Risulta sempre più urgente una riflessione sulla dinamica demografica nel Cilento che vede un costante calo nelle aree interne ed una speculare crescita lungo la fascia costiera.
Fattori orografici, carenza di collegamenti, la lontananza dai capoluoghi, i tagli dei servizi essenziali, hanno favorito questo trend, che agisce come un vero moltiplicatore di arretratezza.
In conseguenza di ciò, gli investimenti nel settore privato si concentrano sempre più nelle aree che già sono interessate ad un processo di sviluppo, aumentando il divario esistente.
La Piana del Sele ne è l’emblema da vari decenni, favorita sicuramente dai fertili terreni, che hanno agevolato le colture agricole, gli allevamenti, l’industria casearia e poi quella alberghiera.
Il completamento dell’aeroporto di Pontecagnano, previsto per dicembre 2024 ed il progetto della strada a scorrimento veloce, la bretella Agropoli-Contursi, la realizzazione di un grande parco tematico di oltre 60 ettari nel Comune di Capaccio Paestum, saranno una occasione straordinaria per apportare nuova linfa a tutto il Cilento.
Affinchè ciò diventi un’opportunità per tutti e non un’occasione da sprecare, occorre che la politica abbia la capacità di favorire uno sviluppo inclusivo sull’intero Cilento, tenendo insieme tutto e tutti: le aree interne e la fascia costiera, i grandi centri, come i piccoli borghi. Promuovendo investimenti sostenibili, senza stravolgere l’identità storica e culturale preservando quel modello sociale ed antropologico che affonda le proprie radici nella Magna Graecia e negli elementi distintivi che ci vedono spesso rivendicare con orgoglio il primato dei siti Unesco, della Biodiversità e delle aree protette, nonché gli studi sulla Dieta Mediterranea effettuati proprio nel Cilento .
Occorre procedere uniti, senza rompere l’unità politica, morale e amministrativa del Cilento, rappresentata dalla presenza di importanti presidi civili (Scuole, Tribunale, Ospedale, Agenzia delle Entrate) e morali, come la Diocesi.
È necessaria una nuova consapevolezza , illuminando le scelte da fare e gli errori da evitare. Il territorio dovrà muoversi unito dal Sele al Bussento, immaginando una coralità di intenti ed una pluralità di interessi da difendere, in modo da garantire le condizioni minime affinchè quest’area non rimanga definitivamente emarginata ed isolata dal resto della Campania, o peggio ancora, che la parte nord del Cilento finisca per diventare un tutt’uno con la Piana del Sele, spezzando l’identità cilentana.
Sicuramente servirebbe una nuova viabilità in grado di irradiare la rete dei borghi, attualmente chiusa, come in una impenetrabile “sacca geografica”. In questo senso, la Strada del Parco diventa indispensabile e non più rinviabile.
Ancora, bisogna battersi per evitare il declassamento della linea ferroviaria Tirrenica, mantenendo i livelli minimi di treni di fascia nazionale (Frecce, Italo, Intercity), oltre all’implementazione di una metropolitana di collegamento con l’aeroporto di Salerno-Pontecagnano a servizio di tutta la dorsale cilentana
Unitamente alle reti infrastrutturali, occorre investire sulla “rete delle conoscenze e dei saperi”, creando degli appositi network, mettendo insieme tutte le menti più brillanti che, partendo dal Cilento, hanno costruito carriere professionali, imprenditoriali e culturali in Italia e nel Mondo.
La fine dei partiti, quali incubatori e formatori di classe dirigente, richiede che la società civile oggi debba svolgere un ruolo di supplenza e di supporto nella gestione della cosa pubblica, stimolando la proposta di progetti e l’elaborazione di idee.
In un certo senso si avverte la necessità di restituire al territorio quello che gli è stato sottratto con “l’emigrazione dei cervelli” in altri ambiti geografici.
L’ Europa da tempo chiede uno sforzo agli Stati affinchè vengano rimosse quelle condizioni di squilibrio economico e sociale, proprio attraverso le politiche di coesione territoriale. È chiaro che bisognerebbe avere il coraggio di chiedere una fiscalità di vantaggio (ZES) nelle cosiddette aree depresse, favorendo investimenti mirati, dando supporto all’iniziativa economica privata in affanno.
Le sfide sono davvero tante ed i rischi dietro l’angolo sempre più presenti. In primis quello di un Cilento a due velocità o peggio ancora diviso, con la zona a nord simile alla periferia di una grande area metropolitana salernitana e quella a sud, ridotta a una “riserva indiana”, isolata nella sua decadenza, tra spopolamento e calo demografico.
E’ da scongiurare assolutamente che avvenga una semplice “seleizzazione” del Cilento, quale replica dei modelli economici che prevedono un consumo intensivo del suolo, di uno sfruttamento indiscriminato e disordinato degli spazi, con il corollario di un nuovo caos edilizio ed urbanistico. Questo territorio, essendo il risultato di una diversa articolazione storica, paesaggistica e demografica, ha probabilmente bisogno di cure diverse, prendendo come modelli analoghi territori italiani, ugualmente poco popolati, ma ricchi di risorse naturali, trasformate in opportunità di crescita e di sviluppo. Basti pensare al Parco degli Abruzzi, alle province toscane ed alle aree montane del Trentino e della Valle d’Aosta.
In una convivenza armoniosa tra aree con vocazioni diverse, perfettamente integrate tra di loro.
Immaginando il Cilento diviso in quattro distretti: un’area a maggior vocazione commerciale ed industriale a nord quale sorta di “distretto produttivo” , un’area interna dedicata all’escursionismo, alla valorizzazione dei cento borghi, quale “distretto naturalistico e della dieta mediterranea”. Un’area costiera a maggiore vocazione turistica quale “distretto alberghiero”.
Ed in ultimo un “distretto dei servizi” in una sorta di cittadella delle funzioni sanitarie, amministrative giudiziarie e scolastiche.
Come un motore a quattro cilindri, con altrettanti pistoni capaci di muovere la nostra meravigliosa macchina.
Il tutto immaginando una pluralità di soggetti, non per forza concentrati in un unico comune, come una sorta di orchestra, dove ciascuno dei singoli componenti debba agire in sincronia con gli altri, seguendo un medesimo spartito.
Da sempre i processi economici camminano ad una velocità superiore rispetto alla politica.
Occorre che quest’ultima cambi passo, per non restare irrimediabilmente indietro, fermi negli sciocchi riti del campanilismo e nel vacuo particolarismo, riuscendo a coinvolgere il meglio dalle risorse umane, utilizzando quelli che sono andati via, e quelli, ancora più coraggiosi che nonostante tutto sono rimasti.
È opportuno che i sindaci dei comuni capofila comincino a parlarsi, a creare una cabina di regia, facendo da guida alla Comunità dei Sindaci del Parco, da troppo tempo assente o comunque in silenzio su tutti i piccoli e grandi temi.