di Massimiliano De Paola
Facendo un’analisi attenta della situazione attuale del Vallo di Diano, non viene fuori un quadro roseo. C’è stato un momento nel quale la “speranza” stava prendendo il posto della “rassegnazione” e lo “sviluppo” stava provando a scacciare via il “declino”. Non è trascorso così tanto tempo ma sembra che sia passata un’eternità. Era l’inizio degli anni 2000 e le cose cominciavano ad andare benino. Poi è arrivata la crisi dicono.
Ma al Sud la crisi è cronica, credo che sia una di quelle cose veramente strutturali, autoctone, endemiche. Forse è addirittura una questione culturale. Eppure i libri ci dicono che prima dell’Unità d’Italia il Sud era all’avanguardia, non solo in Italia ma addirittura in Europa e nel Mondo, ma questa è un’altra storia ed è lunga da raccontare, quindi non ve la racconto ora.
Chi vive nel Vallo di Diano dà la colpa di questo inesorabile declino ai politici. Si vive di ricordi, di rimpianti, di nostalgie. Ritorto e Quaranta rimangono gli ultimi baluardi di un modo di concepire la politica che nel comprensorio valdianese non esiste più. Loro erano i nostri fuoriclasse, oggi verrebbero chiamati top player. Non ci sono più e dobbiamo accontentarci di quelli che abbiamo e che ci rappresentano ora, che evidentemente fuoriclasse non sono e forse per questo non riescono a fare la differenza.
Si è passati in pochi anni dalla visione della Città Vallo alla cura del proprio orticello o campanile che dir si voglia. Proprio ora che dal governo centrale si vuole la sintesi, l’accorpamento, la fusione dei territori. Non a caso anche le banche del territorio, nel loro piccolo, sono interessate da questo disegno politico, in fatto di fusione.
Il Vallo di Diano sta perdendo poco per volta, un pezzo di territorio, un pezzo di economia, un pezzo d’identità. Tutto è incominciato dalla ferrovia. La Sicignano-Lagonegro è stata una perdita la cui gravità si è realmente compresa solo a distanza di tanti anni. Essere nella modernità e non avere una ferrovia è fuorviante e contraddittorio.
Nelle rispettive campagne elettorali, i politici locali usano la Sicignano-Lagonegro così come i politici nazionali usano il Ponte sullo Stretto. L’una è direttamente proporzionale all’altro. Son diventati il simbolo dell’utopia, della demagogia.
Dopo la ferrovia il Vallo di Diano ha perso in poco tempo il Tribunale e, solo pochi giorni fa, il Carcere. L’Ospedale di Polla è in perenne difficoltà, in emergenza continua, con carenza di personale e, per questo ed altri motivi, anch’esso è a rischio chiusura.
I cittadini del Vallo di Diano hanno la percezione di essere abbandonati dalle istituzioni. Si lamenta la difficoltà di non essere ben rappresentati a Napoli e a Roma. In effetti la politica locale spesso si divide ed il voto risulta frammentato.
Ma, fermo restando la responsabilità della classe dirigente locale nella gestione della “cosa pubblica” e l’incapacità della stessa classe dirigente di pianificare una lungimirante strategia comune, siamo davvero sicuri che tutta la colpa dell’inesorabile declino sia da attribuire alla politica? Siamo sicuri che imprenditori e cittadini comuni non hanno responsabilità alcuna? A me il dubbio rimane.
A mio modo di vedere serve la pianificazione di una strategia comune di sviluppo del territorio. Serve ed urge un confronto, non solo all’interno della politica locale, ma tra pubblico e privato, tra la classe dirigente locale e chi fa impresa sul territorio. Ogni giorno in più che si perde è un’opportunità in meno per il nostro comprensorio.
Spero che quest’articolo contribuisca a far riflettere quanti sono interessati al bene del nostro comprensorio e spero che le riflessioni portino a soluzioni immediate e ad altre programmate, perché in fondo è questo che in concreto interessa ai cittadini del Vallo di Diano.