Legati o meno al proprio territorio, i giovani cilentani emigrano e molti non fanno ritorno, ma una cosa è certa: non faranno mai ritorno, e non desidereranno mai tornare, se non hanno una forte identità cilentana. L’indifferenza nei confronti del luogo di origine accomuna le nuove generazioni, che non si sentono legate a nessun posto. Senza un legame profondo con la propria cultura, i nostri giovani non si sentiranno mai parte integrante e attiva del luogo in cui sono nati.
Dopo il diploma, i ragazzi si allontanano dal Cilento per trovare lavoro o per proseguire gli studi. Salerno è il posto più vicino, poi c’è l’Italia del centro- nord e, opzione sempre più scelta, l’estero. Consapevoli delle opportunità offerte dalle grandi città e dalle metropoli, i nostri ragazzi lasciano i tantissimi, piccoli paesi del Cilento. E le nostre preziose perle, i nostri borghi di antichissime origini che si aggrappano l’un l’altro, sulla spiaggia, immersi nella natura, arroccati su colline prospicienti il mare, in montagna, fra boschi estesi di querce e castagne, si spopolano.
Paesi che sembrano usciti da una fiaba, circondati da mulini ad acqua, ruscelli e cascate; borghi isolati con piazze in pietra su cui s’affacciano palazzi gentilizi e chiese secolari, cui si giunge attraverso vicoli intrecciati e stretti; abitati avvolti da un antico e misterioso fascino medievale…. muoiono. Semplicemente, muoiono; perché abbandonati da tutti, e più ancora dalle nuove generazioni.
Chi abita i paesi del Cilento è chi ha avuto la forza di restare, sostenuto da un amore grande per la propria terra. E poi c’è chi, come me, è partito e poi tornato: lontano da casa, ha sentito profondo il richiamo della propria terra, travolto dalla nostalgia dei borghi cilentani, dei loro valori, delle loro tradizioni.
Chi ha scelto di restare o di tornare nel Cilento, di vivere, insomma, nel Cilento, spesso rinunciando alle opportunità che, fuori dal nostro territorio, avrebbe trovato, si impegna ogni giorno con entusiasmo e caparbietà nella valorizzazione del territorio e della sua cultura, ciascuno secondo le proprie competenze. E siamo tutti adulti. Molti sono pensionati.
I giovani non vedono prospettive lavorative per poter vivere nel Cilento, e devono decidere se rimanere ( e a far cosa) o partire ( con il mondo là fuori che li aspetta). Sono davanti a un bivio, e devono scegliere.
Studi a parte (formarsi è importante, e ben vengano gli studi universitari lontano da casa, anche all’estero), dove vivranno i nostri giovani? Non sanno dove cercare lavoro, nè a cosa aggrapparsi.
Legati o meno al proprio territorio, i giovani cilentani emigrano e molti non fanno ritorno. Un tempo si partiva solo per necessità lavorative, con la nostalgia nel petto, col desiderio di tornare. Spesso, i nostri nonni tornavano, finalmente, dopo la pensione per restare nel Cilento, per non lasciarlo più. Oggi gran parte dei ragazzi non ha legami profondi con la terra da cui proviene, e questo accade in tutto il mondo. Non credo sia una coincidenza che lì dove i paesi si spopolano la cultura e òe tradizioni muoiono.
I giovani sono lasciati a loro stessi, come lasciati a loro stessi sono anche i paesi del Cilento e la loro secolare cultura.
Attraverso anche l’impegno degli adulti, i giovani, sentendosi coinvolti e parte di un territorio, potrebbero riscoprire la propria cultura, e allora ci sarebbero buone possibiltà che decidano di restare o di tornare.
I giovani e i paesi sono, gli uni e gli altri, a un bivio: ecco perché debbono ritrovarsi e, insieme, sconfiggere lo spopolamento del Cilento attraverso la riscoperta e la valorizzazione della cultura e delle tradizioni locali.