Ogni volta che ci si mette davanti alla TV per guardare auna partita di calcio descritta con dovizia di particolari sia tecnici, di calcio giocato; sia metaforici, di un confronto agonistico; è interessante considerare la precisione dei dati ricordati: la carriera di ogni singolo protagonista, il numero di sconfitte, di pareggi e di vittorie riportate dalle squadre che si confrontano sul piano sportivo e agonistico, il “valore” economico in milioni di Euro dei singoli professionisti con il quale sono stati scambiati da una società all’altra … addirittura le plusvalenze!
È importante che i telecronisti, giornalisti sportivi; i commentatori che siedono al loro fianco, ex calciatori di chiara fama; altri situati a ridosso delle panchine (maschi o femmine) … siano lì a raccontare le vicende con passione, entusiasmo, imparzialità sottolineando le azioni di gioco, i falli, le sostituzioni, le espulsioni, le possibili implicazioni della vittoria, sconfitta o pareggio … i cori e le scenografie dei tifosi, la presenza o meno di spettatori di prestigio nelle tribune, sottolineare l’arbitraggio buono o meno buono dei direttori di gara …
C’è un aspetto, però, che lascia l’amaro in bocca …
Si tratta del linguaggio “colorito” che molti dei cronisti o commentatori, ma anche di molto allenatori e dirigenti delle varie squadre, con il quale è arricchito (secondo loro) il racconto.
Questo avviene quando lamentano la poca “aggressività” della squadra nei confronti dell’altra; la necessità di dimostrare una po’ più “cattiveria” nell’attaccare o difendere; di aumentare le “incursioni” su una fascia o sull’altra del campo di gioco; di “colpire” in modo “corsaro” la difesa della squadra avversaria; di mettere più grinta per “fare veramente male”; di “attaccare” per “conquistare” più campo; di “abbattere” il “muro” eretto al limite dell’area; di dimostrare di essere più “affamati” di vittoria …
Poi, quando i compagno o l’allenatore usa il “turpiloquio” nei confronti di un atleta che non si attiene alle sue indicazioni ecco che, dall’inviato a bordo campo, arriva il commento: “non si può ripetere, ma è facile immaginarlo …” e dalla cabina dei telecronisti arriva la sottolineatura con una bella risata di accompagnamento a rincarare la dose.
Questo tipo di linguaggio è preso in prestito dal gergo militare, dal linguaggio scurrile, dalle “curve” degli stadi, dagli scontri tra tifoserie nelle piazze delle città, dagli agguati su strade e autostrade …
Quando poi, dalle parole si passa ai fatti, ecco che si scatena la corsa a indicare la mancanza di rispetto dei “principi” dello sport “più bello del mondo”; i tifosi corretti non meritano di essere tenuti “fuori dagli stadi” per “pochi” facinorosi”; la polizia dovrebbe “prevenire” e non farli arrivare nelle città sedi di partite; si conoscono e sono tutti “schedati” dovrebbero andarli a prendere …
Di atti di violenza se ne possono contare a decine; molti dei quali hanno anche provocato morti e innumerevoli feriti, oltre ai danni materiali delle città che ospitano le competizioni sportive e negli autogrill situati sulle autostrade
Passato il fatto “criminogeno”, condannato a piene mani da politici, atleti, allenatori, dirigenti, tifosi (quelli “buoni”) telecronisti e commentatori sportivi, si riparte dal “gioco” giocato! Ma per renderlo più “digeribile” ai tanti che tengono le “mani in tasca” per evitare di “menarle” addosso a chi sostiene un’altra squadra, ecco che telecronisti, radiocronisti, commentatori, allenatori, atleti, non trovano di meglio che imporre un linguaggio preso in prestito dal mondo parallelo di “guerre” e “rivolte” per descrivere vicende legate ad una partita di calcio giocato che è lo sport più “bello” del mondo!