apprende l’arte della poesia in cucina, dialogando con un insuperabile Philip Noiret (Pablo Neruda) alle prese con un piatto di “Spaghetti ai carciofi”, questi ultimi “vestiti da guerrieri” e con “aglio prezioso come avorio” E in tempi più recenti non possiamo non ricordare “Le lasagne al forno” del “Pranzo di Ferragosto (2008) e dei “Bucatini all’amatriciana” preferiti da Andreotti interpretato da Toni Servillo in “Il divo”. E l’elenco lungo potrebbe continuare con la “la zuppa di lenticchie “ in “Rocco e i suoi fratelli” di Visconti, con “i tortellini” in “La famiglia” di Scola, con il gustoso “ piatto di fegato alla veneziana in “ “Pane e tulipani”, della festa a base di porchetta in “C’eravamo tanto amati” Ma non possiamo assolutamente non menzionare due film emblematici per il tema e per gli interpreti Nel primo “Pane Amore e…”, una splendida, come attrice e come donna, Sofia Loren, dopo aver vestito i panni di una pizzaiola accattivante e prosperosa , veste qui quelli di una straripante seduttrice pescivendola che, ancheggiante, ostenta con aria di trionfo un cesto con una aragosta abbondante ed ancora odorosa di mare come la venditrice. Ma, qualche volta, il cinema, ed è il secondo esempio, ha narrato anche storie di sofferenza e morte per troppa ingordigia, come nel bello di malinconica tristezza “L’abbuffata” di Marco Ferreri. E, per finire, ricordiamo “La Grande Bellezza” che vinse l’oscar nel 2013, dove tra i tanti discorsi vacui dei personaggi di una Roma smarrita, un cardinale svela i segreti della sua ricetta preferita “Il coniglio alla ligure”. Naturalmente in tanti, molti, film c’è presenza della buona e nota pasticceri dall’ “Iris al cioccolato” nel “La mafia uccide solo d’estate” alla “crostata di ricotta e pistacchi” di “In nome di del figlio”;o come ne “la finestra di fronte”, dove un anziano pasticciere(Massimo Girotti) cerca di guarire e, in parte ci riesce, l’anima di una inquieta vicina di casa (Giovanna Mezzogiorno) E’ superfluo dire che in ogni scena di pranzo non manca mai il vino, anzi il più delle volte, è abbondante e di qualità e nella convivialità se ne tesse l’elogio”
A conclusione avverto la necessità di tornare al “CINECIBO” di Vallo della Lucania per porre a me stesso e agli amici organizzatori dell’evento qualche domanda legittima e fare qualche riflessione, in parte, amara. Quale vantaggio ne ha tratto la promozione della “Dieta Mediterranea”, nel cui ambito l’evento si collocava? Al di là della folla, soprattutto, forse, di attempate signore sospirose per il sempre piacente Placido e delle fanciulle tentate dai buoni bocconi/sorsate d’annata, fedeli al vecchio adagio contadino “botte vecchia vino buono”, quale è stata la ricaduta sulle nostre specialità della dieta mediterranea (vino, olio, legumi. mozzarella e prodotti caseari,specialità gastronomiche pasta a mano(fusilli e cavatielli): ciambotta, frutta fresca e secca, prodotti del sottobosco e, via via,la pesca, le salagioni, il tonno, le alici di menaica, e via elencando?Forse sarebbe stato più opportuno e più proficuo impegnare le poche risorse per organizzare una retrospettiva dei film ambientati nel Cilento ed individuare quali e quanti riferimenti ci sono, nella sceneggiature e nell’ambientazione che hanno come tema o semplicemente riportano scene che possano configurarsi come promozione, almeno indiretta alla mostra enogastronomia? E’ un tema che proporrò anche agli amici della costa di Amalfi, che possono vantare un elenco molto più lungo di film, anche importanti e di successo, ambientati nel loro territorio. Non sarebbe opportuno che si facesse una riflessione collettiva con i nostri scrittori e cineasti (e i nomi ci sono ed anche prestigiosi) per cointeressarli in una ideazione/sceneggiatura/realizzazione di uno o più film ambientate nel Cilento, che dispone di location di grande fascino e di sicuro impatto spettacolare e con storie tutte cilentane in cui la enogastronomia sia parte integrante e protagonista sottesa sì, ma presente sempre, nella narrazione filmica? Io lanci l’idea, che non è nuova e, secondo me, neanche difficile da realizzare. Facciamoci una riflessione collettiva con le istituzioni (Parco, Consorzi Comuni importanti Fondazioni.. ecc.) nella consapevolezza che il futuro del territorio dipende da noi e da noi soltanto : e smettiamola di inseguire farfalle sotto l’arco di Tito e di attendere messianicamente il Salvatore che viene a fare miracoli dall’esterno. Abbiamo atteso per troppe volte e diversi salvatori, di tutti i colori e da qualsiasi provenienza, ma siamo rimasti delusi, amareggiati e folgorati, nel senso di scottati. E’ ora di cambiare registro e voltare pagina … Urge una ripartenza su basi nuove.