ROMAGNANO AL MONTE
Tra distese di oliveti a perdita d’occhio, quasi sconfinando in Basilicata, si arriva nel vecchio abitato di Romagnano al Monte, a 64,1 metri sul livello del mare, paese adagiato su uno sperone montuoso, tra rilievi e pareti di roccia scoscese su precipizi. Dopo il terremoto del 1980 l’antico borgo è stato del tutto abbandonato, mentre, negli ultimi anni Sessanta, vi si contavano più di 600 abitanti. Di origine medioevale, ha vissuto una storia simile a quella di altri modesti agglomerati montani a regime pastorale; una storia legata alle vicende e alle sorti delle proprietà feudali. L’antico borgo è un vero e proprio museo a cielo aperto, le cui remotissime origini sono legate probabilmente alla “Vulceiana civitas”. Esso si presenta come un presepe, affacciato sulla profonda gola della Valle del fiume Bianco e dominato dai resti della cinta di mura del castello baronale.
CAMPORA
Campora è incoronato da tre boschi: il bosco Montagna, con piante d’alto fusto, il bosco Mancine con castagni ed ontani, il bosco Piana con pini. Tra le suggestioni di questo paesaggio e l’acqua dei torrenti Trenico e Torno, Campora, il cui toponimo deriverebbe da “Campus orationis”, ossia luogo di preghiera, conserva un tracciato urbano in cui è ancora ravvisabile l’asseto di un borgo sviluppatosi intorno a case a torre, di pianta quadrangolare, risalenti, probabilmente, al XVI secolo. La chiesa di San Nicola, edificata su un precedente cenobio basiliano, è del XVIII secolo; è ad unica navata e preserva un monumentale organo a canne. Nelle vicinanze di Campora si innalza la “Pieve del Sasso”, caratterizzata da un pavimento a lastroni posti in pendenza e da un fonte battesimale coevo alla sua fondazione medioevale.
VALLE DELL’ANGELO
Il suo nome è correlato alla presenza della Grotta di San Michele, detta anche dell’Angelo, che si apre nel cuore del rilievo roccioso che domina il paese. Si narra che in questa grotta, tra il VI e il X secolo d. C., abbia trovato ospitalità una comunità di monaci italo-greci. L’intreccio di vicoli e scorci incantevoli rendono il suo centro storico un vero gioiello. Ne sono notevoli testimonianze storico-architettoniche la settecentesca chiesa di San Leonardo e la parrocchiale di San Barbato, il patrono, ampliata nel 1763. Fregiata da un elegante portale in pietra, a tre navate, essa conserva un imponente coro ligneo e un bel dipinto di Carmine Natale, pittore di scuola tardo-solimenesca.
SERRAMEZZANA
È arroccato sulle pendici del Monte Stella, quasi nascosto. Nonostante le sue minuscole dimensioni, Serramezzana è composto da due borghi: san Teodoro e Capograssi. L’intero agglomerato si sviluppa intorno alla monumentale e maestosa costruzione di Palazzo Materazzi, un edificio nobiliare innalzato su due piani, nel 1727, con attigua cappellina privata. Dopo aver attraversato l’ombroso cortile, nel quale si apre la scala d’accesso, se ne possono visitare gli interni, grazie alla gentilezza e alla disponibilità dei proprietari. Il visitatore, qui come in nessun altro luogo, potrà rivivere le sensazioni di una vita antecedente, sembrando che lo scorrere del tempo si sia fermato. Negli ambienti tutto è intatto; tutto è rimasto così com’era. I mobili sono gli stessi, compresi scricchiolii dei tarli, le tappezzerie colorate o stinte sono le stesse; così come i consunti pavimenti di cotto e lo splendido soffitto della Galleria, dipinto nel 1897 dal pittore salernitano Giuseppe Avallone con Apollo Citaredo tra le Muse danzanti.
SACCO
Collocato alle falde del monte Matola, Sacco deve, probabilmente, il suo toponimo alla posizione inaccessibile (saccus in latino indica una via senza uscita) del suo Castello.
L’antico abitato, distrutto da incursioni saracene nel IX secolo, fu abbandonato; quello “nuovo” venne edificato a circa un chilometro di distanza.
Al centro del borgo sorge la chiesa di San Silvestro Papa, ricostruita tra il 1760 e il 1767, sui ruderi di quella più antica. Essa coserva pregevoli sculture, tra le quali spicca, per raffinata fattura, quella raffigurante l’Ecce Homo, opera lignea del 1769, scolpita a Lagonegro da Agostino Pierri.
TORTORELLA
Ben tre chiese aprono i loro ingressi sulla piazza principale del paese: la Chiesa dell’Immacolata Concezione, la Chiesa del Purgatorio, quella di Santa Maria Assunta, la parrocchiale. Ricostruita nel XIX secolo, essa mantiene ancora intatta, a sinistra dell’altare maggiore, la cappellina settecentesca dove si venerano le sacre reliquie di San Felice. A questa chiesa appartiene anche una splendida “Croce astile” in argento sbalzato (oggi presso il Museo Diocesano di Policastro Bussentino), opera tardo quattrocentesca, vicina alla maniera dell’orafo e incisore di origine abbruzzese, Nicola da Guardiagrele. Nella Cappella di Santa Maria dei Martiri si possono ammirare una scultura “murata” della Vergine del melograno e i dipinti murali del XIV secolo raffiguranti Cristo Pantocratore tra angeli e Santi.