Presepio o Presepe, è sin dall’anno trecento che vi è questa doppia forma di utilizzo, nell’indicare la rappresentazione della nascita del Signore. Il Petrarca preferiva entrambi le definizioni, secoli dopo anche il Manzoni seguirà la stessa regola, forse attingendola altresì dai vocabolari accademici della Crusca, pubblicati all’inizio del ‘600. Anche se nelle stesure letterarie cinquecentesche del Vasari pare si sia affermato il termine presepio. Tuttavia ci piace qui dire Presepe, chissà, forse perché il vocabolo si avvicina molto di più al nostro dialetto, nonché alla straordinaria e antica arte presepistica napoletana. Si deve a San Francesco d’Assisi l’origine di far rivivere lo scenario della nascita di Gesù Bambino, al suo rientro in Italia da Betlemme nel 1222, dove ebbe modo di assistere a delle funzioni rievocative. Chiesto il permesso a Papa Onofrio III, il quale consentì la rappresentazione all’aperto – a quei tempi il papato non permetteva celebrazioni sacre all’interno delle chiese – la vigilia di Natale del 1223 a Greccio, provincia di Rieti, San Francesco allestì il primo presepe vivente della storia, e stando ai racconti tramandati attraverso antichi manoscritti, pare che quanto organizzato dal santo di Assisi fu davvero suggestivo. Sessanti anni dopo, nel 1283, fu lo scultore Arnoldo di Cambio a creare le prime statuine lignee che rappresentavano la Natività e i Magi. Alcune altre fonti storiche collocano questa creazione nell’anno 1291, tuttavia queste opere sono conservate nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore di Roma. È da quel momento che altri artisti, dapprima a Firenze e man mano in altri luoghi, iniziano a modellare con il legno o la terracotta statue rappresentative per il presepe. Nel 1600, mentre il frate Andrea Mastelloni pubblicava i suoi scritti sul presepe, i napoletani avevano ormai diffuso la cultura di crearli unitamente ai personaggi della natività, inventando anche una nuova caratteristica, ovvero includere nella rappresentatività della nascita prospettive familiari e nel 1700 iniziarono a inserire personalità di vita comune. Sarà infine nel 1800 che si avrà una diffusione del presepe a livello popolare, acquisendo così sempre più una particolarità storica, culturale e sociale. In tempi più moderni scorrendo la lettura del libro di Luciano De Crescenzo, “Così Parlò Bellavista”, poi diventato anche un film, probabilmente converremo che il dialogo filosofico più incisivo è proprio quello sui presepi. L’autore fa sostenere al personaggio del libro che il presepe è molto più amato dagli uomini e non dalle donne, le quali preferiscono addobbare la casa nelle festività natalizie con l’albero: “ma perché invece di appuzzolentire tutta la casa con la colla di pesce, il presepe non lo vai a comprare già bello e fatto?” Una frase questa che avrebbe fatto sobbalzare il noto protagonista di Natale in Casa Cupiello, nell’opera teatrale di De Filippo. Contrariamente però a ciò che dice il Bellavista, a Capaccio Paestum è proprio una donna che, attraverso la sua passione per l’arte presepistica, sta incoraggiando a crearli ed è sempre grazie a lei che nei periodi natalizi possiamo far gioire gli occhi innanzi a meraviglie di nobile fattezza artistica e di profonda cultura storico-tradizionale. Con la sua prima mostra, tenutasi a Capaccio Paestum nel 2016, l’artista cilentana Milva Altieri ha ottenuto subito grandi apprezzamenti e ha riproposto poi nell’anno successivo un’altra esposizione di presepi realizzati interamente a mano, e ancor più ispirati ai suggestivi borghi del Cilento, ospitando anche artisti provenienti da tutta Italia. Un’opera di Milva Altieri è stata esposta durante il Natale del 2017 presso la sede della locale BCC di Capaccio. Un concentrato di arte e precisa elaborazione, esaltando i particolari e rendendo quasi vive le opere, è ciò che da subito arriva allo sguardo di chi visita le sue esposizioni. Una meraviglia unica nel suo genere che per realizzarla occorrono non pochi impegni e professionalità. Le creazioni dell’artista Milva Altieri si affacciano su scenari incantevoli, a volte richiamando scene quotidiane certe altre i prodotti locali, ma rispettando il paesaggio tradizionale della Natività. In ogni caso sempre e comunque di rara bellezza artistica. Una tradizione, quella dei presepi, che non continua solo in alcune famiglie ma che ha visto quest’anno, sempre a Capaccio Paestum, per volontà di Milva Altieri e l’artista presepista Antonio Floris, l’organizzazione di un corso pratico per la realizzazione di un presepe aperto il quale, iniziato il 14 aprile, si concluderà l’8 luglio 2018, con la partecipazione del maestro Giacinto Gentile. Una vera officina artistica quindi, un laboratorio cilentano per la creazione di presepi, dove tra progettazione, calcoli proporzionali, particolari architettonici e colori, gli autori di questa antica tradizione si concentrano e lavorano per produrre sicuramente delle meraviglie, che saranno esposte nel periodo natalizio, a Capaccio Paestum, luogo dove la magia artistica di Milva Altieri, Antonio Floris e di tanti altri presepisti ben si concilierà con la maestosità e la bellezza dei Templi.
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