Cinque secoli di misteri. E di omicidi e sparizioni. Vietato avvicinarsi ancora oggi uno dei Conventi di Sicignano degli Alburni. Vi si narra una leggenda terrificante sul fantasma che ucciderebbe chiunque si avvicini. Oggi a spaventare sono i cani del vicino pastore o gli occhi aperti del sorvegliante che cerca di evitare che il saccheggio di cose e arredi diventi completo. Il fatto che nessun tentativo di lavori di recupero sia mai stato tentato? Provarci perché? Per farne cosa? La storia, in effetti, è molto particolareggiata per essere totalmente credibile ma non sa neppure di fandonia. Che sia alla base di una delle fiabe italiane che Calvino raccolse nel 1956 in Fiabe Italiane? L’edificio è molto suggestivo e somiglia alle strutture che il regista tedesco Herzog nel suo celebre Fitzcarraldo fa emergere dalla foresta amazzonica a testimonianze del vigore missionario dei gesuiti. La nostra storia parte dal Seicento: dalla stregoneria al sadismo, sono gli ingredienti iniziali. Poi c’è la vendetta del monaco al quale hanno ucciso la sua donna facendola passare per strega. Pensate che oggi si sia fermato? Giammai, si va dalle messe sataniche allo spiritismo, dai contadini scomparsi nella montagna nei dintorni, agli scherzi tra ragazzi che incappucciati spaventano i coetanei che osano passare nei paraggi. È sempre il fantasma del monaco. Qui è dove il paese offre un po’ di “Promessi Sposi” e tanto “In Nome della Rosa”. E ci sono le janare, le “streghe”, in cerca di vendetta, e si va dalla dispettosa Palianedda alla squadra di donne che di notte vanno alla ricerca di “Postiglionesi” (gli “amati” confinanti) da punire. Chissà perché proprio loro, e non altri?
LA STORIA ORIGINARIA
Tutto nasce da un’antica storia che vuole, in tempi antichi, un vagabondo affamato bussare alle porte del monastero chiedendo del cibo e un ricovero per la notte. “Chi bussa a sto’ portone”? Fu la domanda e la risposta fu quella cristiana dell’accoglienza. L’uomo era davvero malridotto e i fratelli con il saio stimarono che difficilmente potesse passare la notte. Ugualmente, però, lo accolsero, così come voleva la legge di Dio, e gli diedero un letto. E l’estrema unzione, due volte. L’uomo, però, sfuggì alla morte. E, per ripagare il favore ricevuto, si offrì di svolgere alcuni lavori al monastero. Finì che prese anche i voti. La mattina la trascorreva in preghiera con i frati, mentre il pomeriggio svolgeva diversi lavori nei campi intorno al convento. Si fece stimare molto.
Natura chiama. Il nuovo frate vide una donna raccogliere delle erbe. Una contadina del paese, vestita di pochi stracci. Non si sa cosa fu, l’abbigliamento succinto, la posizione spesso prona, o gli occhi. Il neo fraticello re rimase incanto. Anche la donna rimase affascinata, dicono le cronache locali. Nel giro di qualche giorno si passò dalle parole ai fatti i due furono presi da un amore travolgente. Non si sa chi fece la spia, ma la tresca non passò inosservata. Gli altri monaci la presero malissimo. E decisero di far giustizia sì, ma molto a modo loro. Sarebbe bastato scacciare lui dal convento e una capanna per i due innamorati sarebbe spuntata e amor vissuto. Invece no.
Lui lo rinchiusero, per farlo riflettere sui suoi peccati, affermavano, ma a molti sembrò pura gelosia o invidia. Lei la sottoposero a sevizie atroci per farla confessare e chiedere perdono. Già che c’era ammise anche di praticare atti di stregoneria. La giovane, dopo giorni e giorni di torture, morì. L’uomo, qualche tempo dopo, fu invece ritenuto libero dal peccato e fu ricondotto nel monastero. Crudeli e misogini, i frati del Convento. L’uomo, chiamiamolo Giovanni, in silenzio, giurò di vendicarsi. Dopo che la giovane al rogo, bruciata dalle fiamme, Giovanni fu dilaniato dalla sofferenza e dal dolore. Poter per lui continuare la vita nel monastero, sotto i precetti cristiani, in contatto costante con chi aveva strappato via l’unica fonte di sollievo della sua esistenza, l’unica fonte d’amore. Era impossibile. Il giovane monaco vendette l’anima al diavolo, gesto estremo che lentamente, come il suo dolore, lo dilaniò e lo condusse alla morte. Prima di morire solo una maledizione fu lanciata su quel posto. Su quel monastero.
Che tutti i monaci vivessero una morte violenta, e che chiunque avesse osato metter piede in quel monastero sarebbe inaspettatamente morto. Ancora vige, infatti, fra quelle mura abbandonate del monastero la leggenda.
Giovanni fu chiamato a guidare il Convento. Nel giro di un mese, cinque monaci morirono in circostanze accidentali. Di tanto in tanto, spariva anche qualcuno in paese. Quelli che avevano fatto le spie, Il reggente, però, ignorava le denunce dei contadini ritenendole infondate. E attirò un po’ di sospetti. Fino a che una coppia di giovani nobili si avventurò nel bosco, e fu sorpresa dalla pioggia. Chiesero ospitalità al monastero. Fu l’ultima notte che i due giovani furono visti insieme e vivi. Fece ritorno al castello solo la carrozza che portava il cadavere dell’uomo con la testa fracassata. Della donna nessuna traccia.
L’ipotesi che ci fosse qualcosa che non andava diventava sempre più forte. Il re, pressato dal feudatario, decise di inviare le sue guardie al convento. Dopo una breve inchiesta venne si appurò che uno dei monaci era un feroce assassino e sadico. Il nome del colpevole era quello di Giovanni. Non restò altro che processarlo sul posto e fu impiccato a un albero. Il suo spirito demoniaco e vendicativo non abbandonò quel luogo. Di tanto in tanto si registravano ancora inspiegabili sparizioni di giovani, e il paese per molto tempo fu abbandonato. Ancora oggi, c’è chi dice di vedere una figura incappucciata che si aggira nei pressi del monastero in cerca dello spirito dell’amata assassinata e cova vendetta nei confronti chi uccise lei e permise poi la sua stessa impiccagione.
L’abbandono è stato veloce e completo. Dopo aver visto i primi effetti che la maledizione del giovane vagabondo innamorato, con le vesti del monaco, aveva scagliato a chiunque avesse messo piede in quel luogo ormai maledetto, che aveva maledetto la sua vita, e aveva inciso sulla morte della sua amata. Da questo punto in poi pare tutto all’interno di alcune pagine del “Nome della Rosa” con all’interno di quel monastero iniziarono a sparire molte persone, compresi i frati, e che molti abitanti delle zone vicine furono trovati morti e mutilati nei campi vicini.
Nel monastero iniziarono ad accadere morti misteriose, come annegamenti nel pozzo, impalamenti con le pertiche dell’orto, cadute dai camminamenti e strani incidenti con il camino. Una volta morti tutti gli aguzzini della donna, le morti non cessarono: l’uomo intenzionato a una vendetta più vasta, che giungesse direttamente al Clero di Salerno, continuò a uccidere i suoi compagni con l’intento di scalare le cariche fino a divenire il priore del monastero. Ebbene, egli ottenne ciò che voleva. La leggenda del monastero dei monaci maledetti si tramanda da secoli e la gente del luogo ritiene che il monaco maledetto continui ad aggirarsi nei pressi del monastero, sotto forma di figura evanescente o più spesso di orbs. Queste numerose segnalazioni, anche nei giorni nostri, fanno sì che siano pochi i curiosi ad aggirarsi nelle vicinanze. Una paura che dura da quasi cinque secoli.