Qualche settimana fa ho parlato dei cammini comunali che potrebbero essere creati ed attrezzati nel territorio comunale di Ascea/Velia, per rispondere positivamente alle sollecitazioni del Ministro dei Beni Culturali, On. Dario Franceschini in vista dell’Anno dei Cammini. E li ho giustificati con una premessa necessaria ed utile: i cammini attivano tutti i CINQUE SENSI: la vista non per vedere ma per GUARDARE, l’udito non per sentire ma ASCOLTARE, il tatto non per toccare, ma CAREZZARE, il gusto non per mangiare ma ASSAPORARE, l’olfatto, non per fiutare ma ODORARE; in cui vedere, sentire, toccare, mangiare e fiutare indicano solo un atto meramente fisico, mentre guardare, ascoltare, carezzare, assaporare, odorare implicano una sensibilità più alta e raffinata. In cui è impegnata l’elaborazione dell’intelletto che mette in moto cuore ed anima e scatena emozioni, che si fanno sentimenti, humus ineludibile per fecondare pensieri. Idee, che i greci chiamavano nous e quindi fonti di bellezza e, quindi, di etica e responsabilità di scelta, il xalòs xai agatòs, per intenderci. Oggi la mia riflessione si sposta sul vasto territorio di Capaccio Paestum, reiterando la stessa premessa con identica convinzione e forza, in quanto il mio vuole essere uno stimolo alla riflessione/elaborazione per dare un valore più alto alla pratica del “CAMMINO”. Di percorsi/cammini, nel territorio di Capaccio Paestum, per il momento ne ho individuati QUATTRO.
1) Cafasso – Stazione di Capaccio
Cafasso è il borgo più antico della Piana. Ci sono stato di recente. Mi sono incantato, come sempre, alla chiesetta stilizzata nel nitore dei suoi colori tenui con l’agile ed arioso campanile nell’ardito tentativo di perforare il cielo con un filo di croce a rifrangenza dell’ultimo sole. Ho attraversato a passi lenti la piazzetta nell’assorto silenzio di paese a viaggio a ritroso di memoria. Più giù c’è sempre il vecchio opificio della SAIM a riecheggiare ancora nei capannoni vuoti i lamenti di fatica di mia madre nelle lunghe afose giornate di agosto/settembre con i veleni del tabacco aggrumati alle mani e pestiferi alle narici. È uno splendido esempio di proto industria, frutto dell’intuito imprenditoriale di capitalisti venuti dal Nord che nel territorio impegnarono professionalità e risorse. Un cancello, che esalta, nella vergogna, la ruggine e l’incuria del tempo, è testimone dell’imbocco di una breve tratta ferroviaria, donde partivano i vagoni carichi di frutta alla volta de “La Piccola”, un binario tronco di Capaccio Scalo, tirati da cavalli bianchi a galoppo nella pianura, sotto l’occhio divertito ed orgoglioso dell’imprenditore Bonvicini. Potrebbe essere ripristinata e destinata a museo a cielo aperto della vecchia civiltà agricola oltre che a salutare passeggiata ecologica. È, invece, il regno indisturbato della vegetazione spontanea, della sterpaglia e del deposito di immondizia di cittadini impunemente incivili. Ricordo, all’occorrenza, che le Ferrovie dello Stato mettono a disposizione dei comuni, innanzitutto, ma anche di privati cittadini, le tratte dismesse per un contratto in comitato d’uso Il cammino potrebbe continuare per il Rettifilo fino a Capodifiume. Nei lontani anni della mia giovinezza la strada dalla Stazione per Capaccio capoluogo ed oltre era un nastro rettilineo fino al Petrale. Senza la barriera della variante a scorrimento veloce la pianura spaziava a perdita d’occhio verso le colline popolate di paesi, da un lato e dall’altro. Di fronte, la Madonna del Granato vegliava su uomini e campagne dalla balconata luminosa del Calpazio. Masserie e casali radi, scandivano i ritmi del lavoro con i sudori dei salariati a gonfiare il portafogli dei latifondisti nell’alternarsi delle stagioni e delle colture.
Oggi ” Il Rettifilo” è una contrada popolosa e vivace, con l’animazione civettuola delle attività commerciali e di servizi sul fronte strada e la paciosa aria di paese nell’interno, con orti e giardini ad arredo di case basse, linde, ordinate, lungo brevi rettangoli di vie a conquista di chiesa e dell’Azienda Vannullo. È, forse, la contrada più compatta delle tante della pianura. Sarebbe tempo di valorizzare un “territorio a quadrilatero” che trovi nella Stazione, nel Rettifilo, nell’Azienda Vannullo e nel Cafasso gli angoli di un raccordo fecondo, sempre che si bonifichi l’intera area con una funzionale rete stradale, a cominciare dalla valorizzazione dell’esistente, e si recuperi un patrimonio edilizio rurale in abbandono. La vasta contrada sarebbe, così, destinata ad un grande sviluppo se solo si attivassero i tanti contenitori esistenti inutilizzati, facendone un polo di eccellenza articolato e vario nella prismaticità dell’offerta, che spazi dall’agricoltura di qualità, al commercio di nicchia, ai Beni Culturali ed Ambientali, al recupero della civiltà contadina e della memoria storica. Quanti, soprattutto delle nuove generazioni, sanno che da queste parti ci fu un “cimitero di guerra” e, un po’ più giù, addirittura un tentativo di “aeroporto militare”!? Quella stagione del nostro vissuto collettivo, “Operazione Avalanche” e “Sbarco degli Alleati”, è tutta da recuperare e potrebbe offrire una occasione straordinaria per attivare un filone turistico verso Inghilterra e Stati Uniti, che qui persero e seppellirono, anche se per breve tempo, i loro soldati caduti nella II Guerra Mondiale. Basterebbe istituzionalizzare un “Giorno della Memoria”, collocandolo a ridosso dell’8 settembre ed ipotizzando una serie di eventi sul tema. E sarebbe anche un modo per qualificare l’offerta turistica recuperando ed esaltando la centralità del Stazione ferroviaria Per renderla tale urgono tre o quattro interventi che qui di seguito sintetizzo: a) riuso del patrimonio edilizio esistenze per dare corpo ed anima ad uno Scalo Ferroviario degno di questo nome; b) sistemazione dello spazio che va fino al Liceo Scientifico, ridisegnandolo con piazza ampia dotata di una serie di servizi, bar, ristoranti, infopoint, saloni di esposizioni dei prodotti tipici del territorio, edicola, libreria anche a supporto degli studenti del Liceo Scientifico stazione di arrivo e partenza dei pullman da e per i paesi dell’interno fino a Laurino, Piaggine e Sacco, da un lato e a Stio, dall’altro. L’idea non è priva di fascino, ma per realizzarla ci vuole un colpo d’ala per VOLARE ALTO ed inventiva e creatività per PENSARE ALLA GRANDE e legittima ambizione per non vivere nella e della routine della quotidianità della cronaca ma per CONSACRARSI ALLA STORIA, come Paestum consiglia e consente. Sarebbe, comunque un Cammino, circolare, che, partendo dal Cafasso, raggiunga Capodifiume e, attraverso la strada per Giungano,. all’altezza del crocevia di Pazzano e Spinazzo giri per Ponte Marmareo con destinazione Cafasso per chiudere l’anello circolare tra luogo di partenza e arrivo.
2) LA RISCOPERTA E VALORUZZAZIOBE DE CALPAZIO
a) VERSO IL SANTUARIO UN PERCORSO DI FEDE; b) VERSO IL CASTELLO SULLE ORME DI FEDERICO
Sul primo argomento: il Santuario della Madonna del granato, ho scritto molto nel passato ed anche di recente su questo stesso giornale, ma non solo, parlando dei libri di: Mons. Francesco Guazzo a cura di Luigi Rossi, di Fernando La Greca, di Gaetano Puca e del canonico Giuseppe Bamonte, che affrontano, ad ampio raggio, lo stesso argomento. Per chi abbia voglia di approfondire il tema prima di intraprendere un apposito “cammino” ne consiglio la lettura. Si tratta di: Paestum, Capaccio Antica ed il Santuario della Madonna del Granato di Francesco Guazzo, a cura di Luigi Rossi, stampato di recente dal Centro di promozione culturale del Cilento; Il Melograno dell’Antica Paestum di Fernando La Greca (Licosa Edizioni); La montagna che parla – La Madonna del Granato sul Monte Calpazio di Gaetano Puca (edizioni “Il Saggio). La Storia del Santuario del Granato, Capaccio Vecchio, La congiura dei baroni e la vendetta di Federico II di Svevia, la vasta e potente Diocesi di Capaccio, sono temi trattati ampiamente e con dovizia di particolare in tutte e tre le pubblicazioni. Io che storico non sono, ma che degli storici apprezzo la ricerca rigorosa e mi sforzo di divulgarne al meglio con impegno e passione civile le scoperte, soprattutto se e quando, come nei libri in questione, indagano sulla mia terra, e sollecitano il mio legittimo orgoglio di identità e di appartenenza. Sul secondo argomento, poi: Verso il Castello sulle orme di Federico consiglio di leggere i “La congiura di Capaccio” di Gaetano Ricco, che focalizza con ricca ed ampia documentazione la congiura del Baroni repressa con spietata determinazione dall’imperatore Federico II di Svevia e che cambiò l’assetto geopolitico non solo del territorio cilentano ma di tutto il Sud e dell’Italia intera. I segreti di questa straordinaria pagina di storia si possono cogliere anche e soprattutto in quello scheletro di castello che domina, ancora minaccioso, su di uno sperone di roccia sul Calpazio, alle spalle e a poca distanza dal Santuario. E, naturalmente, buona lettura e Buon Cammino nell’anima antica del nostro territorio. Ritengo quanto mai utile ipotizzare e disegnare questi Cammini ed affidarne la gestione a cooperative di giovani, non tanto e non solo per creare nuova occupazione giovanile, appunto, ma anche per motivare le nuove generazioni alla valorizzazione del proprio territorio all’insegna della cultura e dell’impegno civile.
Degli altri due Cammini che attraversano Capaccio Capoluogo mi occuperò la prossima settimana.