Il tatuaggio è una procedura invasiva per mezzo della quale il disegno viene impresso sulla cute con iniezione di inchiostri nel derma, lo strato più profondo della pelle, con macchine che la perforano ad alte velocità, comportando necessariamente uno stress. Tutto ciò può indurre complicazioni come reazioni allergiche ed eruzioni cutanee, anche a distanza di tempo. In persone predisposte, la pelle incisa può reagire e possono comparire infiammazione e ispessimento del tessuto, con la formazione di cheloidi. Tra i componenti degli inchiostri inoltre può nascondersi il nichel, sostanza alla quale molti individui sono allergici. Fondamentale poi, è il rispetto delle norme igieniche. Infatti, esiste il rischio di infezioni locali di tipo batterico come l’impetigine, dovuta a batteri che si insinuano nelle piccole lesioni causate dall’ago, causando croste e pus, o di tipo virale, come herpes, epatite e HIV. Per questo è tassativo l’uso di guanti e aghi monouso; ma anche i contenitori di inchiostro dovrebbero esserlo ed essere aperti sotto i nostri occhi.
La procedura comporta un rischio tossicologico. Oltre ai conservanti, gran parte dei pigmenti organici possono sviluppare ammine cancerogene. Gli inchiostri tendono a degradarsi e diffondersi nell’organismo in microparticelle, che sono state rintracciate a livello dei linfonodi, per cui non si può escludere un rischio oncologico. Per questo sono frequenti le notizie che riguardano il ritiro di alcuni inchiostri. Si tratta soprattutto dei pigmenti per inchiostri rossi, gialli e arancioni e del nerofumo. In Italia il controllo è severo, ma il rischio persiste.
La scelta di fare un tatuaggio dovrebbe quindi essere attentamente ponderata, avendo chiaro che non sarà facile da rimuovere e sarà soggetto ai mutamenti della pelle stessa, che con il passare del tempo diviene meno elastica.