Arrivare in ritardo ad un concerto musicale è un peccato, anche se veniale. Questo, però, mi ha dato l’opportunità di vivere l’evento in modo meno scontato di quanto sarebbe potuto accadere se fossi arrivato in tempo nel foyer del teatro Eduardo De Filippo di Agropoli.
Entrare a concerto iniziato è stato come immergersi in una dimensione surreale: l’atmosfera era impregnata dalla musica, ovviamente, ma anche l’ambiente fisico aveva un’aria sospesa … immobile. Guido Carpentieri al pianoforte, Roberto Vecchio al violoncello e Raffaello Garibardi al violino, mi sono apparsi come tre “corvi” neri appollaiati e ripiegati sui leggii nel nido poggiato sul palco del De Filippo. Gli spettatori schiacciati sulle poltrone dalle sinfonie che riempivano la platea. Insomma, uno stato d’animo più che una fruizione di uno spettacolo di inizio primavera che, per la cronaca, non si manifestava per niente nella serata uggiosa del 23 marzo 2016.
Alla fine del concerto, quando gli artisti hanno concesso più di un bis e Franco Alfieri, sindaco di Agropoli, orgoglioso che la bella struttura che la sua amministrazione ha voluto per la cittadinanza, ha portato il suo saluto, l’incantesimo si è sciolto. Tutti ci siamo incamminati verso l’uscita “accovacciati” nei nostri pensieri proiettati, e non poteva essere diversamente, ai tragici attentati di Bruxelles che, oltre ad uccidere uomini, donne, bambini immersi nelle loro esistenze, hanno lo scopo di minare proprio i segni distintivi della nostra civiltà dove la musica ha un posto di prim’ordine.