Tutte le mattine, dal 31 maggio al 13 giugno, a Roccadaspide i fedeli hanno un impegno! Quello di scendere al santuario di S. Antonio da Padova per partecipare alla funzione religiosa della Tredicina in onore del santo.
Da un po’ di anni anch’io ho ripreso a partecipare alle celebrazioni per fare un bagno nei ricordi …
Parto da casa con l’automobile alle 6.20 del mattino, parcheggio in via Molina, attraverso la parte bassa del paese e, percorrendo a piedi una parte della S.S. 488, in compagnia della mia amica Olimpia, raggiungo il Convento di Santa Maria delle Grazie per partecipare alla funzione religiosa in onore di Sant’Antonio.
Lo facevo quando ero piccola e sono ritornata a farlo da quando sono tornata nel mio paese 27 anni fa sempre con più convinzione e continuità!
Nel 2020, un anno particolare a causa del Covid 19, la mia partecipazione ha avuto un significato diverso perché ho vissuto questa mia esperienza con più consapevolezza e col desiderio di affermare una tradizione che ho vissuto da piccola quando tutte le mattine, con mia mamma e le sue amiche del vicinato, partivamo da casa e a piedi per raggiungere il convento.
Ho ripreso questa tradizione perché è affiorato in me il desiderio di rivivere le cose di un tempo che avevo messo da parte. È nato dentro di me un imperativo che mi chiamava a dare continuità al passato per riscoprire le mie radici.
Percorro la strada col desiderio di assaporare un senso di libertà dopo il periodo di quarantena forzata. Ho piacere nel rivedere facce antiche, conosciute in altri tempi che affrontano questa esperienza in modo normale, come se niente fosse cambiato. La parte storica del paese, che guardo dal basso, è il fantasma di ciò che era un tempo per come è fatiscente. Scorgo le vie che da piccola percorrevo per andare a salutare vecchie zie. Guardo con nostalgia le case che per la maggior parte sono abbandonate e cadenti, ammiro invece quelle che sono ancora abitate e che sopravvivono ad un abbandono generalizzato. Sono poche quelle ristrutturate che sono carine, curate con piante fiorite agli ingressi, sui davanzali delle finestre e sui balconi. Eppure, l’immagine di queste case, attaccate le une alle altre, è un’immagine di insieme che ricorda tempi andati di quando la gente ci viveva e condivideva il bene e il male. Solo i gatti, indifferenti al passar del tempo, sembrano molto apprezzare questi luoghi.
Mi piace, al mattino presto, quando ancora tutto sembra addormentato, in un clima piacevole di inizio estate, percorrere questa strada a piedi e vivere il piacere spesso della solitudine o anche della compagnia di chi, come me, rispetta la tradizione dell’andare a piedi a Sant’Antonio.
Mi piace arrivare alla fine del paese, all’ultima casa e poi osservare dall’alto la Valle del Calore che si stende ai miei piedi ed il mio paese che invece lievita verso l’alto. Mi esalta il verde che mi circonda, nonostante la strada sconnessa che sta franando in più punti.
Per l’occasione qualcuno di buona volontà ha tagliato le erbacce che abitualmente invadono la carreggiata restringendola. Mi allungo verso il gelso per prenderne il frutto che quasi “porgono” e gustarne il sapore lungo il percorso. Anche il rumore delle auto, che di tanto in tanto ci seguono e ci sopravanzano annullando l’incanto del silenzio, da sensazioni di vita. Ma quando c’è silenzio si ascolta soltanto il canto degli uccelli che sembra quasi un racconto sulla giornata che sta per cominciare. Respiro a pieni polmoni l’aria fresca del mattino e mi guardo intorno … I tanti colori catturano il mio sguardo. I fiori di campo mi riportano ancora una volta indietro nel tempo: a quando da piccola con mia mamma scendevamo a Sant’Antonio, per un sentiero che adesso non è più praticabile, e tutte le mattine io tornavo a casa con il mio mazzettino di papaveri, margherite, gladioli e orchidee selvatici. Intanto i rintocchi della campana richiamano e spronano i viandanti ad essere puntuali per la funzione religiosa che si appresta a cominciare. Arrivata in chiesa, dopo aver percorso 2 km circa in discesa, ad accogliermi c’è già chi intona canti o, più intimamente prega. Altri si attardano sotto al portico intorno al parroco, don Cosimo, ed ai chierichetti, il coro si posiziona di fronte al direttore … l’ambiente è festoso.
La funzione segue la liturgia consolidata da decenni. Come da tradizione, alla fine c’è l’offerta del pane benedetto che in forma di devozione viene regalato ogni mattina da fedeli devoti a tutti i presenti come forma di ringraziamento.
Adiacente la chiesa c’è il convento che è del tutto “sgarrupato” del quale non rimane che pietra su pietra. Come del resto l’altro convento di Santa Maria situato all’ingresso del paese. La stessa chiesa di S. Antonio più volte chiusa e poi riaperta, non è stata ristrutturata non nel miglior modo possibile: quasi tutti gli affreschi che una volta c’erano sono scomparsi sotto l’intonaco.
Purtroppo o per fortuna tutto cambia e si rinnova, ma le tradizioni restano nelle abitudini e negli animi della gente semplice di questi piccoli paesi.
Ad oggi abbiamo ancora la possibilità di partecipare alla Tredicina di Sant’Antonio, ognuno con il suo credo, passione e sensibilità. C’è ancora chi viene a piedi e chi in macchina a causa dell’età avanzata, ma il desiderio di ritrovarsi, raccontarsi e ascoltare c’è ancora e lo si tiene vivo per trattenere, ancora un po’, l’afflato con il tempo passato.
Infatti, all’inizio e alla fine della funzione, sul piazzale antistante il convento di Santa Maria delle Grazie, ci si ferma volentieri a chiacchierare, a guardarsi intorno e, probabilmente, anche dentro ognuno di noi per dare un senso alla vita passata e un orizzonte a quella che resta da vivere …
Gina Chiacchiaro