E’ una questione datata, ma del tutto attuale in quanto non risolta, quella che focalizza la difficile conciliabilità dei tempi “imposti” dalla organizzazione sociale con i tempi propri della donna e della famiglia. Potremmo dire della non conciliabilità dei tempi pubblici con quelli privati.
Solo negli ultimi anni si è fatto qualche timido passo in avanti nella organizzazione dei tempi sociali/pubblici (in termini di flessibilità, o di lavoro part-time) a parziale vantaggio dei tempi privati.
Pensiamo, per fare un esempio dei più semplici, alla organizzazione del sistema scolastico, modulato su tempi pressoché rigidi, che inevitabilmente confliggono con le esigenze delle famiglie (e delle donne, in particolare modo).
Una mamma che deve accompagnare e riprendere due (o tre) figli in differenti scuole (una materna, una elementare ed una media) si trova con tutta evidenza nella impossibilità materiale di essere contemporaneamente in più luoghi della città quando l’orario di inizio delle lezioni è identico nelle tre scuole.
Una possibile soluzione della questione potrebbe risiedere in un coordinamento programmato dei tempi che sfasasse gli orari di inizio delle attività nei vari ordini di scuole, nell’arco per esempio dei trenta minuti tra le 8 e le 8,30. In questo modo si darebbe anche un contributo al decongestionamento del traffico, effetto collaterale della rigidità degli orari e causa esso stesso di ulteriori problemi.
In qualche città questo coordinamento tra gli orari di apertura delle scuole è stato sperimentato con apprezzabili risultati, ma l’idea, pur semplice, fatica a diventare senso comune e ad affermarsi in modo generalizzato. Pensiamo poi agli orari di apertura al pubblico degli uffici: in generale sono concentrati nelle ore centrali del mattino, nei giorni dal lunedì al venerdì; che è, peraltro, la fascia temporale in cui la maggiore parte delle persone lavora, cosicché anche in questo caso c’è conflitto tra i tempi sociali ed i tempi privati degli individui. In aggiunta al conflitto tra gli orari, va segnalato il perdurante spreco di tempo imposto da una organizzazione degli uffici che continua a fare dell’ottuso burocratismo quasi la propria ragione d’essere: come se molti uffici derivassero il motivo della propria esistenza dall’applicazione maniacale di normative, procedure, regolamenti, tanto più puntigliosamente imposti quanto più privi di senso e di razionalità.
Sono ormai trascorsi tre anni dalla cosiddetta riforma Bassanini, che doveva liberare il cittadino dalla morsa della burocrazia; indubbiamente alcuni passi avanti, ad esempio nella autocertificazione, sono stati compiuti, ma è pur vero che sono ancora tanti gli uffici dello Stato che continuano imperterriti a richiedere il rituale “certificati in bollo”. E’ vero che alcuni enti locali, come ad esempio il Comune di Salerno, hanno organizzato un sistema di certificazione rapido ed efficiente, con uffici decentrati sul territorio che corrispondono in tempo reale alle richieste dei cittadini; ma, tutto sommato, si può verificare che si tratta di positive eccezioni, laddove nella gran parte dei casi il sistema di organizzazione degli uffici pubblici sembra fatto apposta per fare perdere tempo alla gente. Se però la difficoltà è generale e riguarda tutti i cittadini, come spesso accade c’è una categoria che più di altre avverte il peso della attuale organizzazione dei servizi, e si tratta delle donne sulle quali, come al solito, si riversa il peso delle contraddizioni e delle inefficienze del complesso della organizzazione sociale. Sulle donne, oggi non meno che per il passato, pesa il doppio ruolo e il doppio lavoro dentro e fuori dalla famiglia. E’ la donna che deve farsi carico di tutta l’organizzazione della vita quotidiana della famiglia, ed è sulla donna che in aggiunta pesano ancora oggi discriminazioni sul lavoro e per accedere al lavoro. La soluzione dei problemi evidenziati non può essere lasciata alla capacità della singola persona, o della singola famiglia, di venire a capo delle situazioni più difficili e di trovare, comunque, le risorse per sopravvivere. Una società che voglia tendere alla effettiva eguaglianza tra i cittadini dovrà sempre più sviluppare i servizi sociali (asili nido, assistenza agli anziani, eccetera). Questi ultimi, dal canto loro, non dovranno essere un elemento di assistenzialismo parassitario ma, al contrario (se ben gestiti, organizzati e finalizzati), potranno costituire elementi di razionalizzazione e di liberazione di energie e di creatività tali da risolversi in beneficio per i singoli, per le famiglie, per l’intera collettività.
Mariarosaria Orlando
Comm. Pari Opportunità Provincia di Salerno