Nei secoli scorsi l’emigrazione non ha mai risparmiato i giovanissimi. Tra gli atti parlamentari ho rinvenuto un contratto, datato 30 settembre 1866 e redatto a Viggiano (in provincia di Potenza): un certo Pasquale chiede a tale Pietro “che gli avesse dato i suoi figli a nome Francesco e Vincenzo …anche musicanti, uno di violino e l’altro di arpa; il quale Pietro di buon grado vi è condisceso… Che per compenso e mercede del servizio prestante durante il termine di anni tre il padrone (cioè Pasquale) si obbliga consegnare in mano del genitore Pietro…ducati 114 per tutti gli anni tre dandoli ancora qualche cosa di danaro in conto…”. Anche se si tratta di una scrittura privata, va precisato che era del tutto legittima perché risulta esaminata, in data 7 marzo 1867, senza rilievi dal regio console italiano a New York. E badate bene che Francesco e Vincenzo, così come altri loro coetanei di Viggiano, erano dei privilegiati rispetto a quelli di altri paesi perché a Viggiano, essendoci una basilica, c’era un’ottima scuola di musica; questo spiega perché i ragazzi in grado di suonare uno strumento erano i più richiesti dai compra–chicos senza scrupoli come Pasquale. Una volta giunti in America, oppure in Francia, ai giovanissimi musicisti veniva imposto di suonare agli angoli delle strade.
Ma all’altro lato della stessa strada spesso c’erano ragazzi come loro che non sapevano suonare per cui erano costretti a guadagnarsi da vivere o chiedendo l’elemosina oppure facendo i lavori più umili come quello del lustrascarpe. E se non guadagnavano abbastanza bastonate senza pietà e via a dormire (su un misero giaciglio) senza cena.
Molto scalpore suscitò sulla stampa americana un episodio del 1873 quando un certo Giovanni Glionna di Laurenzana (sempre in provincia di Potenza) fu processato e condannato a tre anni di carcere mentre i quattro ragazzi che subivano le sue angherie furono liberati. In quello stesso anno L’eco d’Italia di New York pubblicò la notizia che la polizia di Filadelfia aveva arrestato 150 individui tra padroni e piccoli schiavi italiani che erano stati trovati alloggiati in due luride strade di quella città: solo 75 di quei ragazzi ed alcuni padroni vennero rimessi in libertà. Alla luce di simili avvenimenti, il 18 dicembre 1873, dopo un attento studio del triste fenomeno ed un lungo dibattito, e dopo che la Francia ed altri paesi vietarono l’ingresso dei fanciulli nel loro territorio, il Parlamento italiano approvò una legge a tutela della puerizia: “Proibizione d’impiego di fanciulli in professioni girovaghe” intesa a spezzare una tradizione ed a mettere fine ad una piaga che non interessavano soltanto la Basilicata e le altre regioni del Sud ma anche regioni del Nord e, in particolare, il Piemonte e l’Emilia-Romagna.
E sempre per rimanere in tema di emigrazione giovanile, come dimenticare le parole di un ragazzo calabrese di tredici anni addetto al controllo di una mandria nei pressi di Campotenese. Nel 1910, interrogato dalla commissione parlamentare d’inchiesta sui problemi del Mezzogiorno, rispondendo alla domanda rivoltagli dall’On.le Francesco Saverio Nitti su cosa volesse fare da grande, candidamente affermò: “Aspetto di farmi grande per andare in America”.
Da allora è trascorso oltre un secolo ma, come sappiamo dai libri di storia, dalle cronache dei giornali oppure dal racconto dei nostri nonni, non per tutti il sogno di migliorare la propria posizione si è avverato. Non tutti sono riusciti a “fare fortuna” e per molti il sogno si è tramutato in un incubo.