Oggi mi occupo dei Cammini, che sarebbe (il condizionale è d’obbligo) possibile ipotizzare,tracciare e, possibilmente, attrezzare per scoprire al meglio storia e tradizioni nella cornice straordinaria di Capaccio Capoluogo. Ne ho individuato, per il momento, due:
- 1)Il primo esplora l’abitato di Monticello per approdare alla Bella Fontana dei Delfini e di lì attraversare a piedi tutto il centro storico, scoprendone e godendone angoli carichi di storia non sempre apprezzata o, addirittura. dimenticata.
E Monticello scopre con ospitale disinvoltura le sue origini a chi sappia leggere sull’acciottolato sconnesso di strade e vicoli, sui portali di pietra di palazzi gentilizi (qualcuno vanta anche una cappella privata con quadri ed arredi lignei di non trascurabile pregio artistico e di straordinaria valenza storica), nella covata di case linde all’abbraccio di pergolati nella minuscola vallata ubriaca di profumi di macchia mediterranea. Poche centinaia di metri in salita e la Fontana dei Delfini è arredo d’arte sottovalutata, tra un vecchio frantoio a dominio di vallata ed il Palazzo Tanza con i segni di antica nobiltà e nuovo amore per orgoglio di appartenenza nel maestoso portale e la fortificazione del muro di cinta a tutela di giardino segreto. Poco più su la Parrocchiale di San Pietro, che fu cattedrale di diocesi estesa e potente, testimone di vescovi santi e colti. L’orologio della Torre Campanaria ha scandito gioie e dolori della comunità ed ha registrato passioni politiche nel vecchio municipio a custodia ed arredo della piazza. A pochi metri la vecchia casa natale di Costabile Carducci reclama onore e dignità di museo vero per l’eroe eponimo della rivoluzione cilentana del 1848, Le sue spoglie riposano in una piccola chiesa di mare ad Acquafredda di Maratea. Alla memori a di Costabile Carducci ha dedicato anni di ricerche e studi l’amico capaccese doc Gaetano Puca ed alle sue pressioni sulle varie amministrazioni comunali succedutesi negli anni è dovuto un bel busto all’eroe che fa mostra di sé in fondo alla Villa Comunale del Tempone. Ancora centro metri e,dopo la curva della provinciale per Trentinara, una cancellata sgangherata si apre su quello che si chiamava e si chiama ancora “il giardino di Monsignore”. Il monsignore in questione era don Francesco Guazzo, a cui Il prof Luigi Rossi ha dedicato, di recente, una documentata biografia con immancabili notizie preziosissime su Capaccio e la omonima diocesi, che cessò di esistere nel 1944, se non ricordo male, per trasferire poi tradizione storica e governo delle anime a Vallo della Lucania.Del giardino restano erbacce rigogliose al posto dei fiori ed il ricordo di quello che fu un incerto pergolato . Cento metri più su c’era lo studio fotografico Palumbo che registrò le fasi evolutive di quelli della mia generazione nei clic lampeggianti e svaporanti delle vecchie macchine fotografiche. Di seguito s’apre la strada del vecchio centro a ridosso della chiesa e prosegue zig-zagante tra bei palazzi e minuscoli giardini, testimoni di borghesia di censo e di casato:Tanza, Rubini, Granato, Bellelli. Ed “e-voca”, nell’accezione latina del termine, belle pagine di gesta di esponenti di famiglie prestigiose impegnati con successo nelle attività professionali e nella politica, ma anche di laceranti risse da invidia e dispetti reciproci. In meno di 500 metri di strada è concentrata una fetta di storia del Cilento proprio per il ruolo che Capaccio recitò come centro di diocesi e di principato su di un vasto territorio. La passeggiata/scoperta di Monticello a partire dalla strada all’imbocco con quella che sale da Pazzano e fino a alla Fontana dei Delfini , io l’ho fatta diverse volte ed ho impressa nella memoria e nel cuore quella volta che mi ferirono di dolcezza gli occhi luminosi di una ragazza da un quadrato di finestra tra vasi di gerani in fiore e l’accenno tenero di saluto di una vecchia alle prese con la tovaglia da ricamo sulle scale di casa a margine di strada, mentre un bastardino randagio mi annusava, intelligente e curioso, e scodinzolava festoso. Un’altra volta ho goduto dell’ospitalità inappuntabile dei proprietari/gestori . Antonella ed Alferio, del Castello del Principe, dove mi sono inebriato (era di primavera ) dei profumi dei giardini ben curati e della chiesetta carica di storia passai una serata piacevolissima tra poesie, canzoni e serenate cilentane. Ne ho tanta nostalgia nell’accezione dell’etimo greco del termine: Nostos=algos (desiderio amore malinconia di ritorno) . Ripeterò l’esperienza, appena possibile. I libri che consiglio di leggere come vademecum per questo “cammino” sono: a) Il già menzionato libro di Mons. Francesco Guazzo, ripubblicato di recente a cura del Prof, Luigi Rossi e tutta la vasta pubblicistica su Capaccio Capoluogo pubblicata da Gaetano PUCA ( da non dimenticare la recentissima storia della Chiesa Parrocchiale di San Pietro).
2)Una passeggiata/scoperta lungo la via di campagna del Rione Castagneto, che parte dal Convento e attraversa tutta la zona alta della città, con ville appartate tra il verde per approdare nel demanio del comune di Trentinara.
La feci di sera alcuni anni fa con la luna piena che occhieggiava , tra il fogliame dei castagni, dal blu lavagna del cielo tra festa di stelle luccicanti. Era da svenimento smemore lo spettacolo e la conseguente emozione. Non c’era bisogno di luci. C’erano quelle del cielo a fare da scena. Un’altra volta feci tutta la strada pedemontana fino al Green Park per proseguire fino alla sorgente “Capo re l’acqua”. Lungo lo stesso tragitto dell’ acquedotto antico, che nasceva a Trentinara e portava l’acqua a Paestum. E ci sono ancora i resti archeologici a documentarne la storia. E c’è chi sostiene che l’etimo antico di Capaccio (caput aquae) derivi proprio da questa sorgente , “capo re l’acqua”. In territorio di Trentinara. Forse un protocollo di intesa tra i due comuni contigui potrebbe riscrivere una gran bella pagina di storia, per la serie :QUANDO L’ARCHEOLOGIA LA STORIA E LA NATURA SI FANNO POESIA …
Sono argomenti questi di cui mi sono occupato spesso , anche di recente in occasione dell’ultima campagna elettorale con la legittima ambizione di offrire materia di riflessione ai candidati di tutti gli schieramenti politici. Debbo constatare, con profondo disappunto, che nel frattempo, a sei mesi di distanza, nulla o quasi, è cambiato. La nuova Amministrazione reitera latitanza e disinteresse di quelle passate. Non danno segnali di novità incoraggianti per il futuro né il sindaco né gli assessori competenti sui temi da me sollevati: cultura e turismo, innanzitutto, ma non solo. Ma io non sono cambiato. Nonostante il mio sostegno pubblico e dichiarato per Francesco Palumbo, non sono cambiato, dicevo, e continuo a fare con onestà di impegno il mio dovere di intellettuale e di operatore dell’informazione e continuo a sostenere la necessità improrogabile di risanare, esaltare e rilanciare il Centro Storico di Capaccio Capoluogo, che langue ed ammuffisce nel degrado, mentre dovrebbe essere il vanto ed il punto di riferimento ineludibile per tutta la Kora Pestana per un rilancio del turismo culturale delle zone interne quanto mai doveroso e necessario per uno sviluppo armonico dell’intero territorio. Su questi temi il cav. Palumbo ha assunto impegni pubblici e solenni, che mi auguro onorerà. Io ci torno proponendo, per il momento, I CAMMINI , che sono stati rilanciati di recente dal Ministro Dario Franceschini, convinto, come sono. che offrono uno strumento utile ed efficace per: a) riscoprire ed esaltare, storia, tradizioni e bellezze del nostro territorio; b)offrire occasioni di nuova occupazione ai giovani coniugando impegno politico e civile, amore per il proprio paese e, quel che più conta,lavoro in una reciproca feconda competizione per far crescere lo sviluppo nel segno della Cultura, della Bellezza, della Memoria del vissuto collettivo. che si innesti alle radici del Passato,si colleghi al Presente poco esaltante (purtroppo) e si proietti con fiducia ed entusiasmo verso il FUTURO. Conosco giovani motivati che si lasciano apprezzare per la voglia di fare; ci sono associazioni che hanno acquisito meriti per il pregevole lavoro fatto nel passato e che hanno una gran voglia di farlo per il futuro ,(penso all’Agorà, ma non solo) e, quel che più conta, dispongono di intelligenze, competenze ed esperienze e risorse umane per continuare il lavoro . Su questo tema ritornerò di frequente, ricorrendo anche . Se necessario, ad un linguaggio forte e facendo proposte operative nel superiore interesse dello sviluppo del territorio che mi porto nel cuore, ma felice anche di riconoscere ed apprezzare il lavoro non solo programmato ma realizzato. Buon Lavoro.