Siamo soliti immaginare San Matteo, impegnato nel suo lavoro di esattore delle tasse, nel momento in cui viene invitato da Gesù a seguirlo. Ignorando però quanto il Santo sia legato non solo al Cilento, ma all’intera provincia di Salerno. Che come tutta la Campania intreccia storia, tradizione, leggende, religiosità e spiritualità. A tal punto che c’è chi si è impegnato per far rivivere il suo culto, dargli continuità, consegnarlo ai posteri. Tanto da creare un itinerario turistico-religioso – che unisce Casal Velino a Salerno – seguendo il cammino delle sue spoglie nella loro traslazione.
Nella Translatio sancti Matthei apostoli et evangeliste – opera di un ignoto monaco del monastero di S. Benedetto di Salerno vissuto nella seconda metà del X secolo – si racconta che nel 954 una pia donna di nome Pelagia ebbe in una visione notturna l’apparizione del Santo Matteo. Il quale indicò l’ubicazione precisa delle sue spoglie. La donna incaricò il figlio, il monaco Atanasio, di cercarle tra le rovine di antiche terme (Velia), sotto un altare marmoreo ricoperto da rovi, tra i ruderi di una domus appartenuta ad un personaggio di rilievo. A Velia, le spoglie dell’evangelista Matteo vi giunsero intorno al V secolo, e vi rimasero sepolte per circa quattro secoli.
Una volta qui, Atanasio tentò di portare le reliquie a Costantinopoli, ma tempeste marine glielo impedirono. Così, il monaco le nascose nella località “Ad duo flumina”, nell’attuale chiesetta di San Matteo, a Casal Velino Marina. Un’iscrizione piuttosto tarda (XVIII sec.), incastonata sul lato corto dell’arcosolio, ricorda l’episodio della traslazione.
Nel proseguire il cammino, i fedeli giunti a Rutino incapparono in un evento miracoloso: furono dissetati da una fonte di acqua limpida e fresca, che sgorgò misteriosamente. Così, in ricordo della protezione del Santo, realizzarono un’effige e una lapide marmorea. L’antica fontana, chiusa da un muro circa 200 anni fa, oggi è stata riportata alla luce.
Nella chiesa-cattedrale di Caputaquis (Capaccio) furono deposte le sue spoglie. L’evento è ricordato da un’epigrafe posta nel braccio meridionale del transetto, dove è collocata anche un’urna marmorea che, secondo la tradizione, avrebbe custodito le ossa dell’Apostolo, oggi Santuario della Madonna del Granato.
Il 6 maggio 954 d.C. furono portate a Salerno. Troveranno definitiva sistemazione nel Duomo, fatto erigere dal duca normanno, Roberto il Guiscardo e consacrato da Gregorio VII nel 1084. La Cripta ospita al centro la tomba del Santo Patrono, celebrato il 21 settembre.
Il Cammino di San Matteo ripercorre la storia della traslazione delle spoglie dell’Apostolo ed Evangelista Matteo dal Cilento a Salerno. Giudeo di nascita, esercitava il mestiere di gabelliere in Cafarnao. È l’autore del primo Vangelo, che scrisse in aramaico, ed è uno dei primi Apostoli che Gesù chiamò alla sua sequela. Fu trucidato da una squadra di pagani, mentre celebrava il santo sacrificio. Le sue reliquie furono trasportate dopo trecento anni in Bretagna. E di qui seguiranno un cammino di circa 230 chilometri, che coinvolge circa 27 comuni (divisi tra la diocesi di Vallo della Lucania e la diocesi di Salerno). Tra questi, Velia, Casal Velino, Rutino, Capaccio e Salerno hanno avuto il privilegio di conservarne le spoglie.
«Tutto ha inizio nel 2012 con la riqualificazione della Cappella ‘Ad duo flumina’ voluta dal Gruppo di Preghiera “I fedeli di San Matteo”, un’associazione no profit, rivolta all’apostolato di San Matteo, con me a capo» – ci spiega il presidente, Alfonso Grieco. Seguirà poi l’ideazione del percorso religioso, che vedrà la luce il 21 agosto 2018. In occasione dell’alzata del panno, durante la quale è stata consegnata la pergamena del percorso all’arcivescovo di Salerno monsignor Pierluigi Moretti.
Il progetto è stato riconosciuto tra i più importanti dei Cammini del Sud Italia ed è stato inserito nell’Atlante dei Cammini di fede. Ad oggi, la Regione Campania dovrebbe avviare l’iter per la segnaletica. Un passo in avanti anche per lo sviluppo del territorio. «Il pellegrino – prosegue Grieco – percorrendolo avrà con sé un passaporto: ad ogni tappa potrà avere il timbro della parrocchia e a fine cammino sarà rilasciato un attestato di indulgenza». «Una vocazione ma soprattutto il desiderio di diffusione di fede, nato da una spinta dataci dal Santo, che ha rimpicciolito ogni ostacolo. Profetica fu questa frase “O viandante apprendi queste gesta e prosegui il cammino” (oggi affissa sulla lapide dell’arcosolio)». Un impegno che «ci ha condotti fino al Santo Padre, che oggi conosce la storia di San Matteo e mi ha invitato a proseguire». Ma soprattutto la «ripresa del culto di San Matteo ed insieme un risveglio delle coscienze».
Anais Di Stefano