I PRIMI SUCCESSI, 4/3/1943
APPROFONDIMENTO
Lucio Dalla, 4 marzo 1943: il testo e il significato della canzone
Lucio Dalla è nato a Bologna nel 1943, e proprio le sue origini bolognesi influiranno molto sui suoi successi musicali: non si può capire Dalla senza Bologna. Il primo grande appuntamento della sua carriera è quello del Festival di Sanremo del 1971, in cui presenta la canzone 4/3/1943, ribattezzata dal pubblico Gesù Bambino. È un brano passato alla storia, anche perché è fortemente autobiografico, a partire dal titolo, che è la data di nascita del cantautore. A Sanremo si classificò terzo.
LA CONSACRAZIONE, COME È PROFONDO IL MARE
APPROFONDIMENTO
Lucio Dalla: gli album più famosi
La consacrazione di Dalla è avvenuta nel 1977 con l’album Come è profondo il mare. L’omonima canzone è considerata tra le più intense della produzione del cantautore bolognese. Il brano è scritto interamente da Dalla, anche per quanto riguarda il testo, ed è diventato il simbolo di un’epoca e di una generazione. Affronta temi di attualità come il terrorismo, la guerra e la lotta di classe.
IL SUCCESSO,
CARUSO
APPROFONDIMENTO
Caruso: la canzone di Lucio Dalla cantata da Ermal Meta a Sanremo
Il 1986 è l’anno di Caruso, considerata dalla critica una delle più belle canzoni mai scritte nella storia della musica contemporanea. Tratta dall’album live Dallamericaruso, è stata ispirata durante il soggiorno del cantautore a Sorrento, nella stanza dove aveva alloggiato anche il tenore Enrico Caruso. Il celebre ritornello è ispirato, invece, alla canzone Dicitencello vuje, classico napoletano del 1930.
“Te voglio bene assaje,
Ma tanto tanto bene sai
è una catena ormai…”
Una mostra-evento dal 4 marzo prenderà il via a Bologna, la sua città natale: si intitola “Lucio Dalla. Anche se il tempo passa” e resterà aperta fino al 17 luglio al Museo Civico Archeologico. Famiglia, Infanzia, Amicizie, Inizi musicali, queste le tamitiche sviluppate e quella bolognese sarà solo la prima tappa di un percorso itinerante che porterà l’esposizione anche nella Capitale dal 22 settembre all’Ara Pacis, e nel 2023, in occasione dell’ottantesimo della nascita del cantautore, nel capoluogo campano e in quello lombardo. La mostra, ideata e organizzata da Cor e curata da Alessandro Nicosia con la Fondazione Lucio Dalla, il Comune di Bologna e il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, è una delle tante iniziative che la città dedica a uno dei suoi artisti simbolo.
Frutto di una lunga e laboriosa ricerca, la mostra esporrà al pubblico per la prima volta molti materiali che documentano l’intero percorso umano e artistico di una delle più amate personalità italiane e internazionali, che ha lasciato un segno forte nella storia della musica e in quello della cultura in generale. Documenti, dunque, ma anche tante foto, filmati, abiti di scena e altri aspetti inediti che saranno raccolti anche in un corposo catalogo edito da Skira. Alla presentazione dell’evento, il curatore ha ricordato come ci sia voluto un anno di lavoro e di ricerche per approdare a «scoperte incredibili, a quell’universo Dalla che restituisce un personaggio poliedrico con sfumature di tutti i tipi»: con l’uomo che affiora dalle testimonianze (quaranta circa) di gente che realmente gli è stata amica nel suo percorso artistico (da Ron a Walter Veltroni ai parenti), ma anche da quelle dei compagni di scuola, degli anni difficili del Liceo Galvani (Lucio non aveva tanta voglia di studiare, pensava già alla musica, dice Nicosia), con una pagella non proprio bellissima. E ancora, i suoi amori femminili di cui pochissimo si sa, l’avventura cinematografica ne “I sovversivi” e quella fondamentale dell’esperienza nel mondo dell’operetta cominciata quando aveva appena cinque anni. O di quando cantava in inglese pur non conoscendone una parola. Fino al 1971, vero e proprio crocevia: al Festival di Sanremo canta “4 marzo 1943” e compie il salto nella maturità artistica. Un percorso attraverso mille metri quadrati che rivela, nel decennale della morte, un Lucio Dalla a 360 gradi, il rapporto con mamma Jole e l’amore viscerale per il clarinetto (lo portava dentro al borsone persino al basket), quello per il jazz (la sua vera e grande passione) e la collaborazione fondamentale col poeta Roberto Roversi, fino all’esperienza di regista di opere liriche al Teatro Comunale di Bologna. Bologna, la città dove lo incontravi per strada, ora «spera che sia di auspicio per l’uscita dalla pandemia» ha detto il Sindaco, Matteo Lepore: «Un manifesto eloquente per il futuro della città Capitale della Musica Unesco, a cui affiancheremo successivamente le mostre dedicate a Roberto Roversi e a Pier Paolo Pasolini, patrimonio europeo che permetteranno a Bologna di parlare oltre i confini nazionali».