Il “Diario del Priore”, autore Vito Pinto, edito da Grausedizioni, è un libro che si fa leggere fin dal primo rigo: “E’ un borgo medioevale quel grappolo di case antiche, costruite intorno al castello sul colle dell’Angelo, voluto nel 1123 da Costabile Gentilcore …”
La lettura prende in carico l’attenzione del lettore e, inanellando emozioni crescenti, non lo lascia andare fino alla fine della lunga galoppata nel “giardino” dell’immaginario.
Non stanca, non si attarda in “sentieri” secondari, non tenta di confondere le idee … l’autore gioca sempre a carte scoperte e punta solo a tenere viva la tensione come una corda tesa e garantisce la sua tenuta fino in fondo.
Infatti, se si comincia a leggere diventa difficile lasciarlo sul comodino a decantare perché, come ogni “giallo” che si rispetta, va sfogliato pagina per pagina fino alla fine anche se ci si rende subito conto che non si può correre senza essere attenti agli “incroci” perché si rischia di ritrovarsi senza le “risorse” necessarie per comprendere in pieno l’essenza della storia che risulterebbe monca se non si dovesse seguire il filo con il quale Pinto ha tessuto il suo canovaccio dal quale emergono, gradualmente, sia le storie sia i profili dei protagonisti.
Da Castellabate alla città del Vaticano, il prof. Andrea Cantalupo, con i suoi ragionamenti, che scaturiscono dal metodo scientifico consolidato lungo tutta la sua carriera di docente e ricercatore, accompagna il lettore standogli di fianco: senza lasciarlo andare troppo avanti né abbandonarlo troppo indietro.
Così anche gli altri protagonisti che, gradualmente si affacciano sulla scena, assolvono al loro compito con sistematica e ordinata puntualità senza sbavature.
Se dovessi indicare un personaggio che, per certi versi è avvolta nel mistero, sceglierei la professoressa Rosa Dipinto, ex assistente di Cantalupo e laureata in storia medievale. Intanto, è l’unica donna che ha un ruolo nella vicenda e poi ha un carattere deciso e poco incline ai compromessi … tanto è vero che Cantalupo deve tenere frenata la sua voglia di “galoppare” verso il traguardo.
C’è anche un’altra sottolineatura da fare in merito ai personaggi i cui nomi sono tutti inventati la con palesi richiami alla realtà che Pinto ha importato nella sua storia a cominciare proprio da Cantalupo, un cognome molto diffuso alle nostre latitudini; proseguendo con Costabile Spina (Spinelli ex sindaco); il Cardinale Martins (Renato Raffaele Martini); la stessa Rosa Dipinto (che richiama il cognome dell’autore …)
Nel libro Vito porta anche la sua competenza di studioso e lo spirito concretizzatosi durante la sua lunga carriera di giornalista e, allo stesso tempo la scrupolosa attenzione ai particolari che solo un esperto di arte, nello specifico di quella legata alla ceramica vietrese della quale è profondo conoscitore.
Non è qui il caso di dire altro sulla trama del libro, ma riportare di seguito il breve testo presente nel risvolto di copertina, mette il lettore in condizione di approcciare la lettura del libro per il “verso” giusto …
“Durante alcuni lavori al palazzo abbaziale di Castellabate viene ritrovato, in ambienti sino ad allora sconosciuti, il diario del Priore di quel cenobio benedettino, dom Leo Morelli, risalente al 1291. In esso si narra del Cavaliere Templare Ronaldo D’Arles, partito da San Giovanni d’Acri, assediata dall’esercito di Saladino, per consegnare al Papa Celestino III, per volere del Gran Maestro Robert de Sablé, un cofanetto contenente documenti e una preziosa reliquia custodita fino a quel momento dai Templari. Trattasi di una coppa in terracotta che Joshua, artigiano figulo di Gerusalemme, aveva modellata e donata a Gesù Cristo la sera in cui fu celebrata l’ultima cena. Lo storico Prof. Andrea Cantalupo, che elegge il diario del Priore su sollecitazione del sindaco locale, Costabile Spina, si mette alla ricerca della coppa giungendo fino al Vaticano, dove a reggere le sorti della Chiesa di Cristo è Papa Bartolomeo, primo pontefice di formazione greco-ortodossa. Ma quella coppa di terracotta è veramente il Sacro Graal?”
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