C’è una frase immortale che più di altre fotografa una parte triste e reale del Mezzogiorno d’Italia: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi».
È l’essenza stessa del gattopardismo, un male antico e subdolo che paralizza lo sviluppo e consuma lentamente le speranze di crescita e progresso nelle terre interne del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
In queste aree magnifiche, ricche di storia, cultura e paesaggi mozzafiato, il gattopardismo si è radicato nel tempo attraverso politiche vuote e promesse mai mantenute.
Cambiano i governi, cambiano le amministrazioni locali, cambiano i volti della politica, ma le logiche restano immutate: immobilismo, conservazione di vecchi privilegi e la paura di realizzare vere trasformazioni che possano rompere equilibri consolidati e spesso dannosi.
Questa mentalità non permette al territorio di crescere economicamente e socialmente, impedendo di fatto ai giovani di restare e costruire il proprio futuro nella loro terra d’origine.
Le promesse di infrastrutture moderne, strade veloci e collegamenti ferroviari efficienti, troppo spesso, solo promesse da campagna elettorale, in attesa eterna di realizzazione.
Il gattopardismo in queste terre prende molte forme.
Lo vediamo nelle opere pubbliche che non finiscono mai, nel denaro pubblico speso senza reale progettualità, nell’incapacità cronica di attrarre investimenti produttivi.
Tutto cambia affinché nulla cambi realmente.
È un gioco al ribasso, un gioco di illusioni che ogni volta rinnova la delusione e alimenta la rassegnazione.
La dispersione di risorse pubbliche e i ritardi nello sviluppo della mobilità moderna nelle zone interne hanno contribuito significativamente allo spopolamento e alla fuga di giovani, fenomeni che sembrano inarrestabili.
Questo avviene principalmente a causa della mancanza di pianificazione strategica e della gestione superficiale o clientelare dei finanziamenti pubblici, spesso utilizzati per interventi poco incisivi, parziali e non integrati in una visione complessiva di sviluppo territoriale.
L’idea centrale per arginare la fuga di cervelli e giovani dal Cilento, dal Vallo di Diano e dagli Alburni risiede nel migliorare radicalmente l’utilizzo dei finanziamenti pubblici e nell’incentivare fortemente l’autoimprenditorialità locale.
È necessario investire strategicamente nell’autosufficienza economica e nella creazione concreta di opportunità sul territorio, puntando anche su politiche fiscali innovative capaci di attrarre e sostenere nuovi imprenditori e giovani talenti locali.
La fiscalità agevolata e l’accesso semplificato a finanziamenti mirati possono diventare strumenti decisivi per invertire la tendenza al declino demografico e garantire una crescita sostenibile.
Il Cilento, il Vallo di Diano e gli Alburni hanno potenzialità enormi.
Possono e devono ambire a un futuro diverso, ma per farlo serve coraggio: il coraggio di rompere schemi consolidati, il coraggio di esigere trasparenza politica e cronoprogrammi rigorosi sulle opere pubbliche, il coraggio di attuare una politica di incentivi reali per chi vuole investire nel territorio e creare posti di lavoro stabili e dignitosi.
Questa svolta richiede l’impegno di tutti: cittadini, associazioni, imprenditori e soprattutto dei giovani.
È fondamentale che le nuove generazioni prendano coscienza di questa situazione, diventando protagoniste di una richiesta decisa di cambiamento reale, denunciando chiaramente ogni forma di gattopardismo.
È tempo di dire basta a politiche che cambiano tutto per non cambiare nulla.
È tempo di restituire a queste splendide terre del sud il futuro che meritano davvero.