Marina di Camerota è un delizioso angolo di mondo. Vi aleggia la struggente malinconia del mito con Palinuro morto per amore all’inseguimento, in una notte di luna piena, della bellissima ninfa Kamaraton, che, insensibile al richiamo del nocchiero di Enea, fu trasformata da Venere in bianca scogliera su cui si posa spumeggiante l’onda a ricamarne di bianchi veli di schiuma il sepolcro di pietra. Il mare che ingravida le grotte racconta, all’orecchio aduso al passato, dell’Homo Camerotensis che lasciò nei graffiti delle caverne la storia dei primordi.
Le case si arrampicano sulla collina alla festa degli uliveti a corona del porto allo scialo del sole ed hanno conosciuto splendori e miserie, trionfi e sconfitte di un marchesato potente, entusiasmi rivoluzionari e condanne sommarie di eroi generosi con occhio acceso al riscatto della loro terra; e registrano,oggi, l’allegra invasione della babele delle lingue sull’onda delle migrazioni turistiche a conquista di acque limpide nelle cale appartate.
Il mare è presenza costante sia che, calmo, accende iridescenze d’oro ad orizzonti sconfinati sia che, imbufalito, scarica l’ira delle libecciate a rabbioso assalto di logge, balconi e finestre e inumidisce di iodio e sale vicoli e supportici a conquista di slarghi e giardini. Sul mare è scritta buona parte della storia dei Camerotani. Vi hanno vissuto l’epopea del lavoro nelle lunghe notti con il cuore sospeso alla speranza di riempire reti con pescato di qualità. Vi hanno versato il sale delle loro lacrime gli emigranti alla lacerante avventura di una improbabile fortuna oltreoceano. E l’argento degli ulivi, l’iride della case, la croce del campanile erano viatico d’amore e di dolore per un viaggio dall’esito incerto. E nella bella chiesa a decoro di piazza raccolta avevano pregato a lungo a grazia di ritorno con la salute in sesto ed il gruzzolo sostanzioso.
La piazza, appunto, un salotto con l’acciottolato levigato dal passo dei secoli. Si apre a raggiera con il reticolo delle vie a comoda conquista di collina o a scivolo di lungomare e dove artigiani pazienti e sapienti, nella bella stagione, intrecciano ancora erba sparta e vimini, plasmano la creta, intagliano tronchi di ulivo a miracolo di prodotti di fattura mirabile; ed il piano conversare materializza ombre del passato. Nelle sere d’estate, quando il relax della vacanza invita a tirar tardi, bar e ristoranti animano il cicaleccio dei turisti in vena di svago e trasgressioni. E la brezza, carica di iodio, carezza lieve gli ulivi dell’arredo urbano a sottofondo di confidenze o a sigillo di tenere storie d’amore esplose d’incanto con la complicità del fuoco della luna piena
E su in alto, in posizione di dominio, il ricamo di un pergolato antico, che, nella stagione giusta, gonfia umori e profumi a grappoli di pigne,è il baldacchino privilegiato de ristorante, “Valentone”: vi si mangia da re, con la materia prima rubata di fresco ai fondi del mare o ai giardini di terra. Ma la specialità in assoluto è la ciambotta. Per quanti sforzi abbia fatto non mi è riuscito trovare una spiegazione plausibile a quel nome dalla musicalità intrigante, che mi solletica sapori di infanzia. La preparava la nonna con pazienza e abilità nei mesi estivi, quando la bella stagione esplodeva nel caleidoscopio dei frutti dell’orto;peperoni, melenzane, pomodori, zucchine, cipolle, fagioli al palo. E da allora la ciambotta mi riporta, sul filo della memoria, la festa dell’estate con profumi forti e sapori appetitosi. E, forse, è anche per questo che, appena possibile, punto deciso, nelle mie peregrinazioni cilentane su Marina di Camerota per una sosta da “Valentone”, a sbafo della ciambotta.
Gli ingredienti:
- I peperoni, parallelepipedi carnosi, scanalati, o cuori tondeggianti a pompare umori dalla terra, verdi, gialli, rossi a screziare il verde delle foglie a ciuffi sullo stelo esile eppure a prodigio di perenne gara di fiori a riso di germoglio e frutti a rotazione continua, o lunghi corni affusolati nel verde lustro e, via via, rasposi nel rosso bitorzoluto, quasi a propiziare fecondità di crescita contro il malocchio di folletti invidiosi o a mazzetti di spilloni rosa-rosso a promessa di condimenti sapidi.
- Le melenzane, missili viola-cupo a fuoriuscita da custodia spinosa a sicura esplosione di gusto con il”pane” della polpa screziato da teneri coralli di semi a tenuta di filamenti carnosi a reclamare sublimi intingoli di imbottitura.
- Le zucche, palle screziate a riposo di solchi umidicci a rotolo di muri a secco o bottiglie irregolari all’assalto di tronchi d’albero per uno spontaneo arredo di festa contadina, con i talli,le une e le altre, tenera carnosità a minacciare gemme di fioritura.
- I pomodori, festoni verde-rosa ad arabesco di siepi di geometrica precisione o palline rosso intenso a catturare sole a testimonianza di vita di piante alla quasi consunzione da calura.
- I fagioli, tenere lamine a inanellare cuori di fogli ad ombreggianti gallerie di orti.
- Le cipolle, palle bianche e/o rosate a fuoriuscita festosa da prigionia di terra.
- Le patate, uova sporche covate dal cuore della terra a vegliare steli bianchicci su letti di foglie pallide.
Erano, e sono, gli spettacoli che folgorarono di fantasia curiosa il mio animo di fanciullo inquieto a sospirata fuga dalla cova del paese. Sono delizie ad insaporire i ricordi di un emigrato di lusso nella omologazione dei gusti della metropoli. E la ciambotta ad amalgama di “tiano” di creta a fuoco lento con l’olio d’oliva e l’immancabile basilico a svaporare profumi a contagio di casa accende memoria di anni lontani. E la nostalgia a ferita di dolcezza si placa, se e quando la macchina approda nella bella piazza di San Domenico di Marina di Camerota, dove, a distanza, dal pergolato di “Valentone” mi investe una zaffata di profumi a pregustare delizie di sapori. Oh, la poesia della “ciambotta” del mio Cilento! Suppongo che oggi la piazza sarà superaffollata, perché a Camerota si vota per il rinnovo dell’Amministrazione Comunale, così come anche nella vicina Centola-Palinuro, che con Camerota costituiscono un polo turistico di valenza internazionale. Un caloroso in bocca al lupo a candidati ed elettori tutti con l’augurio che quel territorio di straordinaria bellezza, di nobili tradizioni e di calda ospitalità continui a recitare un ruolo di sviluppo per il Cilento e per la Campania in Italia e nel mondo.