In vero è che i danni, oltre a quelli brutali e importanti della malattia e dei decessi, questo microrganismo li ha prodotti in diversi settori e professioni. È bastato un periodo relativamente breve di restrizioni a far si che la circolarità economica del paese subisse danni incalcolabili.
Poco più di una ventina tra decreti del Presidente del Consiglio (DPCM), ordinanze del Ministero della Salute, circolari del Ministero degli Interni, direttive e suggerimenti vari, hanno confinato, in una qualche maniera, la normalità socio-economica nel limbo delle speranze. Ma ancor più hanno da subito fatto intendere, almeno da parte dei cittadini, degli imprenditori, dei commercianti e così via, che qualcosa profondamente e immediatamente critico si stava verificando.
Certo la salute è la cosa più importante. Il benessere di ognuno di noi trova priorità su tutte le cose, economia compresa, anche se il decisore politico qui ha cercato di porvi rimedio, ma non sempre o totalmente soddisfacente per la gran parte degli italiani.
Molti settori economici si sono trovati a fare i conti di cassa che nell’immediatezza hanno rivelato, sistematicamente, prima una crisi istantanea e subito dopo una percezione non positiva per l’immediato futuro lavorativo, dove quest’ultima segna ancora più di ogni altra cosa punti a sfavore, nella ripresa produttiva ed economica dei territori.
Il Decreto Legge 2 marzo 2020, n.9, proposto il 28 febbraio dal Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro alle Finanze, intitolato “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, meglio noto come CuraItalia, ha guardato forse ad uno spazio molto ristretto a fronte della totalità e complessità di tante altre professioni e produzioni. Tante, molte, troppe aziende, professioni, attività e tante altre categorie di lavoratori nonché cittadini neppure sono rientrati nel c.d. Decreto CuraItalia.
Tra queste ad esempio il settore fotografico, una professione legata – così come quasi tutte – ad altre attività per la sua operatività. Ovvero, è come dire che l’economia generale di un paese, ma anche dei micro territori, si manifesta laddove e qualora in quel determinato spazio tutta la filiera della produzione, dei servizi e del consumo si intrinsecano l’uno all’altro, compensandosi nella loro attività; dando così forma alla circolarità produttiva ed economica.
Un settore, quello fotografico, che non solo è passato inosservato dal decreto ma che poco o niente ha suscitato interesse di discussione nelle argomentazioni giornaliere di politica e mass media. Fatto salvo solo per poche righe rintracciabili sul web e di un brevissimo servizio andato in onda sulle reti televisive.
A tal riguardo abbiamo raggiunto telefonicamente Carmine Reina e Angelo Marino, titolari della Diva Service di Capaccio Paestum, azienda di consulenza fotografica molto apprezzata non solo nel territorio campano ma anche a livello nazionale, la quale ha fatto di questa professione una vera sintonia interconnessa con le esigenze dei clienti, interagendo con creatività e originalità.
I fotografi Carmine e Angelo hanno ricevuto molti riconoscimenti professionali tra i quali il Qualified Italian Photographer e l’Italian Professional Photographer e non da ultimo, proprio a causa della loro passione per l’attività artistico-professionale che svolgono, credendo in vero nell’imprenditoria del settore, hanno investito in strutture, nuovi macchinari e strumenti fotografici all’avanguardia:
«Desideriamo proporre ai nostri clienti servizi sempre più moderni e soddisfacenti, ponendo sulla nostra professione la massima attenzione e qualità» commentano i titolari della Diva Service.
Quindi i vostri nuovi investimenti si sono interfacciati con i momenti di crisi economica a causa del Covid-19, poiché i fotografi, come tante altre categorie, sono senza lavoro. Ma perché parlate di un sogno svanito?
«Fotografi e video maker sono parte dell’industria del wedding, che a causa di questo virus e delle conseguenze che ha prodotto, è rimasta ferma da alcuni mesi. Dunque è come aver visto svanire, ed è così, un anno intero di lavoro, fatto di consulenze, preparazioni e così via per gli eventi che avrebbero dovuto svolgersi nel 2020. Un sogno svanito certo, considerato che tutto quanto ormai è alla deriva».
A proposito degli aiuti economici che Stato e Regione hanno detto di erogare alle attività ferme, la vostra categoria ha percepito e/o percepirà qualche aiuto?
«La professione dei fotografi rientra nel codice ateco 74.20.19, ovvero secondo lo Stato siamo equiparati alle attività di beni primari – come ad esempio le farmacie – e quindi per il Governo è come se non avessimo mai chiuso e mai smesso di lavorare».
Una contraddizione abbastanza profonda, considerato che se tutto quanto è fermo, di conseguenza è inutile considerare la vostra attività operante e disponibile per i servizi erogati.
«Potremmo sì, come dispone il Governo, aprire le nostre attività, seppur con le restrizioni tra l’altro paradossali. Difatti facendo un esempio per uno studio di 40 mq il quale dovrebbe ricevere una coppia che desidera avere una consulenza, in fatto di rapporto dello spazio con la distanza da tenere, vuol dire che entrambi non possono entrare».
Quando pensate sarà possibile per i fotografi ritornare a essere attivi?
«Pare che i matrimoni siano stati spostati a data da definirsi, quasi sicuramente ad aprile 2021. Qui però, e ammesso che sia così, molti eventi si accavalleranno e tanti di noi non potranno gestire più di un impegno al giorno. Conseguenza, altra perdita di guadagni».
Perciò possiamo dire che la vostra è un’altra di quelle categorie dimenticate dal Governo?
«Stando alla realtà pare proprio di sì. Il fatto è che nessuno ha considerato, per noi come per tante altre attività, che facciamo una professione la quale produce servizi, se ci sono richieste e se queste vengono ristrette o ancor peggio messe in stand-by ecco che gli effetti si fanno sentire. Inoltre nemmeno servizi come ad esempio fotografie per documenti possiamo erogare, considerato che i rinnovi di questi sono stati posticipati di sei mesi e forse di un anno. Anche se con 2 o 3 foto tessera al giorno non risolverebbero i problemi della categoria».
Oltre ai fotografi professionisti la vostra attività ha anche collaborati vari i quali risentono della stessa proporzionalità di disagio?
«La filiera di un servizio fotografico vede coinvolte molte figure professionali, come il grafico per la post-produzione, il video maker, il montatore video, gli operatori del laboratorio di stampa e rilegature degli album fotografici e così via, per cui anche loro costretti a non lavorare, specialmente quando cerimonie, oltre ai matrimoni, come battesimi, comunioni e compleanni, il che costituisce il core business dei fotografi, vengono di punto in bianco vietate».
Purtroppo, relativamente alle tante restrizioni, il divieto di tante attività o eventi oppure circostanze per ridurre assembramento di persone o limitare i contatti pare essersi verificato un’ottima soluzione nel ridurre la diffusione del Covid-19.
«Senza dubbio, ci mancherebbe. Anzi è un bene per tutti noi pensare alla nostra salute. Tuttavia non vale assolutamente la pena aprire le nostre attività senza poter assolutamente ricevere clientela oppure adoperarti per qualche evento. Se tutto è fermo nulla si muove».
La sospensione di ogni tipo di evento non è stata una bella notizia per i fotografi, così come tutta la filiera connessa ai matrimoni, comunioni, compleanni ecc. I fotografi come tantissime altre attività sono state per lo più dimenticate dal Governo in questa crisi socio-sanitaria-economica, la quale se da una parte è stata prodotta dalla eccezionalità casuale (?), dall’altra è stata marcata, seppur per effetto di necessità e urgenza, dalle azioni dell’uomo e per dirla con Melchiorre Gioja, economista e intellettuale vissuto tra il diciottesimo e diciannovesimo secolo: “La somma delle azioni umane tende a far cessare un dolore od a produrre un piacere, qualunque ne sia la specie”. Qui però non ci ancora dato saperlo cosa o chi ha prodotto più piacere oppure ha contribuito a far cessare un dolore.
Glicerio Taurisano