Dario Di Stasi, biologo laureato all’Università “Federico II” di Napoli nel 2006. Ha lavorato nella ricerca e nella diagnostica tra Roma, Napoli, Vallo della Lucania, Benevento, Castel Volturno. Oggi si occupa principalmente dell’aspetto didattico, ma “il primo amore non si scorda mai”. Originario di Felitto, vive in Veneto e quando gli impegni glielo consentono, non perde mai occasione di tornare in Cilento a ritrovare il calore della sua famiglia e degli amici di sempre. Si è colta l’occasione delle sue ferie, per un’intervista ad Unico, nella quale prova a sciogliere qualche dubbio inerente alla questione epidemiologica.
Che cos’è il covid? Perché è così pericoloso?
Il COVID 19 (o malattia da coronavirus del 2019) è una malattia infettiva che colpisce il sistema respiratorio. La sintomatologia più diffusa comporta tosse secca, raffreddore, fiato corto, febbre, ma può portare anche alla polmonite interstiziale bilaterale, ovvero all’impossibilità di poter scambiare ossigeno ed anidride carbonica tra sangue e polmoni e, dunque, alla morte.
E’ molto pericolosa per due motivi: innanzitutto ha un tasso di letalità superiore al 2%, ma soprattutto per l’elevata contagiosità del virus.
Come si combatte?
Ad oggi, abbiamo solo due armi per combattere la diffusione del virus: i vaccini e la responsabilità nelle proprie azioni.
I vaccini sono efficaci?
I dati che provengono dalle campagne vaccinali sono molto incoraggianti. In Italia, nei vaccinati, l’infezione cala dell’80%, l’ospedalizzazione cala del 90%, la terapia intensiva del 98%, mentre la differenza nei decessi tra vaccinati e non-vaccinati è del 99%. Negli USA e nell’UE solo l’1% dei ricoverati in ospedale ha completato entrambi i cicli vaccinali.
I vaccinati possono ugualmente ammalarsi e contagiare gli altri?
Quando diciamo che il vaccino inibisce l’infezione dell’80/90%, vuol dire che esiste comunque un 10/20% di vaccinati che contrae il virus. Chi ama confutare la teoria scientifica sguazza in questa porzione, ma dopo un anno e mezzo di pandemia, i numeri sono più che promettenti: solo una piccolissima parte dei vaccinati infetti necessita di cure ospedaliere ed appena il 10% dei vaccinati infetti riesce ugualmente a contagiare, sebbene con intensità poco rilevante, da sviluppare al massimo una positività asintomatica al virus. Bisogna vaccinare tanto e vaccinare in fretta, sicché i numeri possano migliorare e possa raggiungersi presto l’immunità di gregge. Infine, particolare da non sottovalutare, maggiore è la copertura vaccinale in una popolazione, minore è il rischio di mutazione del virus e/o la generazione di nuove varianti
I vaccini sono tutti uguali?
No. In Italia ne vengono inoculati 4 di due tipologie differenti: Pfizer e Moderna hanno un’efficacia del 94-95% e sono “ad mRNA” (il vaccino fornisce alle cellule del nostro corpo le armi per combattere il virus al suo eventuale ingresso), mentre AstraZeneca e Johnson&Johnson hanno efficacia nell’80% dei casi e sono “a vettore virale” (il virus inattivo e quindi non-pericoloso viene inoculato nel nostro corpo; il nostro sistema immunitario lo studia a fondo e ne prende le contromisure, sicché all’eventuale contagio, l’esercito immunitario saprebbe già come combattere l’infezione in atto).
Il primo vaccino è stato inoculato a 10 mesi dal primo caso di Codogno, a conferma dell’ottimo lavoro fatto dall’industria farmaceutica e della ricerca internazionale. Tuttavia lo studio non si ferma, poiché il virus muta e non è da escludere che, come per l’influenza stagionale, fra qualche anno il vaccino possa essere relativamente diverso a quello attuale.
Spesso si sente di reazioni avverse e, purtroppo, anche di morti. Quanto sono sicuri oggi i vaccini?
Su oltre 60milioni di dosi somministrate in Italia, sono state segnalati circa 76mila (cioè lo 0,12%) effetti collaterali gravi e circa 600 (cioè lo 0,001%) hanno dato esiti di “letalità sospetta”. Che il vaccino sia un farmaco sicuro lo dimostra anche il confronto con la generica letalità da farmaco per anafilassi fatale che, in Italia, supera il 2%. Inoltre, per capire meglio questi numeri, bisogna sottolineare che la letalità di covid prima della comparsa dei vaccini rasentava il 5%, mentre oggi è prossima al 2% e continua ad abbassarsi. I numeri non mentono; sicuramente i vaccini miglioreranno col tempo, ma già oggi “i benefici superano di gran lunga i rischi”.
Quanto possono incidere le condizioni climatiche sulla diffusione del contagio? Esiste una correlazione?
Sicuramente i più attenti avranno notato che le influenze proliferano maggiormente nei periodi freddi. Ed è successo anche con il covid, con contagi in ascesa, alternativamente nel corso dell’anno, in autunno-inverno prima in Europa ed USA e successivamente in Sudamerica e Sudafrica. In linea di massima, una correlazione patologica è legata all’aria fredda e secca che, asciugando la mucosa nasale, rende l’apparato respiratorio più vulnerabile all’attacco patogeno. Tuttavia, per quel che interessa il contagio, non bisogna dimenticare che il virus non ha le gambe né vive nell’aria, bensì si serve di un uomo per infettare un altro uomo. In questo contesto, il miglior alleato del virus è rappresentato dagli ambienti chiusi, affollati e con poco ricambio d’aria che, prevalentemente in autunno-inverno, facilitano e di molto il contagio.
Ci dica, cosa sono le varianti? C’è la prospettiva di un richiamo vaccinale di una terza dose?
Tutti gli esseri viventi sono il risultato di mutazioni casuali. Esse, come diceva Darwin, possono rendere la specie più forte e, quindi, proliferare; ma possono anche rendere la specie più debole e, quindi, causarne l’estinzione. E’ il meraviglioso principio della selezione naturale! Ora, essendo un processo casuale come il lancio dei dadi, più possibilità ha il virus di replicarsi e mutare e più possibilità avrà di generare varianti più aggressive. Per ridurre tali probabilità bisogna dunque vaccinare e vaccinare tanto perché il vaccino, sebbene non prevenga il contagio (come visto, nel 10% dei casi), inibisce del tutto la replicazione del virus (e quindi il rischio mutazione e la creazione di nuove varianti). Affinché si raggiunga la cosiddetta “immunità di gregge”, bisognerebbe superare il 70% di persone vaccinate. E siccome la protezione vaccinale è (per ora) garantita solo per 8-9 mesi, onde evitare di far scendere il tasso ad oggi raggiunto (52-55%), probabilmente già a breve si partirà con una 3ª dose. L’obiettivo finale è quello di rendere la vita al virus così difficile, da riuscire a trasformarlo solo in un fenomeno endemico, ovvero ristretto solo a limitate aree geografiche e, dunque, meno pericoloso, meno contagioso e meno mortale.
Dal 6 agosto, anche in Italia ci sarà il GreenPass obbligatorio per i locali al chiuso…
Sono molto favorevole al GreenPass, poiché nelle bolle vaccinali è giusto che “si torni alla vita di prima” ed in tutta sicurezza. Credo che in un Paese democratico le decisioni non vadano imposte, ma qualora la maggioranza dei cittadini decidesse di vaccinarsi, la minoranza non dovrebbe lamentarsi nel non poter frequentare ambienti (cinema, teatri, ristoranti, trasporti, palestre, bar, stadi) dove sia richiesto tale documento. Tutti ambienti che, non dimentichiamo, economicamente, stanno pagando un prezzo altissimo in questa pandemia.
Cosa pensa del movimento NoVax?
Non ho particolare stima o simpatia per questi signori, poiché in questa fase della pandemia le loro teorie non dimostrate da alcuna tesi scientifica stanno rivelandosi molto dannose, minando la fiducia della gente nella scienza, la stessa scienza che ci ha portato dal geocentrismo e dal terrapiattismo del MedioEvo alle auto ibride ed ai telefoni cellulari dei giorni d’oggi, senza trascurare un progressivo aumento dell’aspettativa di vita. Criticano i numeri, criticano l’obbligo vaccinale, criticano il GreenPass, criticano il lockdown: ma precisamente, loro cosa propongono? Perfino la Svezia ed il Brasile, protagonisti del negazionismo e del lassismo della prima ora, si sono dovuti ricredere. “La libertà”?! Ma la libertà di un individuo finisce quando va ad invadere quella del suo prossimo. In Italia ci sono centinaia di migliaia di cittadini immunosoppressi da trapianti o chemioterapie: costoro non possono godere degli effetti del vaccino e la loro fragilità necessiterebbe maggiore empatia in un Paese che i NoVax dicono di auspicare civile e libero. Quando sento parlare di “dittatura sanitaria” mi viene da ridere: nelle dittature, il dottor Mengele di turno avrebbe ficcato un ago nel braccio a tutti loro senza dargli nemmeno il tempo di pensare se fosse più pericolosa BigPharma o le scie chimiche. In effetti suona un po’ strano che noi vaccinati siamo “pecore omologate”, mentre chi si oppone al vaccino sia un “nobel per la Medicina”.
Cosa ha imparato da questa esperienza?
Ad avere sempre fiducia nella scienza e mai nelle prime sensazioni non comprovate. Non mi vergogno di ammettere di aver inizialmente sottovalutato questo virus, anche perché dalla censura cinese arrivavano solo notizie superficiali; purtroppo, dopo pochi giorni, la gravità della situazione è stata chiarissima.
Cosa intravede nel futuro?
Sono ottimista. Un anno fa, in questi giorni, brancolavamo molto di più nel buio, tra ansie ed incertezze; oggi, grazie alla ricerca scientifica, si è affinata la cura della patologia e, contemporaneamente, si è sviluppata la prevenzione vaccinale consentendoci di vivere già un po’ meglio; fra un anno la qualità della vita sarà necessariamente migliore. L’unica preoccupazione sta nel tasso di vaccinazione ancora non sufficiente. I numeri di questi giorni dicono che il contagio stia aumentando di nuovo: in Lombardia, Veneto ed Emila-Romagna il 95% dei nuovi infetti rappresenta persone non-vaccinate. Non è una guerra lampo, ma sono fiducioso che la vinceremo…
Fonte dati: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_14-luglio-2021.pdf
Intervista a cura di Angelo D’Ambrosio