Sarebbe così facile- e ipocrita -scrivere l’ennesimo articolo contro la violenza sulle donne. Sarebbe così facile ridurre tutto alla manfrina del “se ti ama, non ti picchia!”, “se ti ama non ti fa del male”, “le donne non si toccano nemmeno con un dito” e, ultima ma non ultima, la retorica insopportabile delle donne cadute dalle scale o sbattute sugli spigoli. Come si fa a ridurre in questo modo la complessità del reale? La verità è che i “giganti buoni” (come titolava un giornale poco tempo fa), quelli che mutilano, storpiano e brutalizzano le donne per il “troppo amore”, all’inizio non li riconosci. E chiudi anche un occhio ai primi “tu sei pazza, tu non capisci niente”. Se in una relazione vi è stato detto, almeno una volta “Tu non capisci niente”, “è sempre colpa tua”, “tu sei pazza”, “tu sei esaurita”, “ma come ti conci?”, “tu sei tutta strana”, “sei brutta”, “non parlare con quello perché sennò sei una zoccola”, “fammi vedere le chat”, “sei veramente scema”, “devi fare quello che dico io”, “devi sempre essere disponibile a fare sesso, quando te lo dico io”, “la tua amica è puttana e ti porta sulla cattiva strada”, probabilmente dovreste farvi due domande sull’uomo che vi siete scelte. Ve lo dico col cuore in mano. E non occorre che lui vi dia fuoco ai capelli, che vi violenti, che vi sgozzi con un coltello seghettato, perché le lame che vi scaglierà contro con la sua lingua biforcuta saranno più taglienti di qualsiasi fendente. E il loro colpo risuonerà in eterno ogni volta che vi guarderete allo specchio nude, prima di fare la doccia, quando ammirerete le vostre forme e ci sentirete sopra l’alito di quelle parole marce. Di quelle parole fetide, che vi hanno violentata, castrata e mutilata. Quelle cicatrici vi accompagneranno sempre, come il canto inquietante di un carillon rotto. Voi stesse diventerete carillon rotti e marcirete assieme a uomini del genere. Avvizzirete, vi verranno le rughe attorno alle labbra e sul cuore. Uomini passivi e apatici, pigri verso la vita e privi di fantasia, pronti a mortificare ogni vostro slancio di creatività e amore verso la vita con uno sguardo schifato e un “Quanto sei pesante”. Perché si continua a rimanere accanto a individui simili? Perché i “giganti buoni” risucchiano, come buchi neri, ogni minima traccia di raziocinio, frustrano l’amor proprio e ci riconsegnano una versione di noi vuota e con gli occhi di vetro. Un bozzolo, una larva, un’ameba. La violenza psicologica e la dipendenza affettiva fanno male quanto la violenza fisica, sono come serpenti che ci avvinghiano la gola. E tu, pur di sentirti amata e accettata, ti taglieresti un braccio, per avere solo un altro po’ di quella droga letale che è la sua APPROVAZIONE. Abbiate il coraggio di guardavi dolorosamente allo specchio e capire, da sole o chiedendo aiuto (anche intraprendendo un percorso psicologico) che non siete nate per compiacere l’uomo di turno, che non dovete passare la vita a guadagnarvi l’approvazione di un uomo. La società patriarcale in cui viviamo insegna a noi donne a compiacere gli uomini: che siano essi padri, mariti, fidanzati, amici o altro. Nella sua opera “Una stanza tutta per sé”, la scrittrice Virginia Woolf scrive così: “Per secoli le donne sono state specchi magici e deliziosi in cui si rifletteva la figura dell’uomo, raddoppiata […] questi specchi sono indispensabili a ogni azione violenta ed eroica”. Per capirlo ci vuole tempo, purtroppo. E anche una necessaria dose di sofferenza. Soltanto in questo modo riuscirete a ripulirvi gli occhi e a capire che voi, sì proprio voi, non avete bisogno di quel suo sguardo freddo e indagatore, che si posa su di voi come una ragnatela per giudicarvi e farvi sentire colpevoli fin nel midollo, fin nel punto più intimo di voi stesse. Parlate, rivolgetevi a chi di competenza, riscoprite voi stesse e riaffiorate da quella pozzanghera dove sguazzavate. Sono per un mondo in cui nessuno è proprietà privata di nessun altro, in cui siamo gli unici padroni dei nostri corpi, i nostri corpi sgraziati, santi e imperfetti. La società patriarcale in cui siamo immerse, ci insegna che non siamo nulla senza un uomo accanto. Che la felicità esiste soltanto se abbiamo un uomo vicino, se diventiamo madri o se iniziamo a scegliere i mobili per la casa dove invecchieremo con nostro marito. Non sono prese in considerazione cose come la crescita personale, l’autonomia, la volontà di riuscire a stare bene da sole e reggendoci sulle nostre gambe. Non è contemplata la voglia di conoscerci meglio, viaggiare, capire chi siamo, superare i nostri limiti e fare un sacrosanto viaggio interiore senza la necessità di avere un uomo accanto. Mi sono sempre ritenuta femminista e sono per l’antisessismo a trecentosessanta gradi, e quindi disprezzo anche le estremizzazioni che portano a dire cose come “Le donne sono migliori degli uomini, sono esseri speciali, gli uomini ragionano tutti col proprio membro. No cari, anche questa è una estremizzazione e non fa che portare acqua al mulino sbagliato (oltre che ad essere sessista). Di nuovo la Woolf, rivolgendosi alle scrittrici: “Tutto questo opporre un sesso all’altro, una qualità all’altra; tutto questo attribuire superiorità a sé stessi e inferiorità agli altri, appartiene a quella fase scolastica dell’esistenza umana in cui ancora esistono “squadre”, e sembra necessario che una squadra riesca a vincere l’altra […] a misura che le persone maturano, smettono di credere nelle squadre”. Sono per un mondo in cui anche gli uomini sono liberi di piangere e mostrarsi deboli, senza essere chiamati checche o femminucce, sono per un mondo in cui l’uomo che piange è considerato normale, in cui il machismo e la virilità a tutti i costi vengano polverizzati. Perché sì, esistono gli uomini di merda (così come le donne di merda), ma esistono anche uomini meravigliosi, ed è bene ricordarcelo. Sono per un mondo in cui la narrazione dei fatti assuma colori sfaccettati, in cui le parole riprendano il loro significato primigenio e indichino, con precisione chirurgica, i concetti giusti. Sono per un mondo in cui l’indipendenza e la libertà personale risplendano come il bene più prezioso. Sono per un racconto diverso, sono per le fiabe con i protagonisti adatti. Perché le fiabe con i giganti buoni mi hanno sempre fatto schifo.
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