Quelli erano tempi, negli anni ’50, quando in processione, con la statua della madonna, su di un carro, seguivamo il corteo distratti dalla divisa dei carabinieri, vestiti in pompa magna e dal torrone delle bancarelle ai lati della strada. A conclusione della festa il concerto in piazza, la crema del paese, con il tenore, la cantante lirica, la donna è mobile, qualcuno steccava, mio padre ci portava al circo, scaramacai e qualche bestia spelacchiata saltava nel fuoco: signore e signori, inizia il più grande spettacolo del mondo. Il presentatore factotum faceva i biglietti, poi l’equilibrista senza rete, lo spazzino, il mangiatore di spade, l’illusionista e la partner di mattina, donna cannone, amante, Penelope, lavava a mano e stirava i panni e i costumi di scena. Nella scuola elementare dettati, pensierini e chilometrici quaderni a quadretti. Con pennino e calamaio scrivevano di belle addormentate nel bosco, alla prima che mi fai ti licenzio e te ne vai, vivevamo i giardini incantati dell’infanzia di serate d’inverno davanti al camino, senza televisione a mangiare pane del forno e stelle cadenti. Ruoti di gomma i salvagente. D’estate si rimaneva al mare tutto il giorno e si mangiava frittata di pasta. Il frigorifero era costituito dall’acqua gelata del fiume che sfociava al mare e in cui, ai suoi lati, depositavano l’acqua con dentro le bustine d’idrolitina. Quelli erano giorni in cui ognuno di noi credeva che il futuro non avrebbe mai separato gli amici d’infanzia. Una letterina di buoni propostiti a Natale, sotto il tovagliolo dei genitori e tutto filava liscio come l’olio. Negli anni ’60 qualche problema in latino e greco per qualcuno ma le onde del mare cancellavano come per magia le tribolazioni della scuola ed era vietato, in estate, parlare d’altro se non di sirene e dei primi turbamenti di cuore in rima con amore. Tutto era semplice nel trasporto: una bicicletta, o tutt’al più, per i più ricchi, un ciclomotore o una vespa acquistata a rate e si macinavano chilometri in cerca di svedesi. Le svedesi, appunto, erano ragazze di Roma o di Nocera Inferiore e di Portici purché uscissero di sera senza la promessa di matrimonio e la cintura di castità. Al mare si stringevano alleanze, patti di sangue tra amici, era vietato tradire, ognuno di noi remava in favore degli altri. Con aria da grandi frequentavamo d’inverno i bar ma a giocare a carte erano solo gli anziani, campioni di scopone e di tresette. Chi era bravo, giocava a pallone ma nel calcio giocavano anche i più scarsi purché avessero voglia di correre e sbucciarsi le ginocchia sui prati di terra battuta e ingoiare polvere senza fiatare. Poi siamo diventati adulti di colpo, senza innocenza. La meraviglia di un arcobaleno all’improvviso, la felicità di un mattino radioso, la suggestione di una natale con i geloni sono ormai in naftalina. La carriera, i diversi percorsi della vita, le scelte difficili per chi è uscito dal gregge, il giocattolo s’è rotto, ognuno alla fine è andato per la sua strada.
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