di GIUSEPPE LIUCCIO
L’immaginario popolare cilentano le ha ribattezzate “Le sette sorelle”.
Sono le sette Madonne che dominano e proteggono il territorio dalle alture dei santuari da Nord a Sud, dalla costa verso l’interno.
Dal Calpazio, che s’apre alla pianura, sfuma Paestum a gloria di memorie. E sa di Grecia il mare che traluce. Il sole del tramonto rifrange bagliori alle vetrate dell’antica cattedrale, solida e possente sul breve pianoro con il monte Soprano a far da quinta. E la Madonna a mostra di granato, con i chicchi rossi nella conca della mano, contende gara ad Era Argiva, che fu feconda di parti e latte a poppute matrone greche e romane. Giù il fiume che zampilla dal cuore del monte assicura acque ai campi fecondi della piana nel trionfo di frutteti in fiore, di carciofeti a geometria di solchi, di fragoleti a tingere di rosso il bianco trasparente delle serre.
E’ il primo dei santuari mariani al di là del Sele, a testimonianza di trasmigrazione del culto pagano nella liturgia cristiana.Il Monte Stella è un loggiato aperto al mare che ricanta a nenia di risacca la tormentata storia d’amore e morte della ninfa Leucosia gabbata dall’astuto Ulisse. Dall’altro lato è ricamo di coltivi a scivolo di fiume: l’Alento sacro alla mia terra. In cima veglia serena una minuscola cappella, ferita dalle antenne del progresso (Che vergogna quelle postazioni militari ad incursione di sagrato!).Fu meta di pellegrinaggi a devoto ringraziamento per grazie ricevute e segreta speranza di miracoli attesi del popolo del Cilento Antico, che trova in Perdifumo il suo punto di orientamento. Ebbri di festa e sazi di raccolti vi si recano ancora il 15 agosto di ogni anno i devoti alla ressa di conquista di Madonna a sorriso benedicente.
A luglio, nella sera che s’annotta, la brezza sbriglia il bigio degli ulivi e flebile ondeggia a fiamme di candele la processione d’ombre a ricamare tratturo sterrato di preghiera. La Madonna del Carmine, mite pronuba di grazie, veglia su Velia, che fu un tempo regno di Minerva, algida guida a vergini guerriere. Dalla montagna di Catona la piana di Casalvelino ostenta la sua fecondità per le acque del fiume che scorre sonnolento alla foce, un tempo brulicante di traffici e commerci dei Porti Velini. Ed il pensiero corre a Parmenide accigliato ed orgoglioso di Pensiero e a Zenone bello come un dio.
Di fronte la Civitella occhieggia tra i castagni, votati al saccheggio dei virgulti destinati a croci benedette per propiziare case e campagne. Il “frurion”, avamposto dei Lucani, sottovalutato esempio di archeologia minore, festona sole tenero ai macigni che eternano la grande storia di Elea, che vi disegnò le Vie del Mediterraneo a penetrazione verso l’interno a scambio di prodotti tra terra e mare. Sulla pietra levigata dai capricci delle tempeste la zampata del Maligno registra la sua sconfitta a trionfo di Madonna che dalla solida statua di malta annunzia doni.
Di rimpetto il Fiume Freddo, all’ombra dei faggeti secolari, rotola a sbalzi a levigare letti ciottolosi. Sbrilla l’argento a fiotti di fontana a ristoro di pellegrini stanchi. S’impiglia il canto a reti di boscaglia e rauco si spegne al verde delle forre. La cima è conquista di Madonna Nera a memoria di monaci d’Oriente. Il Gelbison, nel toponimo “montagna sacra”, è spianata aperta all’infinito, donde il Cilento mostra la sua storia di case e chiese al verde di campagne in fuga accidentata verso il mare.
Sul Cervati, a guardia della Neve, la Madonna, contesa da Sanza e da Piaggine; a mezza estate le due contrade la venerano insieme ad allegro bivacco per tutta la notte in gara a girotondo con le stelle sul pianoro all’abbraccio con il cielo. D’inverno il lupo ulula alla luna a veglia preoccupata di pastori. Dai 2000 metri d’altitudine è scenario da brividi di piacere a interiorizzare monti e mari fino alle Eolie e all’Etna fumante.
Da San Giovanni a Piro è falce di luna il Golfo che s’inarca a conquista ariosa di colline con torri, chiese, case e cimiteri ad arabesco allegro di campagne. Policastro, superba di memorie, vara cattedrale e castello a mare aperto e tende la mano devota a Pietrasanta che squilla bianca a cupola di cielo. Qui, nel Santuario esposto a vento e mare, una Madonna, a lucido di malta, parla di pietra dura e d’acqua chiara al culto primigenio della vita.
La Madonna del Granato al Calpazio, la Madonna della Stella a Sessa Cilento, la Madonna della Civitella a Moio, la Madonna del Carmine a Catona di Ascea, la Madonna della Neve sul Cervati, tra Sanza e Piaggine, la Madonna di Pietrasanta a San Giovanni a Piro, la Madonna del Sacro Monte a Novi Velia narrano straordinarie pagine di storia religiosa, civile e di costume, che hanno ritmato l’evolversi dei secoli nel Cilento
Ecco un itinerario bello ad avvincente, da percorrere a tappe, ora che la bella stagione consiglia e consente escursioni in quello scrigno di tesori di storia, arte e natura, che è il Cilento.
E’ un viaggio per molti di autentica, originale scoperta, per alcuni occasione di gradito ritorno, per me di scintillante risorgiva del carsismo della memoria a ricomposizione di unità di amore con la mia terra.