La preoccupazione più grande che è stata lanciata è proprio dal vostro settore, il lockdown è stato devastante per grandi e piccini. Quali sono i vostri pareri in riferimento a questo?
Non è stato facile per nessuno di noi affrontare un tale stravolgimento delle abitudini, per giunta con un virus invisibile che in molti casi si è insinuato nelle nostre case prepotentemente.
Vorrei soffermarmi però su alcuni fattori psicologici importanti. La solitudine è ciò che l’essere umano cerca di evitare con tutte le proprie forze. Uno dei grandi motori del comportamento umano è la paura di rimanere da soli , senza contatti sociali. Con il lockdown questa paura si è concretizzata in un susseguirsi di Decreti che fungevano da scudo per quel nemico invisibile.
Da un punto di vista evoluzionistico la paura è una delle emozioni più ancestrali in natura, è una nostra grandissima alleata, ci ha permesso di sopravvivere come specie di fronte ai pericoli. Le scienze biologiche ci insegnano che gli esiti dell’emozione <> sono reazioni o di attacco al nemico o di fuga dal pericolo. Come si traduce in comportamenti umani tutto ciò? Basta guardarci intorno per osservare i due tipi di esiti citati: un aggressività dilagante anche tra giovanissimi, come testimoniano ad esempio i tristi episodi di violenza di qualche settimana fa a Salerno. Mentre sull’altro versante si colloca una grande fetta di popolazione reclusa in casa, che si rifugia in comportamenti da “addiction” come la dipendenza da videogiochi (fenomeno degli Hikikomori) o di iper-lavoro (fenomeno del Workaholism).
In qualità di psicologa operatrice sul campo mi sento di affermare che c’è e ci sarà tanto da fare anche dopo, in un’ottica di ri-abilitazione alle competenze sociali.
Negli ultimi mesi quali sono state le problematiche più riconosciute per chi veniva a chiedere di essere ascoltato ed aiutato?
Quello che noto, al di là della sintomatologia specifica, è un fortissimo bisogno di condividere, di entrare in contatto con sé stessi e con l’altro in modo genuino. L’idea che incontrarsi con l’altro possa essere fattore di contagio, ci sta portando a costruire muri con l’esterno e così diventiamo contenitori dei nostri sentimenti negativi che in qualche modo devono fuoriuscire.
Le problematiche riportate sono molto eterogenee: ci sono coloro che sono stati intubati e che hanno avuto forti ripercussioni psicologiche derivanti dalla loro condizione medica, chi è operatore sanitario in burn-out o chi ha sviluppato un Disturbo da Stress Post-Traumatico, ci sono ragazzini esasperati dai genitori, genitori disperati alle prese con figli ribelli o coppie che, a causa della convivenza forzata, cercano un aiuto per superare la crisi. Insomma, l’espressione del disagio che il lockdown ha portato con sé è variegata, ma tutta riconducibile ad un’unica matrice: il significato che attribuiamo agli eventi e a ciò che ci circonda.
Risultano maggiormente colpiti gli adulti o i ragazzi in questa fase di pandemia?
Questa è una domanda che mi sono posta spesso anche io. E’ difficile fare una stima. Come diceva lei nella prima domanda, è stato devastante per grandi e piccini. Forse questa pandemia ha prodotto esiti negativi senza distinzione di età, genere o ceto sociale. Siamo stati tutti accomunati da questo evento mondiale sconosciuto. La differenza è che mentre gli adulti avvertono il disagio, lo riconoscono e chiedono aiuto, i bambini soprattutto i più piccoli non hanno ancora la capacità di riconoscere il malessere psicologico ed ecco che lo traducono in comportamenti che si discostano dalla norma. Gli effetti sui bambini li vedremo con il tempo, quindi noi psicologi siamo chiamati a prepararci e a formarci efficacemente per accogliere una generazione che probabilmente porterà le cicatrici di questa situazione e tutta una serie di problematiche relazionali “nuove”.
Nasce uno sportello d’ascolto gratuito per tutti coloro che ne hanno bisogno. Da dove parte l’iniziativa?
Siamo fieri ed orgogliosi di questa iniziativa nata da uno scambio di esperienze personali tra me e Luigi Bisogno, presidente Cisl giovani e Donation Italia, una persona sempre attenta alle problematiche dei giovani e della realtà sociale salernitana: chiacchierando sugli effetti che, in primis su di noi, l’isolamento stava producendo, ci siamo detti “perchè non uniamo le forze e ritagliamo uno spazio di ascolto e supporto per tutti coloro che ne sentono l’esigenza?”.E così abbiamo fatto. Ci accomunano i valori della solidarietà e della cooperazione, ma anche la volontà di fare qualcosa di concreto per rendere la nostra città un posto migliore.
Ciò che mi ha entusiasmato molto è stato l’appoggio delle 41 realtà associative di Salerno e provincia che vorrei ringraziare una per una. L’iniziativa del tutto sperimentale ha una durata di 6 mesi al termine dei quali produrremo un report che dirà in maniera chiara dove intervenire strutturalmente con progetti mirati sulle problematiche emerse.
Vuole aggiungere altro?
Il lockdown non ha portato solo effetti negativi però. Mi viene in mente una mia paziente che mi disse “io e papà durante la quarantena abbiamo creato un piccolo orto e grazie a questo ho ripreso a parlare con lui dopo anni di silenzi, l’ho riscoperto”. Sono stati ridisegnati dei significati, si sono trovati nuovi equilibri, le persone hanno notato quanta resilienza hanno senza sapere di averla. Perchè è proprio quando ci troviamo di fronte alle sfide più dure che facciamo fuoriuscire tutta la nostra capacità di adattamento e il lockdown ce l’ha provato, dovremmo essere tutti fieri del grande lavoro interiore che abbiamo fatto.
A cura di Fabiola Scorziello